Un tramezzino non ha lo stesso sapore se mangiato al mare o in montagna. E un’insalata di riso cambia gusto a seconda del panorama che si osserva mentre la si assapora. Sarà questo il motivo per cui gli amanti dei picnic sono sempre più numerosi? O forse perché il pranzo all’aperto può essere l’occasione giusta per una gita a basso costo, una fuga dalla città o un ritrovo tra amici. Il picnic ha una tradizione antichissima e una storia che lo ha portato a trasformarsi da lusso riservato a pochi a esperienza accessibile praticamente a tutti. Una storia che parla di aristocrazia, arte e progresso tecnologico.
I tempi antichi
Fu il Medioevo inglese che vide nascere i primi pranzi all’aperto. In particolare, furono gli aristocratici a dare impulso a questa tradizione. Le loro lunghe battute di caccia, ore e ore di cavalcate nei boschi, erano interrotte solo, appunto, da uno spuntino portato da casa. Tartine con carne salata, formaggi e qualche frutto. Cibi semplici nel gusto e nella modalità di trasporto e consumazione.
Persino nel celebre arazzo di Bayeux, che testimonia l’invasione normanna dell’Inghilterra e che risale circa al 1070 dopo Cristo, si possono osservare alcune scene di banchetti all’aria aperta. In quest’epoca il picnic esisteva senza avere ancora un nome, era appannaggio di pochi ed era vissuto più come una necessità che come un passatempo.
Il nome
La vera svolta nella moda del picnic avvenne dopo la rivoluzione francese. In effetti, termine stesso deriva da questa lingua, per la precisione dal verbo piquer, che significa “sgraffignare”, “stuzzicare”, e nique, che tradurremmo come “cosuccia”, una “piccola cosa”. Quest’usanza divenne famosa soprattutto in Inghilterra, ma fu il popolo francese a trasmetterla. In particolare, molti degli aristocratici fuggiti dall’irruenza della Révolution, migrarono sull’isola oltre Manica, portando con sé usi e costumi tipici della neonata République.
In particolare, il termine si diffuse in Gran Bretagna nel 1802, con l’arrivo della Pic-Nic Society, una compagnia di giovani che organizzava pranzi all’aperto animati da rappresentazioni teatrali. Il divertimento consisteva anche nel tirare a sorte per decidere chi avrebbe portato da mangiare. Da lì in poi il pranzo all’aperto divenne un vero e proprio rito appartenente alle classi sociali più abbienti, che avevano il tempo e la possibilità di trascorrere intere giornate all’aperto e una servitù pronta a preparare e trasportare vivande anche piuttosto complesse: elaborate insalate di pesce, pasticci di carne, panini dolci, torte, tartine e biscotti.
L’arte
La Francia non ha soltanto il merito di aver trovato un nome semplice e sufficientemente poetico a quest’usanza, ma anche quello di averla raffigurata con la schiettezza e i colori degli impressionisti. Il pittore Edouard Manet è diventato, forse suo malgrado, il padre del picnic. Il suo “Déjuener sur l’herbe” gli valse non poche critiche da parte della società più conservatrice, perché tra i soggetti del suo dipinto, impegnati a consumare una colazione nella natura, scelse di raffigurare una donna nuda dallo sguardo sfacciato, accanto a due uomini completamente vestiti. Un’interpretazione peculiare, sicuramente provocatoria, di una semplice scampagnata tra i boschi. Ma non fu l’unico a decidere di catturare sulla tela questi attimi di malizia e spensieratezza. Da Paul Cézanne a Fernando Botero, furono in molti a darne la propria interpretazione.
Finalmente democratico
Con il tempo e grazie all’evoluzione tecnologica che ha permesso di spostarsi più velocemente e a un costo minore, il picnic ha smesso di essere un’abitudine di lusso. Per di più, l’arrivo sugli scaffali dei supermercati di tutto il necessario per trasportare il cibo comodamente ha reso i pranzi all’aperto molto più semplici da organizzare.
L’Italia, come spesso accade, non ha impiegato molto tempo ad appropriarsi dell’usanza. Gli ingredienti per rendere un picnic un assaggio di dolce vita sono pochi: nella nostra Penisola non mancano panorami mozzafiato e prelibatezze regionali di ogni genere, in grado di mettere d’accordo lo stomaco e lo sguardo di tutti. Il ritmo sempre più frenetico delle città ha spinto anche i meno appassionati ad apprezzare, almeno ogni tanto, uno spuntino nel verde. In più, la pandemia e il meteo più incerto, che sempre più raramente concede giornate di pieno sole, hanno convinto anche i più restii del fatto che, ogni tanto, bastano una coperta a quadri e qualche panino preparato con cura per sentirsi felici.