Il 20 gennaio scorso erano trascorsi 695 giorni dall’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dell’esercito della Federazione Russa. Un’aggressione che in questi quasi due anni ha visto – letteralmente visto -–sul territorio ucraino bombardamenti, distruzioni sistematiche, città rase al suolo, obiettivi civili (ospedali, scuole, stazioni, teatri…) e infrastrutture (centrali elettriche, dighe, snodi ferroviari, porti ecc.) colpiti indiscriminatamente. E poi fosse comuni, torture, stupri, deportazioni, vilipendio di cadaveri, rapimenti, massacri di civili, di prigionieri, di militari con la sistematica violazione di qualsiasi Convenzione, anche di guerra. Ma del resto Vladimir Putin ha imposto al proprio Paese – che sembra ormai la realizzazione di “1984” di Orwell – di non definire «guerra» l’operazione di «denazificazione» dell’Ucraina. Non fosse una tragedia immane potremmo definirlo black humor.
I crimini di guerra e contro l’umanità di cui si sta macchiando Putin e tutta la sua catena di comando sono sotto gli occhi di tutti e la Corte penale internazionale ha già emesso il primo mandato di arresto per il trasferimento illegale di minori dal territorio occupato dell’Ucraina alla Russia.
Eppure di fronte a queste evidenze, la Russia (un regime ormai tecnicamente nazifascista) persegue la sua opera di mistificazione della realtà, in un ribaltamento dei ruoli e delle responsabilità disarmante. Si tratta a tutti gli effetti di una guerra all’Occidente, alle democrazie liberali, a ciò che rappresentano, ai loro modelli e valori, ai nostri modelli e valori. Queste non sono accuse dei Radicali, lo sostengono da anni tanto gli ideologi quanto i politici vicini a Putin, vedi Aleksandr Dugin o Dmitrij Medvedev, per citare i più citati in Italia.
Come sempre quando ci sono regimi totalitari a scatenare una guerra, siamo di fronte a un confronto impari da tutti i punti di vista. Le democrazie, in quanto tali, necessitano il rispetto di regole minime, quali, per esempio, il racconto di ciò che accade, comprese, sempre per esempio, le difficoltà dell’esercito ucraino sul campo. Putin no, lui può raccontare menzogne senza alcuno scrupolo. Anzi, la menzogna è parte integrante della sua strategia di guerra. È tutto scritto nei manuali messi a punto dallo stato maggiore russo che corrispondono a quelli sovietici di un tempo. La disinformatija, la propaganda, la manipolazione dell’informazione è guerra. E l’Italia è uno degli obiettivi principali di questa guerra ibrida che denunciamo dal 1999, da quando Putin ha messo piede al Cremlino.
Dall’inizio dell’anno, infatti, in molte città italiane si stanno moltiplicando eventi organizzati da sedicenti associazioni culturali con lo scopo di diffondere la versione russa sulla guerra, quella dei “liberatori”. Cosa può esserci di più raccapricciante? Il fatto che questi appuntamenti vengano ospitati in sedi istituzionali.
Stava accadendo a Modena, dove il 20 gennaio si sarebbe dovuto svolgere, in una sala comunale, un incontro che rappresentava la ricostruzione di Mariupol… Mariupol! Una città simbolo della barbarie di questa guerra. La giunta comunale ha poi revocato la concessione della sala, ma per quello stesso giorno i Radicali Italiani hanno dato appuntamento, proprio a Modena, nella piazza dedicata a Giacomo Matteotti (assassinato 100 anni fa dal regime fascista), a cittadini, ucraini e italiani, associazioni, gruppi e partiti per dire basta alla propaganda russa.
Sono arrivate centinaia di persone, oltre un migliaio, da tutta Italia, sono intervenuti attivisti, esponenti delle comunità ucraine in Italia, politici, testimoni da Mariupol, russi che rifiutano di farsi rappresentare da un regime totalitario, in una maratona oratoria di tre ore nel freddo del pomeriggio invernale, scaldati dal grido «Mariupol è Ucraina! Slava Ukraïni! (Gloria all’Ucraina!) Herojam slava! (Gloria agli eroi!)».
È stato letto il messaggio dell’Ambasciatore d’Ucraina in Italia, S.E. Yaroslav Melnyk, che ha ribadito come «le intenzioni degli organizzatori di questi eventi di propaganda sono un aperto insulto alla memoria di migliaia di vittime civili e una violazione di tutti i fondamenti e principi morali». Abbiamo portato in piazza la mostra “Eyes of Mariupol” che ti fa guardare negli occhi i difensori di Mariupol e che sta facendo il giro di molte città italiane.
Non è stata un’iniziativa estemporanea. Ci ritroveremo a Roma, a Milano, a Bologna, a Torino e in molte altre piazze il 24 febbraio, a due anni dall’invasione su larga scala dell’Ucraina, per tentare di far comprendere ai nostri concittadini italiani che anche noi siamo in guerra; una guerra ibrida, per ora, combattuta a suon di propaganda. Una propaganda che, con l’aiuto di complici italiani del regime, ha un effetto devastante.
Non dimentichiamo, infatti, che il nostro Paese ha un partito italiano, la Lega del vicepremier Matteo Salvini, che ha un patto sottoscritto e tuttora vigente con il partito Russia Unita di Vladimir Putin; ricordiamo che il nostro Paese ha, tuttora, una serie di personaggi della nomenklatura del Cremlino – tra cui il portavoce di Putin e l’ambasciatore russo in Italia – insigniti delle massime onorificenze italiane, onorificenze che da tempo chiediamo siano revocate «per indegnità».
La guerra all’Ucraina è guerra all’Europa, è guerra a ciascun cittadino democratico. Noi stiamo con chi sta difendendo con il proprio sangue la sua e la nostra libertà. Slava Ukraïni!
* presidente di Radicali Italiani
** già segretaria di Radicali Italiani