Avete presente quel momento magico di quando entrate in una pasticceria, di quelle che prendono le cose sul serio però, dove l’aria è densa di burro e le vetrine invitano alla prima o alla seconda (che c’è di meglio?) colazione? Ecco, quel momento lì, in cui andate verso il banco indicando con sicurezza la vostra accomodante scelta, quella che fate ogni mattina da anni e vi regala un momento di semplice e conosciuto godimento. Riavvolgete il nastro, perché quello era il vostro passato, un’epoca lontana in cui il caffè o il cappuccino venivano accompagnati dalle pasterelle classiche, quelle che abbiamo sempre conosciuto: il cannoncino alla crema, la parigina, il bombolone, la brioche. E poi, lui, il signor croissant, o cornetto che in Italia siamo bravi a declinare regionalmente anche i nomi degli alimenti. Lui, la certezza di chi ha sempre fatto la colazione al bar. Spoiler: non esiste più. O meglio, esiste, ma forse più di ogni altro manufatto dell’arte bianca, in questo momento storico sta subendo una continua trasformazione, che potremmo definire anche mutazione genetica, visto che si sta mescolando con altri lievitati o dolci in generale, per diventare sempre qualcosa di diverso, giorno dopo giorno, pasticceria dopo pasticceria.
Qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato una riflessione interessante, dal titolo “Il croissant semplice è ancora il miglior croissant”. Il fulcro della questione era presto detto: in un’era di laminazione estrema e pasticcini ibridi virali, è il modello originale a rimanere una meraviglia assoluta.
Sarà capitato a tutti di vedere, infatti, croissant dalle forme più diverse. Oggi ce ne sono davvero di tutti i tipi, con buona pace anche degli austriaci che, per commemorare una vittoria in guerra, crearono la forma originaria del cornetto. Certo, nell’epoca contemporanea ne abbiamo viste di tutti i colori e dimensioni, e forse nulla ci sconvolge (o indigna) più. Il croissant che ha creato subito tendenza è stato quello cubico, creato nel 2018 dallo svedese Bedros Kabranian e reso famoso in Italia grazie alla Farmacia del Cambio di Torino che, l’anno dopo con Maicol Vitellozzi, ha lanciato il suo Crubik. Ma era solo un punto di partenza.
Se facciamo un giro sui social network, ci accorgiamo subito di come la situazione sembri sfuggire di mano. Su Instagram l’hashtag #croissant conta oltre un milione di post: di questi la maggior parte sono dedicati a croissant sferici, a farfalla o con forme tra le più improbabili, come scarpe, oggetti di uso personale. La lotta sembra essere quella a chi lo fa più strano. E la ragione forse è presto detta: bisogna vendere! In un’epoca in cui tutto ciò che è semplice pare non sia più requisito indispensabile per sopravvivere, i pasticcieri sfoggiano intelletto e creatività per attirare un maggior pubblico e far lievitare (è proprio il caso di dirlo) gli incassi. Più post su Instagram significa comunque più scontrini emessi. Rimane, forse, la base. Ovvero le caratteristiche principali da attribuire al croissant: tagli puliti e linee taglienti, arrotolato e completamente dorato, con un esterno abbastanza incrinato da rompersi in frammenti. Le macchie pallide e il gonfiore sono spesso segni di un croissant fatto con grassi idrogenati al posto del burro. Questo è l’inizio: oltre queste regole, tutto è possibile.
Anche il parigino Cédric Grolet ci è cascato, ha fritto i croissant e li hai anche incastonati in una crostata di frangipane, torta creata per l’Epifania. Proprio lui, che di certo non ha problemi di mancanza di clienti alla sua porta, e che di solito porta una pasticceria fatta di tradizione e tanta, tanta tecnica.
Croissant che si mescolano ad altro e trovano nuovi modi di esistere. In principio, circa dieci anni fa, fu il Cronut, creato dall’americano Dominique Ansel, una strana via di mezzo tra un croissant e un donut, fritto e glassato come la classica ciambella. Fu un successo. Oggi, abbiamo i crookies (ispirati ai croccanti biscotti), che sui social vanno per la maggiore, con milioni di like e commenti.
@naughtyfork A Crookie if you will
Esistono anche i moissant ovvero un croissant ripieno di mochi, dolcetti tipici della cucina giapponese dalla consistenza gommosa e morbida. In Corea hanno dato vita al croffle, un waffle realizzato con l’impasto del croissant, ma cotto nella sua tradizionale piastra.
@moribyan 🥐 croissants in the waffle maker are my new favorite dessert – not too sweet!
Tra i più particolari ci sono anche i cronigiri, croissant che si ispirano agli orientali onigiri. Li ha creati nel 2019 Aston Adiwijaya, pasticciere e youtuber, ma è con Le Levain Bakery di Singapore che sono stati consacrati al successo e alla vitalità. Qui li preparano in milioni di modi: ripieni di crema di pistacchio, panna acida allo scalogno, o peperoncino, e decorati su un lato con una sottile fetta di alga nori.
Oggi è possibile trovare questa creazione in moltissime pasticcerie in tutto il mondo. A Sydney, la Tenacious Bakehouse prepara i “Takoyaki croissant”, ripieni di insalata di polpo, e i “Dak-Galbi” conditi o con pollo piccante saltato in padella e verdure. A New York, il Cafe W, oltre ad aver messo il croissant in tazza e ricoperto di gelato, ha creato due diversi cronigiri con ripieni salati: uno con maionese e pollo uno con crema di formaggio e pancetta all’erba cipollina.
È moda? È necessità imprenditoriale? È semplicemente lo scorrere della gastronomia e la sua naturale evoluzione? Le domande sono tante, ma senza dubbio sarebbe buffo, nel tempo presente, rimettere in bocca la famosa frase, attribuita falsamente a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena: «Se non hanno più pane, che mangino brioche». Oggi, il popolo potrebbe rispondere con sguardi confusi e chiedere maggiori spiegazioni.