Buona la secondaRoberta Metsola è (di nuovo) la presidente dell’Europarlamento

In una votazione dall’esito scontato, la popolare maltese ha ottenuto un record storico di consensi dai suoi colleghi deputati. Questo dovrebbe segnalare la tenuta del patto tra Ppe e Socialisti, almeno per ora. Rieletta Pina Picierno come vicepresidente

AP/Lapresse

Ci sono stati pochi colpi di scena, finora, nella distribuzione delle posizioni di maggior potere dell’architettura istituzionale comunitaria, dopo che il carrozzone della politica europea si è messo in moto in seguito alle elezioni dello scorso 6-9 giugno. E forse, tra tutti i top jobs che stanno venendo occupati per i prossimi cinque anni, il più prevedibile era proprio la riconferma di Roberta Metsola alla guida dell’Europarlamento, avvenuta stamattina a Strasburgo.

L’elezione del presidente dell’Aula è il primo atto formale che segna l’inizio di ogni legislatura, la prima votazione che gli eurodeputati sono tenuti a sostenere per avviare il loro nuovo mandato. E così, la decima legislatura del Parlamento europeo si è aperta la mattina di martedì 16 luglio con la rielezione di Metsola sullo scranno più alto dell’emiciclo.

Dopo l’apertura ufficiale dei lavori da parte della stessa Metsola, in qualità di presidente uscente dell’Eurocamera, la votazione è stata indetta dalla vicepresidente Pina Picierno, eurodeputata dem riconfermata lo scorso giugno. Ma questo non prima che i presenti in Aula assistessero all’esecuzione dell’Inno alla gioia, che a sua volta ha seguito l’alzabandiera nella piazzola davanti l’edificio del Parlamento.

La rielezione di Metsola era ampiamente scontata: la scelta del(la) presidente dell’assemblea è una questione di accordi politici tra i due maggiori gruppi dell’Aula: i cristiano-democratici del Partito popolare europeo (Ppe) e i socialdemocratici dell’S&D, che tradizionalmente si spartiscono fra loro la maggior parte delle cariche apicali della Camera, incluse le presidenze delle commissioni parlamentari.

Stando ai trattati, il mandato da presidente dura due anni e mezzo (cioè metà legislatura), rinnovabili alla scadenza. Ma da prassi, appunto, Ppe e S&D si alternano alla guida dell’Europarlamento. Così, ad esempio, Metsola aveva presieduto la seconda parte della nona legislatura, succedendo a inizio 2022 allo scomparso David Maria Sassoli, deputato Pd e volto noto del Tg1. Nell’ottava legislatura, allo stesso modo, i socialisti avevano rieletto alla guida dell’emiciclo il tedesco Martin Schulz (già presidente nel secondo scorcio della settima legislatura), che aveva poi passato il testimone al forzista Antonio Tajani.

L’accordo politico tra le due maggiori forze parlamentari sembra dunque aver retto, con l’incarico che dovrebbe passare, a gennaio 2027, di nuovo nelle mani dei socialisti – verosimilmente ad un esponente dem nostrano o ad uno del Psoe spagnolo. Il Ppe ha dunque fatto retromarcia rispetto alle pretese, avanzate a metà giugno in occasione di un vertice informale a Bruxelles, di ottenere per sé non solo metà del mandato del presidente del Consiglio europeo (per questa carica, al contrario, la prassi è che il mandato di due anni e mezzo venga rinnovato alla medesima persona, che in questo caso è il socialista portoghese António Costa) ma anche la presidenza di Strasburgo per l’intera durata della legislatura.

Allarme rientrato, almeno per ora. Tant’è che Metsola non aveva reali sfidanti in questo voto, eseguito a scrutinio segreto cartaceo. L’unica altra candidata era Irene Montero, affiliata al partito spagnolo Sumar che a Strasburgo siede nel gruppo della Sinistra (The Left – Gue/Ngl), cui hanno recentemente aderito gli otto eurodeputati pentastellati. Montero ha ottenuto 61 voti, meno delle schede bianche o nulle (76), contro i 562 di Metsola.

I quali le hanno consegnato la vittoria al primo scrutinio, quando servono il cinquanta per cento dei voti validi più uno (in questo caso, la soglia era fissata a 312 voti su 623). Un plebiscito che fornisce alla presidente un mandato chiaro e forte e che supera tutti i suoi più recenti predecessori: ad arrivare più vicino, negli ultimi quindici anni, era stato solo Jerzy Buzek (Ppe), che nel 2009 aveva raccolto 555 consensi.

Nel discorso di accettazione Metsola, che di professione è avvocata, ha ribadito la linea già seguita durante il suo primo mandato: «A distanza di due anni e mezzo, voglio ancora che le persone ritrovino la fiducia e l’entusiasmo per il nostro progetto. La convinzione di rendere il nostro spazio condiviso più sicuro, più equo, più giusto e più equo. La convinzione che insieme siamo più forti e migliori. La convinzione che la nostra sia un’Europa per tutti».

E c’è stato pure spazio per una citazione di Alcide De Gasperi: «La tendenza all’essere uniti è una delle costanti della storia», ha ripetuto Metsola come diceva lo storico padre della Democrazia cristiana (e dello stesso progetto europeo). «Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno», ha aggiunto, sempre citandolo.

La neoeletta presidente ha quindi menzionato alcune delle priorità che intende sostenere durante il suo secondo mandato, tutte in linea con l’Agenda strategica discussa dai leader dei Ventisette un paio di settimane fa: difesa e sicurezza, autonomia strategica, competitività, completamento del mercato unico, azione climatica, diritti sociali, migrazioni, transizione digitale. E, naturalmente, la continuazione del sostegno all’Ucraina aggredita, accanto alle altre pressanti questioni dell’agenda internazionale dalla guerra in Medio Oriente al prossimo allargamento del blocco.

La presidente Metsola, che succede quindi a se stessa, viene da Malta, lo Stato più piccolo dell’Unione, ha 45 anni (classe 1979) ed è considerata un astro nascente all’interno del Ppe, da cui proviene anche la presidente uscente della Commissione Ursula von der Leyen – che sempre a Strasburgo cercherà il supporto dei deputati per il bis al Berlaymont, in una votazione fissata per giovedì e che potrebbe correre sul filo del rasoio.

È entrata per la prima volta all’Europarlamento nel 2013 con un’elezione suppletiva nelle liste del Partito nazionalista maltese, a seguito delle dimissioni dell’eurodeputato Simon Busuttil, e da allora è stata rieletta per tre legislature consecutive (2014, 2019 e 2024). Nel novembre 2020 è stata eletta prima vicepresidente dell’Aula, a seguito di un’altra dimissione (quella dell’irlandese Mairead McGuinness), incarico grazie al quale ha esercitato la presidenza ad interim dopo la scomparsa di Sassoli l’11 gennaio 2022. Il 18 di quello stesso mese è quindi stata eletta presidente con 458 voti: la più giovane della storia dell’istituzione, e la terza donna a ricoprire quel ruolo dopo Simone Veil (1979-1982) e Nicole Fontaine (1999-2002). Da quando esiste l’Europarlamento, nel 1952, si sono susseguiti alla sua guida trentadue presidenti, di cui diciassette dal 1979, quando sono state introdotte le elezioni dirette a suffragio universale dei cittadini dell’Unione.

Durante la giornata di oggi, infine, sono stati eletti anche i quattordici vicepresidenti dell’Aula, che insieme alla presidente e ai cinque questori (che verranno eletti domani) costituiscono l’Ufficio di presidenza (o Bureau). Al primo turno sono stati eletti tre vicepresidenti popolari (la tedesca Sabine Verheyen, la polacca Ewa Kopacz e lo spagnolo Esteban González Pons), cinque socialisti (la tedesca Katarina Barley, l’italiana Pina Picierno, il romeno Victor Negrescu, la danese Christel Schaldemose e lo spagnolo Javi López), due liberali (lo slovacco Martin Hojsik e la belga Sophie Wilmès) e un ambientalista (il romeno Nicolae Stefanuta). Per gli ultimi tre si è dovuto aspettare il secondo scrutinio: sono stati eletti due Conservatori (il lettone Roberts Zile e l’italiana Antonella Sberna) e un esponente della Sinistra (il francese Younous Omarjee).

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