La strategia del Cremlino non passa solo per l’invasione dell’Ucraina o la presenza in Africa dei suoi mercenari. Le ambizioni imperialiste russe si estendono con l’obiettivo di costruire sistemi di influenza su regimi amici, e sfruttare congiunture favorevoli per indebolire i Paesi occidentali. Questo avviene anche nell’Artico e nel Mar Baltico, dove Mosca punta a fare leva sulle vulnerabilità locali per ottenere vantaggi strategici e potenziali avamposti. In particolare, un rapporto di ricercatori scandinavi ha evidenziato come le isole e gli arcipelaghi tra il Mar Baltico, quello del Nord e l’Artico siano oggetto di operazioni ibride russe per destabilizzare la situazione politica o persino preparare le condizioni per un controllo territoriale.
L’isola svedese di Gotland è da anni al centro dell’attenzione per la sua posizione strategica sulla via marittima che congiunge la flotta russa nell’exclave di Kaliningrad con il porto di San Pietroburgo. L’isola era stata smilitarizzata nel 2005 ma, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, Stoccolma ha ripristinato una guarnigione su quel pezzo di terra che potrebbe fare la differenza nella capacità Nato di difendere i Paesi baltici. Una situazione analoga si presenta per le Isole Åland: fanno parte della Finlandia ma dal 1921 godono di uno status autonomo di neutralità e smilitarizzazione, che tuttavia impone a Helsinki di difenderle in caso di aggressione.
I tentativi di penetrazione russa riguardano anche la Svezia e la Finlandia continentale. Infatti, la Chiesa ortodossa russa ha inaugurato un tempio in legno vicino all’aeroporto strategico di Västerås, costruito da aziende legate alla mafia russa e all’Fsb, finanziato con tre milioni di euro dall’agenzia russa per l’energia nucleare, Rosatom. In base alla legge svedese, le chiese non possono essere oggetto di intercettazioni ambientali e l’esperienza insegna che quelle ortodosse sono ampiamente usate con fini cospirativi dai russi, in Ucraina come nei Balcani. In Finlandia, i servizi russi hanno acquistato tramite prestanome una serie di terreni in località strategiche su cui hanno costruito edifici e persino una pista d’atterraggio per elicotteri in prossimità di basi militari o snodi portuali. Dal 2020 la legislazione finlandese ha irrigidito i requisiti per l’acquisto di terra da parte di extracomunitari proprio per ragioni di sicurezza nazionale.
Ma la partita più importante si gioca sul Mar Baltico, che con l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza Atlantica è diventato quasi un “lago della Nato”. Già nel 2014 la marina svedese aveva dato la caccia a un sottomarino fantasma avvistato vicino alla sua costa, ma in anni più recenti il Baltico si è confermato un mare “caldo”. A cominciare dal sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2, ma anche del danneggiamento di cavi sottomarini di telecomunicazioni tra Estonia, Svezia e Finlandia nel 2023. Seguiti poi dalla proposta del ministero della Difesa russo di cambiare unilateralmente i confini marittimi con Lituania e Finlandia. Dal 2022 la Russia impiega anche una flotta fantasma di petroliere per scavalcare le sanzioni occidentali ed esportare da San Pietroburgo con navi registrate all’estero, come denunciato più volte da Stoccolma.
Nell’Oceano Atlantico la situazione è altrettanto preoccupante. Secondo il rapporto 2023 dell’intelligence danese, esiste un rischio di operazioni russe di destabilizzazione e disinformazione politica nei confronti della Groenlandia e delle Isole Fær Øer, territori danesi che godono di ampia autonomia politica da Copenaghen. Infatti, già nel 2019 era circolata una falsa lettera, si sospetta a opera russa, del ministro degli Esteri della Groenlandia a un senatore americano, con lo scopo di creare una crisi diplomatica tra Stati Uniti e Danimarca.
L’obiettivo russo di lungo termine può essere quello di spingere verso l’indipendenza delle isole, per poter esercitare un’influenza maggiore e magari installare basi logistiche, come già fatto alle Svalbard nell’Artico.
Questo arcipelago, celebre per essere abitato da più orsi polari che persone, è legato alla Norvegia ma gode di un’autonomia speciale. Inoltre, grazie al trattato internazionale delle Svalbard siglato nel 1920, il governo di Oslo rinuncia ad alcuni elementi di sovranità e permette ai cittadini dei Paesi firmatari di diventare residenti e sfruttare le risorse naturali, tra cui le miniere di carbone. Il trattato proibisce la costruzione di basi navali o militari sulle isole, ma ciò non impedisce alla Russia di insinuarsi con altri mezzi. Dagli anni Trenta, infatti, l’Unione Sovietica ha inviato minatori negli insediamenti di Barentsburg e Pyramiden. Il primo è rimasto attivo anche dopo il crollo dell’Urss e vi opera un consolato generale di Mosca, mentre il secondo è stato abbandonato, ma le cose stanno cambiando. Nel 2022 il Cremlino ha destinato oltre venti milioni di dollari alla manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture delle due località, che di fatto considera come quasi-colonie russe da ripopolare. Una cinquantina di minatori e lavoratori ucraini se ne sono andati in quei mesi.
L’anno dopo, si è insediato a Barentsburg un nuovo console russo, Andrei Chemerilo, che secondo un’inchiesta di media norvegesi e di Dossier center è in realtà un ufficiale del Gru, l’intelligence militare di Mosca. La famosa serie tv norvegese Occupied, che immagina uno scenario in cui il Paese viene invaso silenziosamente dai russi, si è avvicinata alla realtà nel 2023, quando Chemerilo ha organizzato due manifestazioni inedite. La prima, in occasione delle celebrazioni del 9 maggio per la vittoria nella Seconda guerra mondiale, è stata un corteo a Barentsburg con una cinquantina di auto e motoslitte, il console in testa e le bandiere russe al vento. È stato noleggiato anche un elicottero a volo radente e una decina di motoslitte erano guidate da uomini che indossavano le tipiche uniformi verde scuro dell’esercito russo, i famosi “omini verdi” visti operare in Crimea nel 2014. Nel sito abbandonato di Pyramiden è stata ripetuta la cerimonia ed è comparsa anche una bandiera dell’ex repubblica separatista di Donetsk.
A giugno 2023 un canale Telegram russo ha diffuso la notizia falsa di un presunto biolaboratorio segreto americano sull’Isola degli Orsi, in una strategia di disinformazione già sperimentata in Ucraina e altrove. Il mese dopo, il console Chemerilo ha organizzato anche una piccola parata navale davanti a Barentsburg in occasione del giorno della marina russa. Sono state usate cinque barche prestate dal consolato, dalla compagnia mineraria Arktikugol e dalla missione di esplorazione scientifica di Mosca nell’Artico, tutte decorate con il tricolore russo. L’apice di questa propaganda si è raggiunto ad agosto, quando il vescovo ortodosso Iyakov ha fatto erigere con la compagnia Arktikugol una croce di sette metri sulla collina di Pyramiden, nel tentativo di consolidare la narrazione di una presenza storica del “Russkij mir” sull’isola.
Nel 2024 le celebrazioni sono state più modeste, perché le precedenti hanno messo in allarme le autorità norvegesi, che hanno fatto rimuovere la croce ortodossa e multato per quattromila euro la società dell’elicottero per aver sorvolato a pochi metri gli edifici di Barentsburg. Ma la strategia russa alle Svalbard sembra chiara già dalla scelta di inviare un uomo dell’intelligence sotto copertura diplomatica. Ricercatrici norvegesi come Kari Aga Myklebost e Karen-Anna Eggen ritengono che Mosca stia preparando il terreno per una campagna più aggressiva e latente, con il fine di rivendicare i due insediamenti come terre storiche russe e poter quindi sviluppare una presenza logistica, anche se il trattato delle Svalbard vieta basi militari straniere. Un simile contesto può essere comunque sfruttato con fini di spionaggio e destabilizzazione. Nel 2023 la nave russa per raccolta intelligence Yantar ha tallonato per un giorno un’analoga nave norvegese nelle acque delle Svalbard, mentre Oslo sospetta che a gennaio 2022 un peschereccio russo abbia danneggiato un cavo sottomarino che connette le isole alla Norvegia.
L’analista americano Paul Goble ha affermato che in caso di conflitto con la Nato le Svalbard potrebbero essere il primo obiettivo russo a causa dello status ambiguo dell’arcipelago. Infatti, nell’interpretazione di Mosca del trattato, neanche la Norvegia avrebbe il diritto a schierarvi le proprie forze militari. Questo permetterebbe ad un’azione asimmetrica, come quelle degli omini verdi, di occupare alcune aree sulle isole, a cominciare dagli insediamenti russi. Simili tattiche potrebbero ripetersi sulle isole finlandesi Åland nel Baltico. Non aiuta il fatto che, come evidenzia il ricercatore del Nato Defense College, John Deni, gli attuali comandi dell’Alleanza per la difesa della Scandinavia e del Nord non sono unificati. Infatti, la Norvegia dipende dal comando di Norfolk in Virginia, mentre Svezia e Finlandia da quello di Brunssum nei Paesi Bassi. Il quadrante scandinavo e baltico resta perciò una priorità per la difesa europea dalla guerra ibrida russa.