Like e insightCome socializzare il cibo, tra format e algoritmi

Durante il festival Disquisito, Anna Prandoni ne ha parlato con Alessio Cicchini, content creator di @rucoolaaa, Federico Fusca, chef e content creator, Simone Mascagni, co-founder di AL.TA CUCINA e Guido Bosticco, filosofo dell’Università di Pavia

Da quando il cibo si è trasformato in food, la narrazione del cibo è diventata una delle cose che guardiamo di più sui social network. Un momento decisivo è stato il lockdown durante la pandemia da Covid-19, quando tutti eravamo confinati a casa e molti food creator si sono fatti avanti. Così sono esplosi diversi format, più o meno credibili.

Durante il festival Disquisito, Anna Prandoni ne ha parlato con Alessio Cicchini, content creator di @rucoolaaa, Federico Fusca, chef e content creator, Simone Mascagni, co-founder di AL.TA CUCINA e Guido Bosticco, filosofo dell’Università di Pavia.

La domanda centrale è: vince l’algoritmo o i contenuti?

Alessio Cicchini, con un background nella comunicazione del cibo, si è specializzato nell’alimentazione vegetale e nell’utilizzo degli scarti alimentari. Uno dei trend più seguiti online. «Rispetto a quando ho iniziato, oggi cerco di dare una valenza più formativa rispetto a quando ho iniziato», racconta la voce che sta dietro il profilo Instagram di @rucoolaaa. «Da sfogo creativo iniziale, ho capito che dietro quei video potevo dare anche un messaggio. Così ho iniziato ad adattarli: dietro l’intrattenimento, cerco sempre di nascondere un messaggio in modo più o meno velato».

«Il contenuto per noi è la cosa più importante», spiega Simone Mascagni. «Nel momento in cui hai un contenuto importante, si rompe l’algoritmo. Certo è importante mettere un gancio all’inizio del video per tenere la persona, che altrimenti continua a scrollare. È importante capire come le persone possono interagire con i tuoi contenuti: è più un gioco di psicologia umana che di algoritmi. Se tutti seguissimo solo l’algoritmo, creeremmo contenuti tutti uguali».

L’identità e le idee creative diventano quindi un modo per emergere in un mercato in cui la concorrenza è altissima. «Oggi per essere rilevante sui social non basta fare la ricetta trending, devi avere un carattere specifico, avere un’idea creativa», dice Federico Fusca, che lavora sia sui social sia in televisione. Due contenitori differenti: «In televisione sono più politically correct, sui social molto meno. La versione sui social è quella più vera».

Certo sui social contano i like, gli insight, i numeri di quanti hanno salvato il video. Ma i due mezzi, tv e social, ora si stanno ora influenzando. «Sui social stanno arrivando i format della tv», aggiunge Mascagni. «Siamo davanti a una formattizzazione dei contenuti, è l’evoluzione del nostro mondo». E non basta fare solo ricette semplici e e replicabili. «È diventato anche uno show, devi dare qualcosa che piace e faccia divertire la gente», dice Fusca, che ha cominciato la sua carriera di content creator nel 2020, quando a causa della pandemia si è trovato in cassa integrazione e senza un euro per pagare un affitto.

Guido Bosticco, a latere della discussione tra i creator, si è domandato se comunque l’algoritmo non resti comunque dominante. «Sono i social che dettano il framing», ha detto. «L’identità sui social resta comunque instradata e incalanata da un algoritmo». E sulla base di questo cambiano le modalità di presentazione. Cambi che dipendono anche dai trend e dai feedback immediati che arrivano dai socia in base ai numeri. Non resta che aspettare quindi quale sarà il prossimo format prevalente. «La grande capacità è sapersi adattare», dice Fusca, «senza perdere mai la propria identità, continuando a fare quello che si vuol fare».

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