«La base più grande è nata per poter appoggiare i bicchieri», scherza Noé Duchaufour-Lawrance, quarantotto anni, davanti al pianoforte da lui disegnato. Il creativo francese è stato scelto dal prestigioso gruppo Steinway & Sons per “reinventare” alcuni dei suoi modelli in occasione del suo centosettantesimo anniversario di attività, che cade quest’anno. E così Duchaufour-Lawrance, già noto per la decorazione degli interni del ristorante Sketch a Londra e di Ciel de Paris, in cima alla torre Montparnasse di Parigi, ma anche per la bottiglia One Million di Paco Rabanne e la lampada Rémanence di Baccarat, ha ripensato questa icona senza tempo, di cui ogni anno vengono costruiti solo duemila esemplari (di cui milletrecentoventi pianoforti a gran coda e quattrocento verticali), con criteri maniacali di qualità del suono e un lavoro fatto interamente a mano.
Anche oggi, infatti, visitando la fabbrica di Amburgo (una seconda si trova negli Stati Uniti), è possibile vedere come il perimetro esterno della coda del pianoforte sia costituito da un unico pezzo di legno, una sorta di fascia con 20-18 strati di acero e mogano (dipende dai modelli), che viene piegato manualmente dai lavoranti e fissato con dei tiranti. Una specifica persona è tuttora addetta a verificare “a orecchio” che i martelletti colpiscano in modo identico la corda corrispondente a una nota, e tutti i pezzi sono fissati tra di loro con inserti in legno, senza viti di metallo che alterano il suono. Altri addetti piegano la lana per i feltri dei martelletti, annodano le corde, lucidano e controllano il suono, firmando a ogni passaggio un apposito registro che serve da memorandum e da attestato di responsabilità per ciascuno negli anni a venire. E poi c’è il tocco umano dello straordinario servizio post vendita: un network di accordatori che in tutto il mondo assicura le prestazioni del modello D-274, il gran coda, ovvero il pianoforte che campeggia nel novantacinque percento delle sale da concerto del globo.
Ovvio allora che misurarsi con un manufatto di tale livello richieda una certa fiducia in sé: non a caso i precedenti “creativi” annoverano artisti noti come Lenny Kravitz e Lang Lang e designer come Dakota Jackson o Luca Nichetto. E la sfida è resa più ardua dal fatto che la cassa armonica e l’interno non possono venire toccati: solo la forma esterna può essere modificata. Forse questo limite oggettivo che ha motivato Steinway a scegliere un designer eclettico come Noé Duchaufour-Lawrance: per non farsi mettere in soggezione da un mito della musica, davvero può aiutare immaginare un pianoforte come un mero oggetto di arredo, qualcosa appunto su cui appoggiare i bicchieri. Un “mobile”, insomma, da sottoporre a un aggiornamento estetico a misura di Zeitgeist, per sedurre una clientela che, nelle intenzioni aziendali, è «Colta, sofisticata, cosmopolita con un grande apprezzamento per l’arte e la musica classica e moderna, e con un occhio per il design contemporaneo e la tecnologia all’avanguardia». Praticamente è Noè stesso, che oggi vive in Portogallo con una compagna italiana e passa disinvoltamente dal concepire la sofisticatezza della lounge di Air France alla rivalutazione delle tipicità portoghesi con la sua galleria di Lisbona made in Situ.
Le tre rielaborazioni del pianoforte Steinway a firma di Noè presentate al Palais de Tokyo di Parigi con la partecipazione dell’acclamata pianista Yuja Wang a metà novembre, appaiono come una versione originaria, ma non primitiva, del modello da concerto. Una sorta di ur-pianoforte, di prototipo organico, con gambe arrotondate e fianchi possenti che sembrano scavati dal vento, alla stregua di forme naturali. «Poiché non potevo togliere nulla senza rischiare di modificare il suono dello strumento, è stato aggiungendo materiale alla struttura del pianoforte che ho potuto plasmarlo con nuove curve», racconta il designer. «Ho pensato a come le tracce curve dell’inchiostro diventino note sulla carta e a come poi quelle note diventino musica che viaggia come increspature nell’aria. L’immaterialità del suono, la fluidità del tempo e la risonanza con lo spazio combinati con queste linee sensuali sono stati la mia ispirazione».
Curioso come l’idea delle onde sonore, citata dal designer, ripeta l’immagine della sommità della ElbPhilarmonie di Herzog & De Meuron, eretta in quell’Amburgo dove Steinway ha il suo quartier generale europeo: chissà, forse è possibile che i talenti creativi finiscano inconsapevolmente sulla stessa… lunghezza d’onda. In ogni caso, a dispetto di qualche discussione sul colore («Io volevo farne uno verde scuro», confessa Noè), la Steinway & Sons Noé Limited Edition prevede tre colori: bianco avorio, rosso bordeaux o blu notte, in omaggio indiretto alla nazionalità di Noé.
In alcune parti della cassa sono state aggiunte impiallacciature di legno che aggiungono un elegante contrasto visivo, come le placche con finitura argentata o dorata. La Steinway produrrà solo 18 Noé Limited Edition Model D-274 ca gran coda e 88 Model B-211 a mezza coda, e tutti includeranno il sistema Spirio, un software introdotto nel 2015 che, in modo invisibile, alloggia sotto la tastiera e che consente di incidere le proprie esecuzioni, riascoltarle, modificarle, e perfino di ascoltare un concerto eseguito a domicilio da un artista che non vi è mai entrato.
La magia di Spirio è quella di far rinascere un’esecuzione non con la falsità di una pianola meccanica, benché di lusso, ma con il tocco preciso impresso da artisti di fama mondiale, che hanno inciso per Steinway. I martelletti vengono davvero battuti sotto gli occhi degli ascoltatori, i suoni scaturiscono puri, non registrati, nel momento in cui noi li ascoltiamo. Per questo motivo, Camilo Daza Tapia, Business Development Manager Emea di Steinway sostiene che Spirio non serva a sostituire l’artista con una macchina, ma piuttosto a sostituire un impianto stereo ad altissima definizione con uno strumento con il fascino ambiguo di una silhouette contemporanea e di un cuore rimasto inalterato da oltre centocinquant’anni.