L’alimentazione che i bovini ricevono negli allevamenti – non solo italiani – è spesso fonte di discussione e analisi non solo tra i grandi estimatori della carne di provenienza italiana ma anche tra aziende di produzione, lavorazione e distribuzione di questo prodotto e dei suoi derivati. Una delle aziende leader del settore in Italia, Inalca, ha realizzato a questo proposito un progetto pilota in collaborazione con Corteva Agriscience e l’Università di Milano con l’obiettivo di migliorare le performance ambientali della fase di produzione dei foraggi destinati all’alimentazione dei bovini.
Corteva Agriscience è una società focalizzata sull’agricoltura e che combina innovazioni leader del settore, impegno a favore dei clienti e capacità operative in grado di fornire nuove soluzioni alle sfide più urgenti del mondo dell’agricoltura. Matteo Piombino, customer marketing manager dell’azienda, ha affermato: «I risultati della partnership con Inalca dimostrano che combinando strategie di agricoltura generativa e innovazione tecnologica è possibile aumentare la sostenibilità delle filiere chiave del made in Italy».
L’obiettivo del progetto è stato introdurre e valutare l’impatto di pratiche agronomiche innovative per la produzione dei foraggi destinati agli allevamenti di bovini da carne per ridurre le emissioni, migliorare la produttività delle colture, ottimizzare l’uso di fertilizzanti, migliorare la gestione del suolo e incrementare il sequestro di carbonio.
«L’azienda negli ultimi vent’anni ha costantemente investito nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento […] Un’integrazione con il settore primario che ha consentito a Inalca di creare una infrastruttura agro-zootecnica che oggi conta su oltre 2.700 ettari di terreni destinati all’autoproduzione delle foraggere. La sfida della sostenibilità, infatti, si gioca in campo e in stalla, tramite innovazione tecnologica e digitale ma soprattutto adottando pratiche di agricoltura rigenerativa. E proprio in questo ambito grazie al progetto sviluppato con Corteva Agriscience e l’Università di Milano, abbiamo sperimentato nuove opportunità per la produzione dei foraggi e rendere più sostenibile la filiera della carne». Ha dichiarato Giovanni Sorlini, responsabile sviluppo sostenibile di Inalca.
Migliorare l’efficienza della fertilizzazione azotata è possibile attraverso l’adozione di strategie agronomiche orientate alla valorizzazione dei reflui zootecnici prodotti dalle stesse aziende zootecniche col supporto di tecnologie innovative quali ad esempio gli stabilizzatori dell’azoto. Due anni di lavoro in cui si è intervenuti sull’ottimizzazione dell’uso dei fertilizzanti stessi, con un focus su quelli azotati che costituiscono una delle fonti più importanti di emissioni di gas serra.
Corteva ha attivato i servizi agronomici di mappatura degli input produttivi (suolo, digestati) e di raccolta delle informazioni agronomiche riferiti alla produzione dei foraggi (operazioni colturali, rese e qualità delle produzioni). È stato introdotto l’utilizzo dell’inibitore della nitrificazione “Instinct” che, stabilizzando l’azoto distribuito con i digestati aziendali, ha ridotto l’uso dei fertilizzanti di sintesi, migliorato le rese colturali e ridotto le emissioni di CO2 eq in media del diciannove per cento dalla produzione dei foraggi.
La raccolta dei dati – realizzata per mano di un team di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano, ha evidenziato una riduzione significativa delle emissioni di CO2 eq per tutti e tre i foraggi considerati (silomais, pastone, grano foraggero), pur mantenendo un livello produttivo in linea o superiore al sistema convenzionale, dimostrando che sostenibilità e produttività non sono incompatibili, ma piuttosto convergenti.
Guardiamo quindi a un’agricoltura rigenerativa sempre più concreta e possibile da perseguire, per riuscire a ridurre anche l’impatto ambientale anche dei cicli meno in vista della filiera, quali per l’appunto la coltivazione dei foraggi destinati all’alimentazione per i bovini.
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