Effetto palla di neveLa Francia del vino è in crisi

Il resoconto annuale della federazione nazionale delle Safer (Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural) conferma che nel mercato francese dei vigneti si sta acquistando di meno e a prezzi più alti

Foto di David Bartus su Pexels

Animi romantici tenetevi forte: il mondo del vino francese – quello dei grand cru, dello champagne, degli châteaux – non è più quello di una volta.

Le transazioni sul mercato dei vigneti sono in caduta libera. Il prezzo delle vigne continua a salire (ma solo prescindendo dall’inflazione e solo per i portafogli pesanti). Bottiglie e bag-in-box non si vendono più. L’export arranca.

È il quadro che emerge dal resoconto annuale della federazione nazionale delle Safer (Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural), presentato a Parigi. Ed è impressionante che, in un solo anno, la situazione appaia radicalmente cambiata.

Dopo la crescita generale del 2022, dai dati 2023 emergono tre fatti importanti: 1) l’economia francese legata al vino si è incrinata; 2) questa economia si polarizza verso due compartimenti: un polo del lusso (e della speculazione), un polo del consumo pubblico generale, che solleva sempre più domande; 3) si temono nuove crisi.

Si profila dunque uno scenario fosco, con divari che riflettono crescenti disuguaglianze (nel vino come in altri settori della società).

Due considerazioni della Safer condensano in modo emblematico questa tendenza.

La prima: «Gli agricoltori (persone fisiche) affittuari già avviati vedono le loro acquisizioni di vigneti calare del 18,4 per cento, raggiungendo così un livello storicamente basso, in un contesto in cui l’acquisto di vigne in affitto non è più una priorità per alcuni di loro». Possiamo supporre che non si tratti tanto di una scelta, quanto di un’incapacità economica, in parte connessa con i tassi d’interesse.

La seconda: «Seconde per superfici scambiate (21,3 per cento), le società agricole già proprietarie di terreni e già avviate mostrano una stabilità per estensione (+0,5 per cento) nonostante il calo delle nuove acquisizioni di vigne (-3,8 per cento)». Statisticamente, «il balzo del valore di queste acquisizioni [+16,8 per cento!] si spiega in gran parte con un numero ridotto di transazioni d’eccezione». I proprietari terrieri si sforzano dunque di tenere il passo, ma sono alle prese con la crescita del prezzo dei vigneti.

Globalmente, si acquista dunque di meno ma a prezzi più alti. Il che sembra logico: non si compra forse meno proprio perché i prezzi salgono? I dati Safer a livello nazionale mettono in luce meno compravendite (-7,6 per cento) e meno superfici viticole cedute (ben -12,8 per cento). In compenso, il valore scambiato sale addirittura del 15,8 per cento. Ossia vigneti di prestigio per vini di lusso.

Chi compra? I viticoltori in affitto (solo le società, però, non le persone fisiche) hanno provato ad acquisire le terre che lavoravano fin dal termine della crisi dei subprime. Ma dal 2019 questa tendenza si è inceppata.

Numero di compravendite per categorie ©Groupe Safer-SSP

Le cifre più impressionanti riguardano le persone fisiche non agricole, ovvero i novelli viticoltori, provenienti da altri settori. Dapprima stabile, la loro quota nel totale delle transazioni è schizzata dal 2017. Risultato: +228 per cento in sette anni! I vigneti blasonati, fa notare la Safer «godono di un potere di richiamo come bene rifugio per gli investitori facoltosi».

Ne deriva un effetto “palla di neve”. Il valore delle vigne continua a salire (media nazionale +1,5 per cento), in particolare in certe regioni: la Borgogna (più otto per cento dopo il più nove per cento dell’anno precedente, specialmente nei premier cru bianchi), fenomeno che inizia a “contaminare” il vicino Jura (più diciassette per cento!), come già accade per il prezzo dei vini.

Anche le quotazioni dell’Alsazia crescono (specie per i grand cru e per il pinot nero), come quelle della Loira (Saumur), che pure resta una delle regioni accessibili e, ça va sans dire, della Champagne. Quest’ultima è un vero e proprio caso a parte: il prezzo medio dei vigneti si è moltiplicato per 3,2 in vent’anni, e oggi tocca una media di 1,09 milioni all’ettaro!

Regioni settentrionali fortunate, dunque. Sarà un caso, in tempi di cambiamenti climatici? Nel Sud della Francia reggono solo Châteauneuf-du-Pape, la Corsica, qualche sparuta area della Savoia e del Languedoc, così come le sole denominazioni di prestigio di Bordeaux (Pauillac, Pomerol, Saint-Julien, Margaux).

Il resto del Paese annovera centinaia di migliaia di ettari di vigna fermi al palo. A soffrire è soprattutto il valore dei vigneti del Rodano meridionale e del Bordolese, persino nel Médoc, che reclamano da tempo contributi per l’espianto delle viti.

Prezzo medio dei vigneti in Francia ©Groupe Safer-SSP

Dati che fanno il paio con la crisi delle vendite di vino in Gdo: meno quattro per cento nel 2023 (in particolare per i rossi, meno nove per cento). Arrancano anche le esportazioni, in tutti i segmenti, champagne incluso: meno quattro per cento dei volumi e meno dieci per cento del valore. Il mercato cinese, che inizia a produrre le proprie bottiglie, gli Stati Uniti e il Giappone sono in forte decrescita.

Poiché la produzione francese 2023 è stata generosa (48 milioni di ettolitri), la disponibilità di prodotto genera già ora una flessione dei prezzi. La Francia ha dovuto distillare tre milioni di ettolitri per mitigare gli effetti della sovrapproduzione.

Insomma: un mondo del vino “popolare” in piena crisi, sia per i produttori sia per i compratori. E dall’altra parte un mondo del vino “deluxe” che insiste a tirare la corda della speculazione su bottiglie e vigneti dai nomi altisonanti. Ma fino a quando? Siamo all’alba dell’esplosione dell’ennesima bolla?

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