Nel 2023 sono state immatricolate nel mondo quasi quattordici milioni di automobili elettriche, il trentacinque per cento in più rispetto al 2022 e sei volte tanto rispetto a cinque anni prima, dice l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea): senz’altro un buon passo avanti verso la decarbonizzazione dei trasporti su strada.
Il problema – o meglio, uno dei problemi – è che le vendite si sono concentrate per il novantacinque per cento in tre sole aree del pianeta: Cina (per il sessanta per cento), Europa (per il venticinque per cento) e Stati Uniti (per il dieci per cento). Altrove, anche in mercati sviluppati come il Giappone, i veicoli elettrici hanno fatto fatica a emergere. L’agenzia stima comunque che nel 2024 le vendite globali cresceranno ancora, raggiungendo le diciassette milioni di unità, e che queste vetture conquisteranno una quota superiore a un quinto nelle vendite totali di auto.
La mobilità elettrica avanza, insomma, ma non lo fa allo stesso modo ovunque. Anche in Europa la situazione è parecchio diversa a livello dei singoli Stati: erano elettriche il trenta per cento delle auto vendute nei Paesi Bassi nel 2023, il sessanta per cento in Svezia e addirittura il novantacinque per cento in Norvegia, per esempio; di contro, in Germania la quota degli electric vehicles si è ridotta dal trenta al venticinque per cento. In Italia nel primo trimestre del 2024 le vendite di auto elettriche sono calate di oltre il venti per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’ostacolo più grande alla diffusione dei veicoli elettrici non è il pregiudizio ideologico ma il prezzo, che di solito è più alto rispetto ai modelli equivalenti dotati di motore termico. Su questo punto, l’Agenzia internazionale dell’energia sottolinea la differenza tra upfront retail price (cioè il prezzo di listino, quello che si paga al concessionario) e total cost of ownership (il costo totale di possesso di un’auto, tra carburante, riparazioni e così via).
I mezzi a batteria hanno un prezzo di partenza più elevato ma permettono nel tempo un risparmio sul costo d’uso perché hanno un’efficienza energetica maggiore e richiedono meno manutenzione, data la minor quantità di parti mobili e di fluidi. Il problema, scrive l’Iea, è che generalmente la differenza di prezzo upfront con le auto a benzina è tale da far salire il costo di proprietà delle vetture elettriche in termini relativi. E anche quando i modelli a batteria si rivelano vantaggiosi per i costi totali, i consumatori tendono a prestare più attenzione al prezzo iniziale, che rappresenta una spesa immediata e certa.
In sostanza, per favorire la diffusione delle auto elettriche bisogna renderle più abbordabili per l’utente medio, in attesa che si sviluppi un mercato dell’usato. Per raggiungere questa condizione, secondo l’Agenzia sono necessarie tre cose: più concorrenza tra le case produttrici, maggiori economie di scala e riduzione del prezzo delle batterie, il componente che incide di più sul prezzo finale.
«L’intensificarsi della concorrenza porta le case automobilistiche a ridurre i prezzi fino al margine di profitto minimo che possono sostenere», si legge nel rapporto. In parallelo, però, bisognerà lavorare all’espansione dell’infrastruttura di ricarica perché i timori degli automobilisti sulla diffusione delle colonnine – e dunque sull’autonomia di guida – li stanno orientando all’acquisto di veicoli di grandi dimensioni, che hanno sì un range ma anche un prezzo maggiori per via delle grosse batterie al loro interno.
Per comprare un’auto elettrica, insomma, si spende tanto anche perché si preferiscono i modelli voluminosi, come i Suv; di conseguenza, questa «attenzione sproporzionata […] sta facendo lievitare il prezzo medio» dei veicoli elettrici, «limitando il potenziale per raggiungere i consumatori del mercato di massa». Uno studio di Transport & Environment (T&E) dice che in Europa le auto elettriche di piccole dimensioni potrebbero raggiungere la parità di prezzo con quelle tradizionali già nel 2025 o poco dopo. A livello generale, comunque, il gap di prezzo sta cominciando a ridursi e potrebbe chiudersi entro il 2030.
Rimane però in sospeso una domanda: le case automobilistiche occidentali, che già scontano un ritardo tecnologico e di scala rispetto alla concorrenza cinese, riusciranno a far quadrare i conti con i ridotti margini di profitto dei veicoli piccoli?
E poi dobbiamo considerare la politica. A inizio luglio la Commissione europea ha imposto nuovi dazi sulle auto elettriche provenienti dalla Cina: lo ha fatto per tutelare la propria industria, andando a bilanciare le «sovvenzioni sleali» fornite da Pechino alle sue aziende, ma la mossa potrebbe tradursi in prezzi più alti per i consumatori nell’Unione. Il fattore-prezzo è cruciale nella transizione alla mobilità elettrica e i cinesi sono in vantaggio. Lo dimostra anche il caso del Brasile, uno dei mercati automobilistici più grandi al mondo, dove nel 2023 le immatricolazioni di veicoli elettrici sono quasi triplicate: il merito è stato dell’arrivo dei gruppi cinesi come BYD e Great Wall, i cui modelli, piuttosto economici, sono presto diventati popolari.
Se i prezzi di vendita scendono soprattutto per merito della concorrenza – che quando si fa intensa porta le case automobilistiche a ridurli «fino al margine di profitto minimo che possono sostenere», si diceva –, allora l’Italia ha un problema. Nel nostro Paese c’è un solo produttore di auto, Stellantis, e il governo sta faticando ad attirare altre aziende (si era parlato ad esempio dell’americana Tesla e della cinese Chery, ma quest’ultima ha scelto la Spagna). In più, anche i progetti di fabbriche di batterie stanno sfumando (prima Italvolt, poi Automotive Cells Company di Stellantis).
Le vendite di veicoli elettrici sono dipendenti dagli incentivi, come mostrano le analisi di MOTUS-E: i dati sulle immatricolazioni di aprile e maggio erano infatti molto negativi, mentre dopo l’avvio delle nuove agevolazioni a inizio giugno l’associazione ha registrato una crescita. Nei primi sei mesi del 2024 in Italia sono state immatricolate 34.709 auto full electric, il 6,2 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2023, anche se la loro quota di mercato rimane bassa, sotto al quattro per cento.