Le minacciose esercitazioni russe con armi nucleari hanno rilanciato in Italia, come prevedibile, il dibattito sulla necessità di «parlare con Putin», per usare le parole di Matteo Salvini. Dimenticando come al solito che tutti i leader europei non hanno letteralmente fatto altro, dal primo giorno dell’invasione (e anche da prima, se è per questo), a cominciare da Emmanuel Macron, il quale in una famosa telefonata in cui chiedeva di fermare i carri armati si sentì rispondere dall’autocrate del Cremlino che in quel momento aveva da fare, perché era in palestra.
Nel frattempo in Georgia, dove hanno già assaggiato l’invasione putiniana di intere regioni, mentre noi europei guardavamo altrove, le piazze continuano a riempirsi di manifestanti avvolti nella bandiera europea, che si battono contro «la legge russa», per non lasciar trasformare il loro paese in un’altra Bielorussia.
Manifestazioni che ricordano, come scrive oggi Yaryna Grusha su Linkiesta, le proteste di Euromaidan del 2014 in Ucraina. E che verosimilmente vedremo presto infangate allo stesso modo sulla stampa e nella televisione italiana.
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