Dopo il voto delle elezioni europee si è aperta subito un’altra partita: quella per il secondo mandato di Ursula Von der Leyen alla guida della Commissione europea. E la premier italiana Giorgia Meloni, secondo quanto riporta La Stampa, sarebbe pronta a sostenerla.
Fedelissimi della premier, ministri e capigruppo darebbero per certo quello che per mesi è stato taciuto per via della campagna elettorale. «Il candidato presidente della Commissione verrà indicato dal Consiglio europeo, quindi dai leader dei 27 Stati membri», ha spiega Meloni su Raiuno da Bruno Vespa. «L’indicazione spetta al partito che ha avuto più voti, in questo caso è il Ppe. Quando quella proposta verrà formalizzata la valuteremo, perché nel negoziato ci sono diverse questioni che riguardano tutti i ruoli apicali, le deleghe dei commissari e quindi anche il commissario italiano. E io come sempre decido nell’interesse nazionale».
Questo è lo schema: saranno quindi i popolari, e non i socialisti a esprimere il presidente. Per cui il capo di governo di un Paese come l’Italia non può contrapporsi alla scelta della maggioranza. Il nome designato in Consiglio per la presidenza della Commissione viene portato poi in Parlamento per la ratifica. A quel punto si vota. E si vota una volta sola. Quel giorno, però, Meloni dovrà entrare nella cosiddetta maggioranza Ursula, anche con i socialisti. Ma, spiega La Stampa, sarebbe una sorta di maggioranza di scopo, che non esisterà più l’indomani. Questo sarà lo scudo sotto il quale Meloni si difenderà quando arriveranno le critiche.
L’asse tra la premier e la presidente della Commissione è noto da tempo. Le due hanno compiuto insieme diversi viaggi e sono state immortalate insieme in diverse occasioni, mostrandosi sostegno reciproco.
«Succederà quello che è successo cinque anni fa con il PiS, ma a parti inverse», starebbe ripetutamente spiegando la premier. Allora, i conservatori di Ecr, il gruppo presieduto da Meloni, si spaccarono: Fratelli d’Italia si oppose a Von der Leyen, mentre i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS) la sostennero per lo stesso motivo che oggi spinge Meloni a farlo. Perché erano al governo di uno dei Paesi più grandi dell’Ue. Come hanno fatto i polacchi, avrebbe spiegato la premier ai suoi, «dal giorno dopo ci terremo le mani libere sui singoli provvedimenti in Parlamento», senza vincoli.
Meloni intanto punta a ottenere anche un commissario di peso. E il G7 di Borgo Egnazia sarà la prima occasione per cominciare la mediazione con i capi di governo, in particolare di Francia e Germania. Palazzo Chigi punterebbe agli affari economici. Tra i candidati papabili, ci sarebbe il ministro Raffaele Fitto, anche se questa scelta ha un costo, visto che la realizzazione del Pnrr è tutta nelle sue mani.
Ma mentre si svilupperà la trattativa, la premier dovrà costruire una narrativa per spiegare agli italiani che farà parte dell’intesa con i socialisti e i liberali per votare Von Der Leyen, ma che non stringerà un’intesa con loro. Sul resto, dal Green Deal all’immigrazione, la premier deciderà come posizionarsi volta per volta sui singoli provvedimenti.