In qualche momento tutti se lo saranno chiesto. Cavolini, ok, è evidente, ma perché proprio di Bruxelles, una splendida città che non è tuttavia famosa per gli orti e dove oggi non sono nemmeno particolarmente amati?
I cavolini, cavoletti o anche cavolucci di Bruxelles, sono una delle tante varietà di Brassica oleracea, la grande madre da cui originano tutti i tipi di cavolo esistenti, ma anche i cavolfiori, i broccoli, le rape e la rucola. E sono, per la precisione, i germogli ascellari, di forma globulare, che crescono alla base delle foglie principali del cavolo selvatico. Cavoli in miniatura, costituiti da foglioline embricate, cioè sovrapposte, come i carciofi.
Quella dei cavolini è una pianta migrante: malgrado sia originaria del bacino del Mediterraneo, la sua coltivazione si è diffusa a partire dal diciannovesimo secolo soprattutto nel Nord Europa, in particolare nel Regno Unito dove l’anno scorso ci sono state vendite record, in Francia e in Olanda. Negli Stati Uniti vengono spesso consumati in accompagnamento al tacchino ripieno del Giorno del ringraziamento.
Vuole la leggenda che siano stati gli antichi Romani a consumare per primi i cavolini di Bruxelles, recidendo i germogli del cavolo. E che siano stati i legionari a diffonderli, portandoli con sé come cibo facilmente trasportabile, durante le loro campagne nella regione di Bruxelles, dove, con l’occupazione romana, si iniziò a coltivarli.
È una pianta con un fusto alto un metro, che può produrre fino a cento germogli, ama i climi temperati e non teme il freddo, anche se ha una certa sensibilità alle temperature troppo basse e all’umidità, ma che patisce anche il caldo eccessivo.
Come la maggior parte delle verdure, i cavolini hanno poche calorie, grazie all’elevato contenuto di acqua e al limitato apporto di carboidrati e lipidi. In cambio hanno un buon contenuto di proteine, sono la varietà di cavolo che ne ha di più, sono ricchi di fibra e hanno anche un effetto prebiotico, cioè in grado di selezionare positivamente i microrganismi che abitano l’intestino.
In più, sono pieni di minerali come magnesio, potassio e manganese, e di vitamine: la B6, i folati e la vitamina C. In particolare, una porzione fornisce circa il doppio del fabbisogno giornaliero di vitamina K. E sono anche fonte di carotenoidi, in particolare luteina e zeaxantina, importanti per il buon funzionamento del processo visivo.
Fatto l’elenco dei benefici, occorre spendere due parole sul difetto tipico dei cavolini, e dei loro parenti. L’odore di cavolo, appunto, che sprigiona durante la bollitura, dovuto all’evaporazione dei composti di zolfo di cui sono ricchi.
Si possono mettere in atto diversi stratagemmi, come aggiungere all’acqua qualche foglia di alloro, o un cucchiaio di aceto bianco o di latte, o anche un cucchiaio di capperi. Un’altra soluzione è una fetta di pane con la mollica imbevuta di aceto o limone, o anche una patata. E anche tutte le combinazioni possibili di questi elementi. Ma con i cavolini di Bruxelles, la soluzione è ancora più semplice: basta non bollirli. Al limite, se si devono usare per un sugo o un purè, meglio lessarli a vapore. Sono piccoli, tagliati a metà o a spicchi cuociono in fretta e sono molto più gustosi gratinati al forno, o alla parmigiana, o passati in padella, caramellati con acqua e zucchero di canna, o insieme alla cipolla, innaffiati con il vino. Se proprio devono essere bolliti, vale la pena conservare l’acqua: pare sia utile per smaltire le sbornie.