Oggi è “quel giorno”. Quello che dividerà l’Italia in due, tra chi rimarrà incollato alla tv fino a sabato e chi invece proverà a snobbare quel che accade con sguardo imbronciato e annoiato. Amore e odio, fissazione e intolleranza. Qualunque sentimento pervada l’animo popolare, il risultato è sempre lo stesso: oggi inizia Sanremo e l’Italia lo sa. Sarà una settimana di notti in bianco e di chiacchiere monocorde al bar, a casa, sul tram. Nessuno sarà esente dal fare un qualche commento, una riflessione buttata li per caso: in ogni caso il Festival, numero 74, ha già il sorriso in faccia di chi sa di aver fatto le cose per bene. Anche stavolta. Ancora una volta. Un Festival che parla con uno slang giovane, usa parole fresche, nel ritmo, nei testi, nelle facce
Tutti pronti, quindi da stasera, con gli occhi fissi sul piccolo schermo a seguire la diretta su Rai 1, interminabile come al solito, ma capace di tenere incollati sino alle tre o le quattro del mattino. Basterà semplicemente avere del buon cibo a disposizione: il festival è lungo e bisogna in qualche modo rifocillarsi. Certo, lo si può fare a tempio di musica, assecondando note e magari gli stili. Essere irriverenti come La Sad, con il loro Dna punk, o melodico come Diodato, che riporta a Sanremo la più classica delle melodie.
In fondo, è la scienza che ci descrive il forte legame tra la musica e il cibo. Entrambe le cose sono in grado di modificare le nostre vibrazioni interiori, i nostri equilibri, la nostra chimica. La musica ci aiuta a comunicare con l’Io più profondo, è capace di placare le nostre anime, di dar vita a pensieri che a parole non riusciremmo ad esprimere, ci aiuta a lasciarci andare lo stress., Pensateci un attimo, la stessa cosa non accade davanti ad un bel piatto di spaghetti fumanti? Non ci sentiamo più in pace con il mondo se siamo davanti ad un tavola ben imbandita?
Il cibo e la musica sono legati alla sfera sensoriale. Lo dimostra la scienza. E lo dimostra anche la storia.
Qualche tempo l’Università di Oxford ha fatto un esperimento interessante: ha chiesto a un gruppo di volontari di masticare caramelle mentre ascoltavano musica. Ebbene, il risultato è stato sorprendente: le frequenze gravi hanno aumentato la percezione dei sapori amari, mentre quelle alte hanno amplificato i sapori dolci. Così come si dice che il jazz renda il cioccolato più piacevole al palato. Insomma, la musica può influenzare il nostro gusto e trasformare un semplice pasto in un’esperienza culinaria straordinaria. Ma non solo: anche il volume e il ritmo della musica sono importanti. Ad esempio, una musica troppo alta induce a mangiare cibi poco salutari e il ritmo può influire sulla velocità con cui prepariamo e consumiamo il cibo.
Nonostante la scienza ci si sia messa da poco ad indagare la relazione, la connessione tra cibo e note risale a tempi molto più antichi. Da sempre, musica e cibo sono state arti in perfetta sinergia, forse trovando il loro apice durante i banchetti rinascimentali, quando le portate venivano accompagnate da danze e musica. E pare che anche i più grandi maestri di tutti i tempi fossero anche appassionati chef. Rossini era famoso per nutrire la propria musica con i sapori della tavola e Giuseppe Verdi era altrettanto noto per le sue prelibatezze piacentine. Ma non è solo una questione di gusti: anche l’armonia tra vino e suono sembra essere importante. Alcune cantine utilizzano le vibrazioni musicali durante il processo di affinamento per conferire un’aromaticità unica al vino.
Se questo è vero, se la musica può interferire con l’esperienza che facciamo con il cibo, come possiamo comportarci con il Festival di Sanremo. Noi abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare i trenta brani in gara in anteprima e potremmo consigliarvi un menù perfetto per stare dietro ogni melodia e riuscire ad esaltare al meglio il sapore delle vostre cene sanremesi, secondo i dettami della scienza, Si, perché il primo ascolto è sempre quello che ti rimane appicciato addosso. E ti fa anche venire fame, soprattutto dopo oltre quattro ore di attenzione e musica.
Sarà il Festival più visto di sempre? La risposta l’avremo comunque a fine manifestazione. O forse già domani, quando in conferenza stampa, verrà comunicato lo share della prima serata di questo 74esimo Sanremo. È il quinto di un Amadeus che ieri, davanti ai giornalisti che facevano sempre la stessa domanda, abbozzava un sorriso imbarazzato: no, non lo sa se per lui ci sarà una sesta volta. Forse non ne ha voglia. O forse dipenderà da quanto la Rai potrebbe mettere sul piatto, se i numeri dovessero dare ragione al conduttore e direttore artistico.
Senza dubbio, non sarà un Festival degli scandali. Nessun bacio rubato tra il pubblico, nessuna pubblicità occulta. Qualcuno sussurra, e neppure a voce bassa, che Amadeus sia stato imbavagliato dal governo. Lui nega. «Roberto Sergio non mi ha mai chiamato per chiedermi cosa volessi fare per questo Sanremo, chi avrei invitato, cosa ci sarebbe stato» – ha affermato- «In realtà io poi non ho mai cercato lo scandalo a tavolino». Fiorello abbozza un sorriso ironico. È il suo alterego, anche quest’anno. Se c’è Amadeus, c’è anche Fiorello. E stavolta si passeranno anche il testimone: finisce uno, inizia l’altro, in uno spettacolo senza soluzione di continuità. Forse, la testa, Amadeus la alza davvero, quando invita gli agricoltori a salire sul palco con i loro trattori. «È una lotta giusta, se arrivano, li accolgo volentieri».
Il Sanremo 2024 vuole andare oltre. Vuole essere il Festival di tutti. Quello che coinvolge un territorio intero e lo ingloba nel suo mondo per tutta una settimana. Anzi, anche di più. Gli spettacoli sono già iniziati, prima ancora dell’ alzata di sipario sull’Ariston. Sarà un Sanremo diffuso, dislocato qua e là in tutti gli spazi possibili, tra piazza Colombo fino al lungomare ligure e oltre, con una nave, la Costa Smeralda di Costa Crociere, che campeggia davanti al panorama della città con messaggi luccicosi sul fianco e un palinsesto incredibile di spettacoli dedicati ad un pubblico di giovanissimi.
Ecco, quello che non cambia in questa direzione artistica di Sanremo è l’attenzione alle nuove generazioni, alla musica che è diversa dalla canzone classica e popolare all’italiana. I generi si mescolano, si confondono. Sono quelli che cantano i nuovi bisogni, i nuovi disagi, le nuove speranze. Sono quelli dei ritmi nuovi, le nuove sonorità. Quelle che riempiono i clock delle radio e i palazzetti per i concerti. Sono quelli degli ascolti, veri.
La canzone classica sanremese è morta? No, non è proprio così. Lo dimostrano le canzoni in gara anche quest’anno. Qualcuno, tra i giovani, forse ci prova a vincerlo, questo festival. Irama ne è la conferma, con la sua anima camaleontica, che sa come far ballare le piazze d’estate, ma che a Sanremo presenta una ballata carica di nostalgia.
Lo sa anche Sangiovanni che quella potrebbe essere la strada giusta per il podio: ci prova con una «melodia italianissima, ma con delle ispirazioni di r&b». Lo sa Alessandra Amoroso alla sua prima volta sanremese, che canta se stessa, nel suo solito classico stile, un po’ agée ma che riempie gli stadi e sa come farlo. Fiorella Mannoia e Loredana Bertè non lo sanno, lo sanno fare bene e basta. È il loro abito, il loro Dna. I loro brani rispecchiano due carriere che hanno timbrato il cantautorato italiano: la Mannoia strizza l’occhio alla sua poetica e anche un po’ a De Andrè, la Bertè fa alzare in piedi tutto l’Ariston alla presenza del pubblico che conta, quello della stampa e quello delle radio. I Ricchi e Poveri si divertono: non sono più in tre, ma in due se la cavano, e parecchio.
Che il sanremese vince sempre lo sanno anche Nek e Renga, in uno stile fin troppo classico: non si osa, si va sul sicuro. Forse annoiano un po’?
Diodato incanta, partendo seduto dalle scale dell’Ariston, con una voce che ti entra dentro come quando cantava “Fai rumore”. Incantano anche i tre del Volo, con un pezzo che potrebbe essere tranquillamente essere la canzone di un nuovo film della Disney, ma loro ci credono e ci credono talmente tanto che arrivano.
Mr. Rain riprende il corso fortunato dello scorso anno dei “Supereroi” con un ritmo che è sempre quello, ma senza i bambini: «questa volta basta il testo» – dice. Se chiudete gli occhi, i bambini li vedrete comunque. Mentre Fred de Palma ricalca il suo stereotipo: non si capisce perché insista con Sanremo, il suo palco sono le radio e le discoteche piene in estate.
Annalisa e Rose Villain cambiano un po’ scenario. La cadenza delle note riesce a rapire, in entrambi i casi: la voce rivela espressione, intensità e forza, senza rinunciare però ad uno stile identitario unico.
Dei giovanissimi, solo Clara e Santi Francesi azzeccano il brano giusto. Lei possiede il palco e il pubblico: a nessuno salterebbe in mente di ricordare che è una delle protagoniste di Mare Fuori, quel conta è come sta su quel palco. Gli altri stanno sul pezzo e lo fanno bene. I Bnkr 44 invece forse non ci credono abbastanza, con un punk timido e forse più parente delle boyband anni novanta. Alfa gioca in casa. È genovese e alla sua prima partecipazione al Festival, ma i suoi numeri contano già. Più di 425 mila iscritti al canale Youtube e oltre 1.5 milione di follower su TikTok, oltre 602 milioni di stream sulle piattaforme digitali e più di 175 milioni di views su Youtube: il brano convince, non vincerà il Festival, ma è leggero e totalmente nel suo stile, di quelli da canticchiare in macchina con un ritmo che non se ne va.
Dall’altra parte della barricata ci sono Annalisa, Mahmood, Ghali. Spaccano, come direbbero quelli bravi, ma delle nuove generazioni. Un sound coinvolgente, che non ripudia l’animo intrinseco dell’artista, ma lo esalta. Brani che ti entrano in testa. Una conferma di quello che sono. No, non una sufficienza portata a casa, ma un eccellente scritto in rosso e in maiuscolo., Certo, se si volesse rimarcare sull’identità degli artisti in gara, allora i La Sad hanno fatto bene i compiti a casa, proprio bene: la canzone è carina, il punk è divertente, loro fedeli a sé stessi.
Angelina Mango, forse, è la vera scoperta. O meglio, è la favorita di questo Festival e arriva sul palco con note gitane e un’estensione vocale che non perde ritmo e cadenza. Sonorità partenopee miste a quelle colombiane. L’hanno criticata: nella serata dedicata ai duetti porterà “La rondine” del suo compianto padre. Reggerà il confronto? Oh, sì che lo reggerà: è pronta e lo ha dimostrato.
Allo stesso tempo, Dargen D’Amico e Emma ripropongono invece sul palco la musica che convince, la loro, quella targata con il loro nome impresso nelle note. Così come Gazzelle, che presenta un brano nel suo stile più classico, più vicino alle sonorità del grande pubblico, ma sempre in linea con la sua identità.
Cosa ci resterà del Festival di Sanremo 2024? Sicuramente il brano dei The Kolors. Hanno capito che “Italo Disco” è stata una miniera d’oro e ci riprovano con una canzone che ti entra in testa appena due secondi dopo averla ascoltata. No, non vinceranno la gara, ma sicuramente il conto in banca ringrazierà.
Quel che è certo è che anche stavolta Amadeus ha buttato sul tavolo le sue carte migliori, ma soprattutto ha voluto svecchiare un qualcosa che ormai non era più così italiano popolare come un tempo. Ha saputo portare sul palco dell’Ariston un’Italia vera e contemporanea, che non è fatta solo di parole d’amore da far uscire in rima una volta all’anno a febbraio, ma che si esprime in modo diverso, che è specchio del vero. Può piacere o no, ma è un dato innegabile che i numeri parlino a suo favore, lato ascolti e lato sponsor. Se riuscirà a fare il miracolo anche stavolta non è dato saperlo fino a domani, ma gli addetti ai lavori mormorano che è un tipo che ci sa fare, quell’Amadeus.
Quello che ci sentiamo di dire in realtà è di prepararvi anche gastronomicamente a questo Sanremo. Iniziate con un primo piatto scoppiettante e fresco mentre sul palco dell’Ariston si esibiranno Annalisa, Rose Villain, Clara e Mahmood. Passate ad un secondo deciso, di corpo, vibrante appena sentirete Angelina Mango, e Ghali. E provate ad addentare il vostro dolce preferito quando ascolterete le canzoni di Alessandra Amoroso, Sangiovanni, Renga e Nek, Irama, Maninni, Emma, Gazzelle e Il Volo. Il brindisi fatelo con i The Kolors, anche perché a quel punto sarete in piedi cantando il ritornello, che, ve lo assicuriamo, vi entrerà in testa dopo due secondi di orologio.