Si chiama barba di frate, ma anche di cappuccino e, per i più nostalgici, barba del Negus. Con l’avvicinarsi della primavera compare sui banchi dei supermercati o nei negozi di frutta e verdura sotto forma di un cespo di fili verdi e carnosi, simili all’erba cipollina, ma con un gusto tutto diverso, saporito e leggermente acidulo. La freschezza è fondamentale, quindi meglio fare attenzione al colore, che dev’essere un verde intenso, e alla consistenza degli steli, che non devono essere appassiti o macchiati.
A seconda della regione, si potrebbe presentare anche con altre denominazioni locali, tra cui agretti, nome con cui è conosciuta anche nel mondo anglosassone, senape dei monaci, lischi, lischeri, roscani, riscoli, rospici, miniscordo e, in Spagna, barrilla. Ma è sempre una e una sola pianta, la Salsola inermiss, appartenente alla famiglia delle Amaranthaceae, una specie annuale di piccole dimensioni, settanta centimetri al massimo, con foglie e fusto succulenti e commestibili. È un’alofita, che richiede suoli ricchi di sale, quindi cresce spontanea nelle zone costiere e soleggiate, ma è anche facile da coltivare in terreni poveri d’acqua e perfino in vaso. Originaria del Nord Africa, ormai è diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e dalla sua lavorazione si ricava il carbonato di sodio, cioè la soda, un composto alcalino che fino al diciannovesimo secolo era molto utilizzato per la produzione di saponi ma anche nella lavorazione della carta e del vetro e per altri vari scopi. Era, alla fine del Settecento, una coltivazione tipica dell’isola di Murano, grazie alla presenza di ambienti salini e alla tradizione vetraria.
Il genere Salsola, diffuso praticamente in tutto il mondo, comprende più di cento specie differenti di piante e, tra queste, la Salsola traqus, ovvero la classica palla di rami secchi e radici che si vede rotolare nei film western e nei documentari sulla natura nelle zone desertiche. Una parente asiatica commestibile è invece la Salsola komarovii, una verdura molto apprezzata in Giappone.
La barba di frate ha un sapore insolito e caratteristico che si presta anche a preparazioni semplici: una volta eleminate le radici e la parte rossiccia della base degli steli, è perfetta lessata per circa cinque minuti, e condita con sale, olio extravergine di oliva e limone o aceto e aromatizzata con menta. Per mantenere il colore, che tende a spegnersi con la cottura, subito dopo averla scolata si può immergere in una ciotola con acqua fredda e ghiaccio.
Le foglie più giovani possono essere mangiate anche crude. Ma non è solo piacevole, porta anche un mucchio di benefici. Come tutte le verdure è povera di calorie ma ricca di fibre, vitamine, soprattutto la C, e sali minerali, in più è remineralizzante ed è un toccasana per chi soffre di ipertensione, perché favorisce la diuresi, stimolando l’eliminazione dei liquidi in eccesso. Inoltre, grazie all’elevato contenuto di potassio riduce la pressione del sangue, proteggendo la salute del cuore e dei vasi sanguigni.
La sua grande diffusione ha dato origine anche a molte ricette. Cotta a vapore, la barba di frate diventa una base originale per insalate, a cui aggiungere uova sode, olive, pomodori, ma anche striscioline di petto di pollo cotte alla piastra, prosciutto, oppure in abbinamento a verdure con un sapore contrastante come peperoni, taccole e piselli o patate. Si può anche far saltare direttamente in padella con aglio e acciuga, o sfumando con birra o vino bianco, o usare come ingrediente originale per una classica torta salata, per una frittata, o per un sugo per condire la pasta.
Il sapore acidulo la rende adatta ai più svariati abbinamenti: con pesci come il salmone, o i crostacei come i gamberi, ma anche con il maiale, che bilancia il sapore deciso degli agretti; con formaggi morbidi, ricotta fresca, stracchino, squacquerone, crescenza. Tradizionalmente, la barba di frate viene anche usata nella cucina kosher, in occasione dello shabbat, il giorno festivo ebraico.