La raccolta firme promossa dalla Cgil per indire un referendum abrogativo su quattro quesiti diversi è entrata nel vivo. Il secondo quesito proposto dal sindacato avrebbe l’obiettivo di rafforzare le tutele dei dipendenti delle piccole imprese in caso di licenziamento illegittimo. Semplificando un po’, le aziende di piccole dimensioni sono quelle che occupano meno di 15 dipendenti in una singola unità produttiva o meno di 60 dipendenti in totale.
I lavoratori delle piccole imprese sono meno tutelati in caso di licenziamento illegittimo rispetto ai dipendenti delle aziende medio-grandi. In generale, chi lavora per un’azienda con pochi dipendenti gode di una tutela indennitaria che può raggiungere le sei mensilità della retribuzione e, soltanto in casi particolari legati all’anzianità di servizio o alle dimensioni dell’azienda, può arrivare fino a 10 o 14 mensilità dello stipendio. La Cgil vuole eliminare questo tetto massimo per consentire al giudice di stabilire l’indennizzo senza vincoli, valutando tutte le circostanze del licenziamento che sarà portato alla sua attenzione.
Su questo argomento può essere utile evidenziare come i dipendenti delle piccole imprese continueranno a restare esclusi dall’applicazione dell’articolo 18 che la Cgil vuole invece reintrodurre per tutti i dipendenti delle aziende medio-grandi. Un lavoratore con 13 colleghi continuerebbe a godere di tutele notevolmente inferiori rispetto a un dipendente che di colleghi ne ha 15. Inoltre, la discrezionalità che si vorrebbe attribuire alla magistratura del lavoro potrebbe avere un impatto molto limitato sugli indennizzi medi riconosciuti ai lavoratori delle piccole aziende.
Provando a tirare le fila, si tratta di un quesito che non elimina la disparità di trattamento tra i dipendenti italiani e che rappresenta un vero e proprio salto nel vuoto per i contenziosi futuri. Ridurre la certezza del diritto per dare più potere discrezionale ai giudici, di questo si sta ragionando. Elettore avvisato, mezzo salvato?
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