Smaltimento spazialeSuper netturbini dello Zodiaco pronti alla missione

Sono piccoli ma viaggiano a 27 mila km orari e, soprattutto, sono circa 130 milioni. Sono i detriti spaziali, parti di oggetti inviati in orbita persi da qualche progetto andato storto. Per recuperarli è già scattata una guerra stellare tra le grandi agenzie

Lo scorso 28 febbraio la navicella spaziale della NASA Timed è passata a meno di 10 metri dal satellite russo dismesso Cosmos 2221. 

L’eventuale scontro dei due satelliti, pesanti diversi quintali e orbitanti alla velocità di diverse migliaia di chilometri all’ora, avrebbe prodotto un numero inimmaginabile di detriti spaziali, veri e propri proiettili che avrebbero potuto far esplodere o rendere inservibili altri satelliti creando una sorta di reazione a catena le cui conseguenze sono state descritte sul piano teorico da un astrofisico della NASA, Donald Kessler, negli anni Settanta. 

Conseguenze tali da meritare un nome, “Sindrome di Kessler”, appunto, non proprio rassicurante. 

La velocità di un proiettile sparato da una carabina di precisione (calibro 223), per esempio, è di circa 4.390 km/h, abbastanza veloce da coprire la distanza di 11 campi da calcio in un solo secondo. 

I nostri satelliti – e i loro detriti – viaggiano tra gli 11.100 e i 27.500 km/h a seconda dell’altezza dell’orbita. 

Comprensibile quindi la reazione della NASA allo sfioramento spaziale: «È stato scioccante per me e per tutti noi», ha detto Pamela Merloy, NASA Deputy Administrator ed ex astronauta, «eravamo spaventati a morte». 

Al momento l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) stima che circa 11.500 satelliti stiano orbitando attorno al nostro pianeta, di cui più di novemila operativi. 

Ma se parliamo di proiettili spazzatura il numero cresce enormemente. 

Le stime elaborate dallo Space Debris Office dell’ESA indicano la presenza sopra la nostra testa di 36.500 detriti di dimensioni superiori a 10 cm. 

Ai quali si aggiungono circa 1 milione di pezzi compresi tra uno e dieci centimetri e circa 130 milioni di “proiettili spaziali” tra un millimetro e il centimetro. Frammenti scaturiti da più di 640 collisioni e incidenti. Paradigmatica la foto scattata nel dicembre dello scorso anno dall’astronauta Andreas Mogensen al braccio robotico lungo più di 17 metri della Stazione Spaziale (ISS) in cui si vede il foro praticato dall’impatto di un micrometeorite (o di un piccolo rifiuto spaziale) di circa un millimetro che viaggiava a oltre 25.000 km/h. 

La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) peraltro, dal 1999 a oggi per ben 32 volte ha dovuto accendere i motori ed effettuare la cosiddetta “procedura di evitamento” per scongiurare rischi di collisione.

Immaginiamoci poi gli effetti di proiettili ben più grossi. 

Il 30 luglio 2022 il razzo cinese “Lunga Marcia 5B” è caduto nel Mare di Sulu, tra la Malesia e le Filippine. Tenendo conto che gli scienziati stimano tra il 20 e il 40 per cento la massa che sopravvive al rientro in atmosfera, il relitto che ha raggiunto la superficie terrestre poteva essere un “oggetto” di circa 4 o 9 tonnellate!

Lo spazio intorno alla Terra, inoltre, è sempre più affollato. 

È in via avanzata di lavorazione il Project Kuiper di Jeff Besoz, che prevede il lancio nei prossimi anni di 3.236 satelliti in orbita bassa per offrire un servizio di banda larga facendo concorrenza allo “Starlink” di Elon Musk che peraltro ha in programma di aggiungere ai suoi cinquemila satelliti già in orbita altri settemila con una possibile (probabile) estensione per un totale di 42.400 satelliti!

Il problema di tenere pulito lo spazio orbitale appare per la prima volta nell’agenda politica nella Direttiva Presidenziale del febbraio del 1988 firmata da Donald Reagan, ma è la stessa NASA a dichiarare, nelle Conclusioni finali del suo rapporto sui rischi dei rifiuti spaziali del gennaio 2021, che poco si è fatto in questo senso. 

Rapporto che spesso assume toni da mea culpa: «L’Agenzia ha fatto progressi limitati in quest’area, a causa di mancanza di fondi e a una carenza di priorità da parte della nostra leadership». 

Ovviamente nelle stesse conclusioni la NASA spiega di non poter affrontare da sola il problema della riduzione dei detriti orbitali evocando una maggiore collaborazione tra le nazioni che inviano satelliti nello spazio.

Una buona notizia, e qualcosa di concreto, arriva dal Giappone. 

L’Agenzia Spaziale Giapponese JAXA, ha finanziato il lancio, avvenuto lo scorso 18 febbraio, di una sonda ADRAS-J dell’azienda giapponese Astroscale che ha raggiunto il razzo giapponese H-IIA lanciato nel 2009. Pesante tre tonnellate e grande come un autobus, orbitante a un’altitudine di circa di 600 km, verrà ispezionato – fino a un metro di distanza – per alcune settimane da ADRAS-J per capire come una missione successiva possa essere in grado di riportarlo nell’atmosfera. 

Se riuscirà nell’intento, questa missione potrebbe dimostrare come sia possibile rimuovere dall’orbita pezzi di spazzatura spaziale grandi, pericolosi e incontrollati, che potrebbero essere fonti di grossi guai. 

È la prima volta che un detrito spaziale abbandonato viene analizzato in questo modo, e a questo tentativo ne seguiranno altri.

Il Regno Unito ha selezionato sia Astroscale sia un’azienda svizzera, ClearSpace, per progettare missioni di rimozione della spazzatura spaziale britannica dall’orbita. 

Nel 2026, ClearSpace prevede di lanciare una missione per l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per rimuovere dall’orbita un pezzo di un razzo europeo, del peso di circa 112 kg. 

È vero che la probabilità che un individuo venga ferito da detriti spaziali è inferiore a 1 su 100 miliardi ma nel 2003 una staffa metallica lunga trenta centimetri della navetta spaziale Columbia fracassò il tetto dello studio di un dentista in Texas. 

Fortunatamente l’incidente avvenne di sabato, quando lo studio medico era chiuso. 

E molto recentemente (lo scorso 15 aprile) un proiettile spaziale sfondato il tetto della casa del sig. Alejandro Otero nella cittadina di Naples in Florida, fortunatamente senza danni alle persone. 

La Space Economy vale oggi 447 miliardi di dollari (McKinsey-World Economic Forum 2023), e si stima che arriverà nel 2030 a 1 trilione di dollari, ma incombe un’enorme minaccia…

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