Come si genera un sorrisoEster Azzola e le esperienze positive intorno al cibo

Il percorso insolito di una biologa nutrizionista specializzata in neuroscienze che ha scoperto nella cucina il posto in cui tutto quello che ha studiato sui libri può diventare realtà

Ester Azzola

Ester Azzola è una cuoca insolita, che alla cucina è arrivata da strade e percorsi diversi da quelli consueti che fanno pensare che forse, quando uno è davvero destinato a qualcosa, prima o poi, in un modo o nell’altro, quel qualcosa lo raggiungerà. È con la sua formazione accademica scientifica (è biologa, specializzata in nutrizione e con un master in neuroscienze ottenuto all’Universidad Maimónides di Buenos Aires) e con dieci anni in Argentina, trascorsi tra il lavoro di nutrizionista con gruppi sociali economicamente vulnerabili, di ricercatrice e docente, che capisce che la cucina – che arriva a lei per una serie di eventi familiari – è il posto in cui tutto quello che ha studiato nei libri può diventare realtà.

La specialistica in neuroscienze è stata la chiave che le ha permesso di affinare quello che ha scoperto essere il suo motore più interno: in ambito clinico si è avvicinata alle problematiche delle persone nei confronti del cibo, e si è trovata a domandare ai suoi pazienti quale fosse un’esperienza positiva con un alimento, un pasto, un momento alimentare presente nei loro ricordi. Loro tornavano all’infanzia, ai ricordi del cibo di quando erano piccoli.

Capisce che in età adulta è purtroppo molto difficile accumulare esperienze alimentari positive perché ci sono delle barriere socio-culturali che allontanano il cibo dalla visione di un piacere sano, fisiologico e autentico e si rende conto che non è più tempo di stare dietro a una scrivania dove i rapporti si concludono in un’ora. Decide di voler creare esperienze positive nella vita delle persone che abbiano a che fare con il cibo, naturalmente.

Ed è a questo punto che la cucina ed Ester, forse perché ci sono cose che non accadono per caso, si incontrano e pare che non abbiano ormai nessuna intenzione di lasciarsi. È l’epoca del Covid quando rientra in patria e si avvicina alla cucina grazie al ristorante guidato dal papà cuoco. Inizia come lavapiatti e pian piano comincia ad aiutare in cucina e a mettere le mani in pasta. Prima le cose più semplici, poi il gioco si fa un po’ più duro: per motivi di salute il padre deve assentarsi dal ristorante ed Ester non ha nessuna scelta se non prendere il comando di quello che rappresentava la sussistenza per la famiglia.

E così, tra l’aeroporto di Malpensa e il Ticino, ha cominciato a guidare, nel 2022, il ristorante di famiglia, l’Ex Dogana di Lonate Pozzolo, dove la cucina era incentrata sulla tradizione e sulla ricerca del prodotto del territorio.

Il prodotto rimane il focus – su cui Ester fa una grande ricerca tra piccoli produttori – ma aggiunge un Paese, che sente ormai proprio, l’Argentina, con la sua cultura, la sua cucina, la sua storia. «Io parlo quotidianamente due lingue e per me cucinare è poter unire nel piano della materia due Paesi che sono totalmente dentro di me. La mia cucina è una mescolanza dei due».

A Ex Dogana, nei suoi piatti, Ester porta anche i suoi studi, che sono parte fondamentale del suo approccio alla cucina. Le esperienze brevi e positive a livello neurologico hanno una carica emozionale molto forte e questo ci permette di ricordarle a lungo e meglio. «Se la mia missione come cuoca è creare esperienze positive lo faccio ritornando al gioco, all’infanzia. Le persone devono incontrare qualcosa di semplice – ecco perché propongo i “piattini” che per me sono una forma di gioco, un filone che utilizzo per un’esperienza ludica – e sentirsi a proprio agio. Gli ospiti da Ex Dogana sono liberi di giocare e creare il proprio pasto, da qui la formula dei piattini da abbinare a un principale da condividere, perché per me tutto ruota intorno alla convivialità».

Cucinare attraverso la lente dello street food per la Gastronomika Dinner al termine del primo giorno del GK Festival non è quindi stato semplice: lo street food è poco condivisibile, Ester ama le grandi porzioni da mangiare tutti insieme, come i grandi pani che si spezzano direttamente sul tavolo che preferisce alle monoporzioni, che rimarcano la solitudine togliendo l’animo collettivo all’esperienza alimentare.

Ci ha deliziarti con i tamales – uno con burro e stracchino da latte da fieno di marcita e salsa criolla e l’altro con burro da latte da fieno di marcita, bondiola di suino e chimichurri ai mandarini – un piatto che condividono Sud e Centro America, preparato con il mais trattato attraverso l’antico processo della nixtamalizzazione che ha appreso da un maestro messicano, ormai un patrimonio culturale dato che sta cadendo in disuso a favore di prodotti già pronti.

Dietro a questo piatto c’è il desiderio di decostruire la mentalità colonizzatrice intorno al cibo: «In Italia pensiamo che il mais, in un qualche modo, sia una nostra prerogativa, ma in realtà l’abbiamo preso da altri Paesi, da altre cucine e culture alimentari. La mia missione è quella di far conoscere questo prodotto, riscattarlo, nella sua bellezza, personalità e magia».

I tamales sono stati anche un ringraziamento per l’opportunità di partecipare a questo Festival – e trovarsi riunita insieme ai professionisti del settore, ma non per gareggiare, bensì per fare relazione – perché in Argentina sono un alimento tipico della festa, si preparano nel momento del festeggiamento, è un cibo cerimoniale, che si cucina quando si vuole ringraziare.

E poi ha giocato con le Pavlove bebé alla limonaria, diplomatica al pop corn, cajeta e frizzy pazzy: qui torna l’elemento ludico, tra fiori edibilli e Brioschi, e sono tornati elementi dell’infanzia intorno a un dessert esteticamente imperfetto e divertente.

Ester, mamma scenografa e studi al liceo artistico alle spalle, è anche profondamente legata all’arte che considera una componente fondamentale delle nostre vite. Presto la vedremo chiudere la porta di Ex Dogana, senza dolore e rimpianti, ma con gratitudine per questi anni di gestione di un locale e di cucina e la convinzione che sia giunto il momento di lasciare spazio ad altro.

Si dedicherà a corsi ed eventi, durante i quali non è raro scorgere le sue torte botaniche. “Torte come prati” in cui i fiori sono i protagonisti. «L’uso dei fiori si basa su studi di neuroscienze e sull’impatto che questi hanno sulla nostra salute mentale. Si tratta di un impatto duraturo sul nostro stato d’animo, i fiori ci fanno sorridere generando il sorriso Duchenne, l’unico sorriso di vera felicità che si caratterizza dagli angoli della bocca rivolti verso l’alto e il sollevamento delle guance che lascia delle piccole rughe». La missione di generare benessere attraverso la cucina si sposterà semplicemente dalla cucina di Lonate Pozzolo a sedi itineranti.

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