Coup de têteNegli ultimi anni il declino economico francese è stato persino peggiore di quello italiano

Parigi sta andando incontro a un declino del potere d’acquisto significativo. Nell’Île-de-France, dove i più colpiti appartengono alle minoranze, a beneficiarne è stata la sinistra, mentre nella Francia profonda sono stati i lepenisti. Se l’impoverimento relativo che il Paese sta vivendo non verrà fermato, a beneficiarne sarà proprio il populismo

AP/ LaPresse

Spesso non si parla di popoli o ceti o segmenti sociali poveri, ma impoveriti. Il trend conta più del valore assoluto, si può avere in media un tenore di vita superiore a quello di gran parte della popolazione mondiale, ma se nel tempo o è sceso o è cresciuto meno di quello che è accaduto in paesi vicini, magari emergenti, la percezione è chiaramente negativa. È qualcosa che conosciamo bene in Italia, dove da decenni siamo immersi in un declino che si traduce, se non in un calo, perlomeno in una stagnazione dei redditi, che non sono aumentati come l’ottimismo di un tempo prometteva.

Non è accaduto solo nel nostro Paese, però, soprattutto se prendiamo in considerazione gli anni più recenti. Anche la Francia è stata colpita dalla stessa malattia, e sotto certi aspetti Oltralpe è andata anche peggio. Guarda caso l’esito politico di questa situazione è stato simile: crescita parallela della destra radicale e populista a discapito di quella paludata e tradizionale e della sinistra oltranzista anti-atlantica a discapito di quella socialdemocratica. Come in Italia è diventato quasi impossibile prescindere da uno dei due populismi, che si innestano, diventando imprescindibili, in un sistema che non aveva mai visto le estreme prevalere.

Forse non sarebbe potuta andare molto diversamente davanti al relativo impoverimento delle diverse aree della Francia, quella vincente e accentratrice, di Parigi, e quelle periferiche, delle regioni. Spicca subito all’occhio, intanto, proprio la distanza tra questi due mondi, quello tra la regione parigina, l’Ile de France, e il resto dell’Esagono, che è persino più ampio di quello che c’è tra la Lombardia e le zone più povere del Mezzogiorno, come la Calabria e la Sicilia, soprattutto se consideriamo il Pil pro capite misurato in termini di Purchasing Power Standard, ovvero di potere d’acquisto effettivo, eliminando le differenze di prezzo tra i Paesi.

Ma soprattutto, mentre nell’area di Parigi tale potere d’acquisto è del sessantatre per cento maggiore della media Ue, poco più alto di quello altoatesino, nelle regioni francesi è ovunque al di sotto di tale soglia, tranne che in Provenza e Costa azzurra. Al contrario in quasi tutto il Centro-Nord italiano i redditi sono più alti che nel resto d’Europa e scendono al di sotto, anche di molto, solo a Sud di Roma e di Rimini, fino al dato della Calabria, dove sono solo il cinquantasette per cento di quelli Ue. La Francia, bensì, sembra essere formata da una grande isola ricca circondata da aree mediamente non più benestanti della Toscana o dell’Abruzzo.

Dati Eurostat

Il punto principale, però, come si diceva, riguarda la tendenza che questi redditi hanno avuto nel tempo. Tra il 2012 e il 2022 in quasi tutte le regioni, tranne Basilicata a Costa Azzurra, è peggiorato il confronto con la media europea. Non vuol dire necessariamente che siano scesi, ma sono cresciuti meno di quanto è accaduto nel resto del Continente, la distanza tra noi e i francesi e, per esempio, i polacchi e i cechi, è diventata meno larga. Spicca il dato dell’Ile de France, all’interno della quale il potere d’acquisto dodici anni fa era del settantanove per cento maggiore che nella Ue e in dieci anni è salito così poco da risultare, invece, «solo» del sessantatre per cento più alto. Un peggioramento relativo di questo indice ancora più grave ha interessato il Lazio, in Italia.

Ma se prendiamo in considerazione il periodo tra 2019 e 2022, che include gli effetti del Covid e dell’inflazione, ecco che i numeri d’Oltralpe appaiono ben peggiori. In questi tre anni il divario tra potere d’acquisto dei parigini e degli europei è diminuito di ben diciotto punti a sfavore dei primi, e quasi tutte le regioni francesi hanno visto il segno meno e un segno meno decisamente maggiore di quello che ha coinvolto qualche regione italiana. Al contrario in gran parte dell’Italia il rapporto tra i redditi regionali e quelli europei è migliorato. È accaduto, per esempio, in Lombardia, dove sono passati dall’essere del ventisette per cento al trenta per cento più della media Ue.

Dati Eurostat

Così, a differenza di quanto avvenuto in Italia, in Francia anche le regioni con un potere d’acquisto già più basso e già minore di quello europeo hanno visto un peggioramento negli ultimi tre anni. Nel Midi-Pyrenees, a Sud, dove nel 2019 i redditi erano già del quattro per cento inferiori a tale soglia, nel 2022 erano lo erano del dodici per cento.

Dati Eurostat

Nello stesso periodo, per esempio, i redditi siciliani, per quanto inferiori, non sono peggiorati molto nel confronto con quelli Ue, sono rimasti del trentanove-quarantuno per cento più bassi.

Qualcosa di simile è accaduto in Lorena, la regione francese più povera, che dieci anni fa aveva un Pil pro capite del diciannove per cento inferiore a quello europeo, mentre due anni fa la distanza era diventata del ventisette per cento. Non è successo lo stesso in Campania, tra le aree certamente meno ricche d’Italia, dove il divario tra regione e resto d’Europa è rimasto sostanzialmente stabile. Allo stesso modo l’area parigina, locomotiva francese, ha fatto molto peggio della nostra locomotiva, la Lombardia.

Dati Eurostat

Contemporaneamente altre aree dell’Unione Europea prevalentemente urbane e con un’economia forte, la più forte dei rispettivi Paesi, come Amburgo, Praga o Budapest, hanno avuto un altro andamento, migliore di quello lombardo, ma soprattutto migliore di quello parigino. Nel 2012 gli abitanti della capitale francese avevano un reddito di trentaquattro punti, se poniamo il dato europeo uguale a cento, superiore a quello di chi viveva nella capitale ungherese, centosettantanove a centoquarantacinque, ma nel 2022 la distanza è diventata di cinque punti. Il Pil pro capite in termini di potere d’acquisto dei praghesi, già molto più alto della media, nel frattempo ulteriormente salito diventando del ventisette per cento maggiore di quello dei parigini.

Dati Eurostat

Il fatto che si parli di potere d’acquisto è indicativo, è questo che è stato percepito in declino o comunque fermo, la perdita della prospettiva di un miglioramento continuo, il venir superati da altri Paesi in cui una volta si viaggiava con pochi euro, e ora non più, ha avuto un impatto ovunque, sia laddove i redditi erano già più bassi, quindi in provincia, che a Parigi. La differenza è che nell’Ile de France, dove i più colpiti appartengono alle minoranze, a beneficiarne è stata la sinistra, mentre nella Francia profonda sono stati i lepenisti.

Il Rassemblement National secondo Ipsos ha avuto al primo turno delle elezioni legislative il trentotto per cento dei voti di coloro che prendono meno di milleduecentocinquanta euro al mese e il trentaquattro per cento di quanti prendono più di tremila, non è una differenza enorme, considerando anche che i primi forse vivono in aree con un costo della vita inferiore. Il vero divario riguarda coloro che hanno percezioni diverse del presente e del futuro, del cambiamento, appunto, è tra chi si dichiara in una situazione di disagio e non riesce a mettere soldi da parte, e quindi ha una visione negativa, e i più ottimisti. Tra i primi il Rn supera il quarantacinque-cinquanta per cento. Sono coloro che vedono e spesso vivono effettivamente sulla propria pelle quell’impoverimento relativo o assoluto che la Francia sta vivendo.

Se non sarà fermato probabilmente i due populismi diventeranno maggioranza e la prossima sfida sarà tra essi, come abbiamo visto succedere in quel Paese che il declino lo ha cominciato prima di tutti, il nostro.

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