Labour WeeklyPerché Elisabetta Franchi è stata condannata per discriminazione

La causa nasce dalle dichiarazioni dell’imprenditrice che in un convegno di due anni fa esternava la sua preferenza per le donne over 40 nell’ambito delle posizioni apicali dell’azienda: «Se dovevano sposarsi lo hanno già fatto, se dovevano avere figli, li hanno già fatti, se dovevano separarsi, hanno fatto anche quello»

(La Presse)

La società Betty Blue S.p.A., amministrata da Elisabetta Franchi, è stata condannata dal Tribunale di Busto Arsizio a seguito del ricorso presentato dall’associazione nazionale per la lotta alle discriminazioni. La causa nasce dalle dichiarazioni dell’imprenditrice che in un convegno di due anni fa esternava la sua preferenza per le donne over 40 nell’ambito delle posizioni apicali dell’azienda. «Se dovevano sposarsi lo hanno già fatto, se dovevano avere figli, li hanno già fatti, se dovevano separarsi, hanno fatto anche quello» e, quindi, hanno molto più tempo da dedicare all’esecuzione delle strategie aziendali. Questo in estrema sintesi è stato il pensiero espresso da Elisabetta Franchi.

L’associazione nazionale per la lotta alle discriminazioni ha agito in Tribunale contestando le frasi pronunciate dall’imprenditrice in quanto avrebbero generato una forma di discriminazione «indiretta» con l’effetto di scoraggiare le giovani donne a candidarsi per i ruoli dirigenziali presenti in azienda. Il concetto di discriminazione indiretta è definito dalla legge come un comportamento apparentemente neutro che tuttavia ha l’effetto concreto di mettere una particolare categoria di persone in posizione di svantaggio rispetto alle altre.

La sentenza è molto interessante perché qualifica come discriminazione indiretta delle dichiarazioni senza la prova certa che siano state poste in essere delle azioni materiali coerenti con quanto affermato da Elisabetta Franchi. Questa decisione spalanca un fronte molto ampio dentro il quale possono potenzialmente ricadere una quantità sterminata di affermazioni, comunicati stampa o post sui social network delle aziende. Un passo in avanti significativo contro le discriminazioni, che d’altra parte apre un crinale molto pericoloso che può sfuggire di mano se non sarà gestito con attenzione.

Un altro aspetto degno di nota riguarda le sanzioni comminate a Betty Blue S.p.A. Secondo quanto stabilito dal Tribunale di Busto Arsizio, la società dovrà risarcire l’associazione ricorrente con un importo calcolato in via equitativa in cinquemila euro. Alla sanzione economica si aggiungono l’obbligo di pubblicazione della sentenza su un quotidiano di rilevanza nazionale e la necessità di realizzare un piano di formazione rivolto ai dipendenti al fine di promuovere l’abbandono dei pregiudizi legati a età, genere e carichi familiari nella selezione dei dirigenti aziendali.

Questa pronuncia mette in evidenza come le cause contro le discriminazioni possono essere instaurate da diversi soggetti, come le associazioni che difendono interessi collettivi o le organizzazioni sindacali. La discrezionalità che hanno i Giudici nel decidere le sanzioni completa un quadro in cui le realtà imprenditoriali più in vista dovranno fare molta attenzione a non commettere passi falsi a livello comunicativo. Il Tribunale di Busto Arsizio vi ha avvertito.

*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi

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