Ecosistema autonomoGli spazi culturali indipendenti sono un serbatoio infinito di ricchezza sociale

Nata subito dopo il periodo pandemico, “La Straordinaria - Tour Vagabonde” ha organizzato una serie di concerti, performance, dibattiti e laboratori nei pressi della città di Lugano. Il progetto è ormai terminato, e abbiamo tirato le somme insieme a Noah Sartori

courtesy of La Straordinaria – Tour Vagabode

Negli ultimi anni Milano è diventata un modello nazionale per quanto riguarda la crescita culturale. Forte delle infrastrutture ereditate dal Novecento nell’ambito delle belle arti, della musica, dei media e dell’editoria, nel tempo sono state introdotte nuove pratiche per intercettare nuovi pubblici. Riconoscere la cultura che fuoriesce dal mainstream risulta però ancora difficile, data la mancanza di sistemi di riconoscimento ed esperienze che possano valorizzare l’insieme di iniziative create “dal basso” o descritte come “indipendenti”. Nel 2020 l’agenzia Che Fare ha realizzato La Guida, un progetto a tappe che ha proposto un programma per i nuovi centri culturali e che si è inserito in un percorso di ricerca riguardante le discipline, gli sguardi e le pratiche che intessono la cultura collaborativa contemporanea al crocevia tra le forme di innovazione sociale, culturale e civica a una riflessione sociologica, filosofica e critica.

La difficoltà nel riconoscere il valore sociale e culturale di queste esperienze tende a relegarle a ruoli subalterni e marginali, ma l’impatto sui territori è tutt’altro che residuale: i nuovi centri culturali e le organizzazioni che li animano sostengono ricerca e produzioni, attraggono studenti, ricercatori e artisti e sono luoghi di condivisione di linguaggi e pratiche che contribuiscono a rafforzare il tessuto sociale e culturale di un territorio. Fuori dal contesto italiano, ne è un esempio La Tour Vagabonde, una torre circolare itinerante alta undici metri ispirata all’architettura dei teatri elisabettiani, una struttura montabile e smontabile che può contenere fino a trecento persone e che ha girato l’Europa dal ’93 a oggi, tra Belgio, Francia e Germania. Nel 2023 è stata accolta per la prima volta nella Svizzera italiana con il progetto “La Straordinaria – Tour Vagabonde”. Per Linkiesta Etc abbiamo intervistato Noah Sartori, co-presidente dell’Associazione Idra che ha co-gestito l’organizzazione e la programmazione nella struttura, attiva tra fine dicembre 2022 e fine marzo 2023 a Lugano.

courtesy of La Straordinaria – Tour Vagabonde

Come nasce il progetto de La Straordinaria – Tour Vagabonde?
«Dal 2010 al 2020 a Lugano sono nati tanti progetti e si è creato un grande movimento culturale attorno agli spazi indipendenti come il Casotto, il Domani e lo Spazio Morel che nascevano da quelle poche realtà alternative già presenti sul territorio come il Living Room e il Centro Sociale il Molino. Nel 2020 però la città di Lugano, sfruttando il contesto pandemico, ha attivato una politica repressiva nei confronti di queste realtà: nel giro di un anno lo Spazio Morel è stato chiuso, come anche il Casotto e il Domani, arrivando nel maggio 2021 quando le autorità decidono di sgomberare e abbattere parzialmente la sede del Molino. Per rispondere a questa assenza di luoghi nascono tavoli di lavoro spontanei, assemblee e incontri tra esponenti della scena, che hanno avuto la forza di creare una narrativa e un sentimento comune, dando vita nel 2022 all’Associazione Idra promotrice del progetto “La Straordinaria – Tour Vagabonde”. La Straordinaria è quindi il titolo-manifesto del progetto socioculturale e politico immaginato, organizzato e coordinato dall’Associazione, mentre la Tour Vagabonde è stata il suo contenitore, dove per tre mesi concerti, performance, film, letture, esposizioni, mercati, laboratori, conferenze e dibattiti sono state offerte alla popolazione… diciamo che succedevano tante cose, tutti i giorni».

courtesy of La Straordinaria – Tour Vagabonde

A livello sociale che tipo di impatto ha avuto il progetto?
«Questa iniziativa è indubbiamente riuscita a dimostrare la necessità dell’esistenza di spazi autonomi e della ricchezza sociale, culturale ed economica che essi generano. In tre mesi la struttura ha attratto l’interesse di oltre trentamila persone, un pubblico molto eterogeneo non composto solo da giovani o persone “alternative”. Era diventato uno spazio d’incontro e di coesione sociale a livello intergenerazionale, con attività che spaziavano sino ai caffè di quartiere con i pensionati e ai doposcuola per le classi delle elementari: aperto tutti i giorni da mezzogiorno in avanti, il luogo è stato vissuto come una piazza, soprattutto per le persone del quartiere. Il programma è stato realizzato in collaborazione con più di una quarantina di associazioni presenti sul territorio, rendendo l’intera iniziativa un progetto comunitario e collaborativo. Dal punto di vista economico l’iniziativa ha generato parecchio capitale per un’attività indipendente: tra sponsor, finanziamenti esterni, finanziamenti pubblici e il capitale prodotto dai servizi della manifestazione, si è potuto lavorare con un budget di settecentomila franchi, soldi che sono stati per il novanta per cento redistribuiti sul territorio, lavorando con aziende e fornitori locali, artiste e artisti principalmente svizzeri e riuscendo a stipendiare oltre venti posizioni lavorative a tempo pieno, coprendone i dovuti contributi sociali».

courtesy of La Straordinaria – Tour Vagabonde

Cosa ha lasciato il progetto?
«A seguito di questa manifestazione sono in atto delle discussioni a livello politico tra l’Associazione, il Canton Ticino e la Città di Lugano. Si mantiene dunque un dialogo con le istituzioni per permettere che progetti come questo non vengano considerati più una straordinarietà, ma un concetto che rientri nell’ordinario del territorio. L’auspicio è quello di trovare spazi, sostegno e riconoscimento da parte dell’ente pubblico nei confronti delle associazioni indipendenti, una battaglia che rivendichiamo nella Carta della Gerra».

Perché è importante avere degli spazi per la cultura indipendente?
«Ci sono diversi motivi. Innanzitutto, perché è un riconoscimento per una categoria di lavoratrici e lavoratori che operano in un settore precario e poco tutelato. Crediamo che conferire a queste persone una stabilità, riconoscendone anche professionalmente il valore del ruolo sociale che ricoprono, sia socialmente ed economicamente importante. È importante soprattutto per una questione culturale: avere spazi di produzione e diffusione artistica capaci di mettersi in relazione con il territorio e con la comunità che lo abita – e quindi di creare un’espressione e un’esperienza che sia specchio della contemporaneità – è un aspetto assolutamente determinante per la società; oltre a rendere attrattivo il tessuto urbano, favorendone commerci e turismo. Inoltre, se si vuole mantenere un settore economico sano è necessario investire su tutti i livelli (non solo quello istituzionale), perché la complementarità genera lavoro, nuove prospettive, sinergie e dinamicità. La cultura deve essere immaginata come un ecosistema. Permettere l’esistenza di spazi indipendenti attivi sul lungo termine è dunque il modo migliore che ha l’ente pubblico per riconoscere l’humus sociale e culturale che vive davvero il territorio».

courtesy of La Straordinaria – Tour Vagabonde

Oggi tutto si definisce “cultura” e tutto si definisce “indipendente”. Per voi, che cos’è la cultura indipendente?
«È un termine abusato. Inoltre, è fastidioso e paradossale che in un ambito come quello della cultura, che prova a muoversi su principi diversi dai sistemi dominanti, si debbano creare delle fratture, dei confini. Noi abbiamo iniziato a usare il termine “indipendente” per lo stesso motivo per il quale in passato un certo modo di produrre cultura è stato definito “alternativo”, “controcultura”, “cultura dal basso”, tutti termini che servono per separare da qualcos’altro che opera all’interno del mondo culturale istituzionalizzato. Parlare di “cultura dal basso” non ci è mai piaciuto, perché la differenziazione tra “basso” e “alto” non ci convince: cosa è basso, cosa è alto? Se parli di controcultura poi sembri nostalgico, cultura alternativa vuol dire tutto e niente, quindi parliamo di cultura indipendente, che per noi definisce un’organizzazione spesso non-profit, che determina in maniera autonoma le sue strutture organizzative o i processi di gestione, ma anche la programmazione, le agende, che è svincolata dagli interessi del settore privato e commerciale e da quello istituzionale. Non si lavora su mandato pubblico, ma è un’associazione o organizzazione civica che presenta un progetto all’ente pubblico che può scegliere se sostenerlo o meno; è mantenere un’autonomia e un’autodeterminazione senza rifarsi a logiche e strutture tradizionali».

courtesy of La Straordinaria – Tour Vagabonde

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