Lusso, dal latino luxus, viene definito come sovrabbondanza, eccesso nel modo di vivere, è lo sfoggio di ricchezza e di sfarzo; spesso racchiude in sé un’accezione negativa ed è quindi associato a qualcosa di esagerato, costoso e inaccessibile.
Non possiamo però limitarci a prendere per univoca questa descrizione, e farla nostra, senza aver esplorato il senso più profondo della parola lusso che invece racchiude molteplici significati (non per forza negativi) e diversi punti di vista, da quello più intimo e personale al sentito comune condiviso dalla società che, in qualche modo, distingue e classifica ciò che è lusso da ciò che non lo è.
E allora, cos’è oggi il lusso e come può – se può – conciliarsi con la sostenibilità in cucina e nell’hôtellerie? Possiamo mantenere il tenore dell’accoglienza a livelli di eccellenza senza pesare troppo sul pianeta? Lo abbiamo chiesto ad alcuni giovani professionisti under 40 della ristorazione e dell’ospitalità durante l’edizione 2024 di Gastronomika Festival, tenutosi lo scorso 19 e 20 maggio a Milano.
Molte le parole emerse durante la tavola rotonda e il dibattitto si è animato quando sono stati toccati quattro aspetti salienti: il lusso del tempo, lo spazio del lusso, il desiderio di lusso e infine il futuro del lusso. Tra le parole più ricorrenti ci sono consapevolezza, conoscenza, rispetto, qualità, impegno, perseveranza, cultura, educazione ma soprattutto la possibilità di scegliere.
Il vero lusso per molti dei partecipanti è legato al tempo e alla facoltà di scelta; scegliere per sé stessi in primis e poi il lusso come ritagliarsi del tempo di qualità oltre la propria attività. Possibilità di scegliere come spendere il proprio tempo libero, ma soprattutto il proprio tempo lavorativo in un’ottica di work life balance imprescindibile per definire sostenibile il futuro della ristorazione.
Lusso è poter scegliere le materie prime migliori e non scendere mai a compromessi con la qualità e i propri valori rinunciando, se necessario, all’omologazione e al profitto a tutti i costi. Lusso è poter scegliere, per esempio, di avere meno coperti o aprire solo per il servizio serale, così da avere più tempo a disposizione per la vita privata e far sì che il lavoro in cucina risulti più armonioso e meno stressante. Il lusso per un piccolo ristorante è anche poter cambiare spesso il menu affidandosi alla stagionalità e a quello che offre il mercato del giorno.
Ma in quest’ottica lusso è anche consapevolezza, sacrificio e perseveranza al fine di raggiungere i propri obiettivi, tutti aspetti che i partecipanti all’hackathon hanno tenuto a sottolineare più volte.
Grazie al prezioso contributo alla discussione di Antonia Klugmann, chef e proprietaria del ristorante L’Argine a Vencò, che ha partecipato alla tavola rotonda per qualche minuto, è emerso un tema molto importante. La chef ha portato il suo punto di vista e ha posto l’attenzione sul valore e non sul costo di ciò che definiamo lusso, ribaltandone il punto di vista. «Il lusso vero – racconta Klugmann – è quello che non si compra e non può essere misurato in termini puramente economici». Secondo la sua visione il lusso è quindi qualcosa di intangibile, è la valorizzazione di una materia prima locale che non è possibile comprare altrove: lusso è esclusività e autenticità dell’esperienza che nulla ha a che vedere con il costo e con il denaro, ma con l’unicità e la consapevolezza.
Alla domanda «Cos’è lo spazio del lusso?», gli animi si sono accessi. Esistono dei parametri che definiscono uno spazio lussuoso e che quindi giustificano anche un prezzo maggiore del servizio o è soggettivo? Uno spazio considerato di lusso, e che quindi rispetta alcuni parametri che lo definiscono tale, può essere sostenibile?
Molte le parole chiave che sono emerse dal dibattito, durante il quale i partecipanti hanno concordato che esistono dei paramenti che oggettivamente definiscono uno spazio come spazio di lusso e che, con fatica e senza scendere a compromessi, la sostenibilità e il lusso possono esistere anche in uno spazio definito lussuoso. Interessante notare come non sia solo una questione legata alla metratura o all’arredamento, ma al come uno spazio venga percepito di lusso nel momento in cui diventa esclusivo; uno spazio in cui è possibile immergersi totalmente e viverlo coinvolgendo tutti i sensi, in cui l’esperienza autentica, la cura per il cliente, l’accoglienza e il comfort diventano la strada da perseguire.
La tavola rotonda si è avviata alla conclusione riflettendo sul desiderio del lusso e sul futuro auspicabile del lusso in relazione alla sostenibilità. Il sentimento comune è che il ristoratore, o chiunque lavori nel mondo dell’hospitality, abbia il compito di educare il consumatore al lusso scardinando il pensiero comune che lega quest’ultimo al concetto di bello, costoso e desiderabile solo in relazione all’appartenenza a parametri socialmente condivisi.
Il lusso, oggi, è sostenibile solo se sposta l’attenzione dal costo al valore, se il bello viene percepito in relazione al giusto o allo sbagliato. Il lusso resta strettamente legato ai concetti di tempo e di scelta, di rispetto e di educazione; solo educando il consumatore al lusso è possibile un futuro sostenibile per l’uomo, l’ambiente e la società.