In un’epoca in cui si cerca di fare una riflessione seria sul consumo (eccessivo) di carne, c’è chi fa marcia indietro e ammette che, forse, le cose non stanno andando davvero in quella direzione. Qualche settimana fa Joe Erlinger, presidente di McDonald’s Usa, durante un intervento al Wall Street Journal Global Food Forum, ha annunciato il ritiro sul mercato del primo panino vegano della nota catena di fast food. Il McPlant era stato introdotto nel 2021, con una strategia evidentemente timida e di prova, in alcuni punti vendita americani, in Texas e in California: le aspettative erano alte, soprattutto vista la tendenza mondiale a un consumo di carne più parco e responsabile. Nella realtà dei fatti, le cose sono andate diversamente e il McPlant, «succoso hamburger a base vegetale, co-sviluppato con Beyond Meat, e sfrigolato su una griglia di ferro, poi condito con cipolle a scaglie, sottaceti piccanti, lattuga tagliuzzata croccante, fette di pomodoro Roma, ketchup, senape, maionese e una fetta di formaggio americano fuso su un panino di semi di sesamo tostato», non ha reso economicamente come avrebbe dovuto. «Non credo che i consumatori americani vengano da McDonald’s per cercare proteine vegetali. È un trend che continueremo a monitorare, ma la vera tendenza sulle proteine riguarda il pollo» ha dichiarato infatti Erlinger.
Ci si sarebbe aspettati un finale di storia molto diverso, almeno più vicino alla sensibilità attuale dei consumatori, o perlomeno non una disfatta così netta. Vero è che il Texas, con la sua rigidità culturale anche gastronomica, probabilmente non è stata un’ottima scelta di marketing, ma la California, specie nelle grandi città, viaggia su un sistema diverso: i californiani sono attenti a ciò che mangiano, non fosse altro che il cibo introdotto nel corpo va a impattare sul loro aspetto fisico, cosa a cui tengono tantissimo. C’è anche da dire che molti vegani amano il sapore della carne e lo ricercano in prodotti alternativi, come poteva essere il panino vegano di McDonald’s.
E invece, no, le cose stanno diversamente. Andando a leggere un po’ di dati, ci rendiamo conto che il consumo complessivo di carne ha continuato ad aumentare negli Stati Uniti (dagli anni Settanta, si stima un aumento del diciassette per cento) così come nell’Unione europea e nei Paesi sviluppati. La carne rossa rappresenta ancora la più grande percentuale di carne consumata in America nonostante il pollame, meno caro e più disponibile, stia guadagnando posizione in classifica. In ogni caso la carne costituisce una parte significativa dell’alimentazione, e la domanda nei Paesi in via di sviluppo continua a crescere man mano che aumenta il reddito disponibile. Uno spostamento verso un modello dietetico caratterizzato da un alto consumo di carne, che sembra anche soppiantare il consumo di cereali e altri alimenti di origine vegetale. In Argentina, patria indiscussa del manzo, i prezzi elevati della carne bovina hanno spostato il consumo verso la carne suina. Pollo, maiale: ci si butta laddove il prezzo lo consente.
È una storia vecchia quanto il mondo: più diventiamo ricchi, più riusciamo (senza neanche troppi sforzi) a nutrirci in modo peggiore. Lo dimostra anche la nostra epoca contemporanea basata sulla “diet culture”, la cultura della dieta, dove spesso di sano non c’è un bel nulla, ma ci si basa su credenze e miti, spesso venuti fuori dai social media. Basti vedere come dalle nostre parti i carboidrati vengano demonizzati di continuo per lasciare il posto d’onore nell’alimentazione alle proteine: vi siete mai accorti che ormai qualsiasi tipo di prodotto ha la sua versione proteica? Sì, un po’ tutto, anche le fette biscottate (per la cronaca, sono fatte di cereali, che contengono gluteline e prolammine, proteine che però in questo caso combattiamo sotto lo scudo di “abbasso il glutine”). Certo, noi in Europa siamo dei pivelli in confronto.
Dall’altra parte dell’Oceano succedono cose ancora più estreme. C’è un tizio, sui social lo si trova come @carnivoreray, che ai i suoi oltre seicentomila follower suggerisce ogni giorno ricette superproteiche. Una in particolar modo è diventata famosa e virale: uno snack, realizzato con pancetta grassa e croccante, cosparsa di burro fuso e fatta congelare, da mangiare poi come un gelato. Una bontà sana, gustosa e nutriente, insomma. Il nostro influencer però non è da solo e su Instagram e Tik Tok esiste un vero e proprio movimento che promuove un’alimentazione fondata quasi totalmente di proteine e grassi: i sostenitori più severi aderiscono a quello che chiamano B.B.B.E, cioè manzo, pancetta, burro e uova, con buona pace di Ancel Keys e della sua dieta mediterranea.
@carnivoreray Carnivore diet sweets #carnivore #carnivorediet @Courtney Luna – Carnivore
Ovviamente bisogna relativizzare e contestualizzare tutto, anche i numeri. Negli Stati Uniti, infatti, nonostante la produzione e l’acquisto di carne stia continuando a salire, è da sottolineare che non è che gli americani mangino più carne di prima, ma quella carne spesso è destinata ad atre fini. Una buona parte, infatti, è prodotto per il consumo degli animali domestici (non ci sono studi scientifici che sostengano che un cane debba seguire una dieta carnivora per stare in salute) e un’altra buona parte finisce nella spazzatura (lo spreco alimentare complessivo è aumentato di circa quattro miliardi di tonnellate).
Inoltre, nella maggior produzione di carne è da considerare, come abbiamo già accennato, anche quella relativa al pollame, che essendo di taglia più piccola, rispetto al manzo o al maiale, necessita in proporzione di molti più esemplari da allevare. Urge ovviamente un cambio di rotta, che dovrà prevedere obbligatoriamente un intervento pubblico, in grado di rendere i sostituti della carne più appetibili in termini economici. Ma serve anche, come sempre, una visione educativa e divulgativa migliore, che possa riuscire a a far capire che la giusta misura premia sempre, soprattutto quando si tratta di cibo e nutrizione.