Sarebbe potuto essere, per Giorgia Meloni, un allineamento dei pianeti donna, un momento favorevole della sorellanza. Finalmente tante signore al potere che lei ha sempre pensato essere mediamente migliori dei colleghi maschi perché non si fanno prendere la testa dal testosterone, dall’aggressività che fa sbarellare e perdere il potere. E invece la presidente del Consiglio italiana non è per niente contenta di tutte queste donne che nell’atlante occidentale, nella parte del pianeta dove democrazia, libertà e urne hanno ancora un significato, sono già emerse e potrebbero sfondare il vetro di cristallo della Casa Bianca.
Cominciamo da vicino casa, Ursula von der Leyen, la prima donna a guidare la Commissione europea e che è stata per la seconda volta rieletta, cosa che non era mai successa a un uomo. E cosa fa Meloni? Le vota contro sia come presidente del Consiglio in Commissione europea che come leader dei Conservatori nel Parlamento di Strasburgo. Mettendosi, oggettivamente, dalla parte delle destre impresentabili e putiniane. Contraddicendo quelle metamorfosi che l’avevano sincronizzata in un percorso di avvicinamento al Partito Popolare, come le aveva suggerito Raffaele Fitto e Antonio Tajani. Il quale Tajani adesso si può permettere, giustamente, di affermare (lo ha fatto in un’intervista di ieri a Repubblica) che nessuno può dire a Forza Italia di non andare avanti sullo ius scholae perché non fa parte del programma di governo. E il voto contro Ursula, candidata del Partito Popolare, in quale parte del programma era scritto?
E ora vedremo che cosa la presidente del Consiglio riuscirà a mettere nel portafoglio del commissario Fitto. Sicuramente non potrà ricordare alla sorella d’Europa di esserle riconoscente dopo che le ha votato contro, né che l’Italia è l’Italia. E quindi, se dà una vicepresidenza esecutiva a Francia Germania e Polonia, deve darla anche a Roma. Oppure a nessuno. Ma lei non è all’opposizione perché non ha voluto contaminarsi con i Socialisti, i Verdi e i macroniani?
Se dio salverà gli Stati Uniti d’America, alla Casa Bianca entrerà una donna di origine indiana, sostenuta fermamente da un’altra donna afroamericana, moglie dell’ex presidente Barack Obama. Ora, la leader dei Conservatori europei deve per forza dire che il suo cuore (a rischio infarto) batte per Donald Trump, ma l’impressione, più che una sensazione, è che speri in un esito favorevole a Kamala Harris. Un’altra donna, appunto, sul cammino di Giorgia Meloni, quasi un destino cinico e baro perché quella signora considera gli amici di Mad Donald quanto di più lontano ci sia da lei e dai Democratici americani. Lo considerano un criminale.
Poi, come si è visto con Joe Biden, i rapporti tra Stati e Paesi occidentali hanno un’altra natura rispetto a quelli politici, fino a quando sulla politica estera, sull’Ucraina e sulla Russia marciamo insieme. E qualche scricchiolio ultimamente si è sentito dalle parti di Palazzo Chigi e del ministero della Difesa. Niente ancora di eclatante, ma se dovesse vincere Trump, che con il suo tocco magico di bacchetta risolverebbe la guerra ucraina, cosa potrebbe succedere?
Tornando agli affari di casa nostra, Meloni deve fare i conti con un’altra donna, Elly Schlein, una che nel 2008 e nel 2012 ha partecipato alla campagna elettorale di Barack Obama. Era una delle tante giovani volontarie che ha visto da vicino come vincono i Democratici e adesso, da segretaria dei Democratici, potrebbe vedere come rivincono. Sono i cerchi concentrici delle donne con cui Meloni dovrà fare i conti nelle prossime settimane, mesi e anni. Auguri.