Questo è un articolo del nuovo numero di Linkiesta Magazine + New York Times Turning Points 2024 in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. E ordinabile qui.
È il secondo di cinque articoli in cui due imprenditori, un’educatrice finanziaria, un’economista e una dirigente del settore delle criptovalute raccontano quali sono, secondo loro, le nuove tendenze del business mondiale (con particolare attenzione ai mercati meno conosciuti). Qui il primo articolo di Marcos Galperin. La seconda opinione è di Christine McDaniel, senior research fellow presso il Mercatus Center della George Mason University in Virginia.
Negli Stati Uniti i modelli di consumo stanno cambiando di nuovo. Ora gli acquisti sono meno orientati verso le “cose” e più verso l’avventura e il divertimento. Secondo un recente rapporto della società di servizi finanziari Ubs, in base ai dati relativi a luglio 2023 la spesa destinata al settore retail e ai servizi di ristorazione è aumentata solo di poco rispetto allo stesso periodo del 2022, mentre la spesa per altri beni come l’abbigliamento, le calzature e gli accessori è diminuita in tutte le fasce di reddito. È aumentata invece la spesa per i viaggi e le attività ricreative.
Nel luglio scorso, ad esempio, la U.S. Travel Association ha registrato un aumento del dodici per cento dei viaggi aerei rispetto allo stesso periodo del 2022. Posso verificare la realtà di queste tendenze anche nella mia vita privata. Durante la pandemia, ero felicissima di stare a casa. Ma poi mi è venuta una specie di claustrofobia. Ho comprato un cavallo. E ora tutto ciò che voglio fare è uscire di casa. Anche la mia voglia di spendere dei soldi per comprare dei vestiti nuovi non è più quella di una volta.
Il mio top preferito costava ventotto dollari e in saldo si poteva avere per diciannove. Ora non riesco più a trovarlo e il modello più simile che sono riuscita a reperire costa settantadue dollari. Questo prezzo sarà una conseguenza dei problemi legati alla catena di approvvigionamento o alle tariffe doganali. O forse, senza che io lo sapessi, il mio capo di abbigliamento preferito veniva prodotto con il lavoro forzato in Cina e ora non è più disponibile a causa del divieto di vendita di tali prodotti. Quale che sia il motivo di quell’aumento di prezzo, non ho intenzione di spendere settantadue dollari per quel top.
Nel mio quartiere ci sono due ottimi negozi di vestiti di seconda mano e anche online si possono trovare delle occasioni. A quanto pare, non sono l’unica a fare acquisti di questo tipo: un comunicato stampa del Census Bureau americano diffuso in occasione del National Thrift Store Day dello scorso agosto dichiarava che il mercato dell’usato negli Stati Uniti dovrebbe raddoppiare entro il 2026, raggiungendo gli ottantadue miliardi di dollari. E l’analisi demografica di queste tendenze ne sottolinea la rilevanza: più del sessanta per cento dei consumatori che fanno parte della Gen Z o dei Millennial dichiara di dare un’occhiata agli articoli di secondo mano prima di acquistarne di nuovi.
La sete di esperienze degli americani suggerisce che i loro dollari raggiungeranno delle nuove tasche nell’ambito dell’economia globale. Questo negli Stati Uniti potrebbe portare a un calo degli scambi commerciali nel settore dell’abbigliamento di tutti i giorni e delle calzature. Ma bisogna invece tenere d’occhio un prolungato aumento delle attività incentrate sui viaggi e sul divertimento, mentre un numero sempre maggiore di consumatori andrà alla ricerca di affari cercando fra gli articoli di seconda mano.
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