Le immagini della piazza a Tbilisi mi riportano alla rivoluzione della dignità di Kyjiv e delle altre città ucraine, tra le quali anche Donetsk. La rivoluzione entrata nella storia con il nome “Euromaidan” in Ucraina e “Maidan” in Europa. Quella aggiunta di “Euro” che sta davanti al Maidan è stata il simbolo per cui siamo scesi in piazza a Novembre 2013. Dopo aver venduto al popolo per due anni l’adesione all’Unione Europea, l’allora presidente in carica Viktor Yanukovych, durante un incontro notturno a Vilnius che avrebbe dovuto avviare il percorso europeo dell’Ucraina, ha stracciato l’accordo con Bruxelles e ha preso la direzione opposta, verso le braccia della Russia.
Yanukovych ha sempre avuto rapporti stretti con il dittatore russo Vladimir Putin, tanto che la sua politica favorevole all’adesione all’UE aveva sorpreso tutti. Il suo comportamento a Vilnius, invece, non ha sorpreso nessuno. A sorprendere tutti è stato il popolo ucraino che è uscito in piazza per chiedere di mantenere la parola data. Quella folla non aveva nessun leader politico, ed è questo un altro tratto che unisce le piazze di Kyjiv e Tbilisi. Nei successivi tre mesi, le bandiere europee non hanno mai lasciato la piazza centrale della capitale ucraina. Abbiamo chiesto aiuto alla comunità europea e non sorprenderò nessuno nel dire che siamo stati ignorati. La nostra volontà di allontanarci il più possibile da Mosca è stata punita dai russi con l’occupazione della Crimea e l’invasione delle regioni dell’Ucraina orientale di Donetsk e Luhansk. L’impero non ha perdonato la voglia irrefrenabile della colonia di staccarsi e uscire dalla sua sfera di influenza tossica.
Per i successivi otto anni, l’Ue ha cercato di rappacificare l’orso russo con vari accordi sul gas più che prepararsi per quello che sarebbe alla fine successo nel 2022, l’invasione russa su larga scala dell’Ucraina che ha mandato in tilt tutto il continente europeo. La risposta dell’Europa in questo caso è stata immediata. L’Europa ha imparato la lezione, ha lavorato sugli errori e ora, oltre a sostenere l’Ucraina militarmente ed economicamente, si prepara per gli eventuali sviluppi grazie alle dichiarazioni di Emmanuel Macron, il quale non esclude l’intervento di truppe occidentali a fianco dell’Ucraina.
Le immagini della piazza a Tbilisi mi riportano alle immagini della piazza di Minsk negli anni 2020-2021, quando i bielorussi hanno avuto il coraggio di uscire nelle piazze a protestare contro le elezioni rubate da Lukashenka, il presidente in carica da quasi trent’anni, che assomiglia più a un monarca con figlio che si prepara per la successione, in un Paese che dovrebbe essere una repubblica.
Le proteste in Bielorussia erano pacifiche, di più al femminile e con i fiori. La candidata che avrebbe vinto le elezioni Svetlana Tsikhanouskaya è stata costretta a scappare, le proteste piano piano sono state soggiogate, gli oppositori sono stati arrestati, Lukashenka è tornato al trono, dirottando anche i voli internazionali per arrestare gli oppositori. Ha stretto la mano a Putin, offrendogli la piazza prima di destabilizzare il confine con la Polonia, la Lettonia e la Lituania con i profughi provenienti dal Medio Oriente e poi per invadere l’Ucraina dal Nord, la strada più veloce per arrivare alla capitale Kyjiv. Non definirei la risposta dell’Europa a Lukashenko ferma né definita. Oggi Svetlana Tsikhanouskaya guida il paese in esilio e per quanto le possiamo riconoscere il suo impegno, all’interno della Bielorussia non è cambiato niente.
E ora arriviamo alle immagini della piazza di Tbilisi. Le immagini che ricordano così tanto le proteste di Kyjiv e di Minsk. I georgiani, con tutto il loro spirito europeo e anticoloniale, chiedono all’Europa di ascoltare la loro voce. I georgiani, come gli ucraini, stanno cercando di liberarsi dalla stretta mortale della Russia che porta a silenziare qualsiasi libertà di espressione, di parola, di fede, di futuro. La Russia di oggi è solo un insieme di persone messe in ginocchio senza la minima dignità di rialzarsi, e vuole replicare lo stesso scenario sia in Ucraina sia in Georgia. Ma gli ucraini e i georgiani oppongono una resistenza.
Tutte queste piazze sono unite dall’idea di respingere il colonialismo russo, la sua voglia di dettare le regole a tutte le terre che tuttora considera sue, terre che sono state in parte soffocate dall’Impero russo e poi dall’Unione sovietica. Ma queste terre hanno saputo conservare il loro spirito identitario nonostante secoli di colonialismo che oggi spinge sempre più forte all’autodeterminazione. Il colonialismo russo non è un concetto che ci siamo inventati noi che lo abbiamo vissuto direttamente. Non è una minaccia concreta perché la guerra che la Russia ha lanciato all’Ucraina non è una minaccia, ma la realtà che vive l’Europa da due anni.
Questi sono i tempi in cui l’Europa deve mostrarsi forte, decisa, propositiva. Sono i tempi in cui le parole di Macron sul possibile invio dei soldati occidentali in Ucraina non suonano folli, al contrario suonano folli alcune proposte dei candidati italiani alle elezioni Europee che non vogliono mandare più armi all’Ucraina. Le immagini della piazza di Tbilisi con i georgiani avvolti nelle bandiere europee sono una responsabilità democratica di noi tutti, per non far trasformare la Georgia in un’altra Bielorussia, per non trasformarla in uno strumento nelle mani dei dittatori per terrorizzare il resto del mondo.