Nei giorni di vacanza pugliese, Giorgia Meloni avrà la possibilità di fare un reset importante di questi ultimi mesi in cui ha inanellato una serie di errori. Quello meno pesante e più recente è di avere abboccato alle panzane anti-gender della federazione del pugilato guidato da un uomo di Vladimir Putin, perdendo tempo dietro alle boxer presunte transgender. Attaccando le autorità sportive appena ha messo piede a Parigi proveniente dalla Cina. E mentre era a Pechino, in visita di Stato, ha fatto pubblicare una lettera inviata a Ursula von der Leyen per confutare che in Italia la libertà di stampa non è in pericolo e che a mestare nel torbido siano alcuni giornali che le fanno la guerra. Come se la presidente della Commissione non sapesse le cose, non avesse canali autorevoli per distinguere Roma da Budapest. Ma sicuramente avrà pensato, la signora tedesca: dopo avermi votato contro, Giorgia non ha altro cui pensare? Con tutte le cose stanno successe nel mondo, una presidente del Consiglio, circondata da guerre vere che rischiano di trascinare il Medio Oriente in un gorgo di sangue, non riesce ad aver un distacco dalle piccole questioni domestiche? Continuando a salire sul ring, anche metaforici e testosteronici.
Un reset e studiare bene quello sta accadendo nell’economia europea, con la Germania a un passo dalla recessione e le conseguenze per l’Italia. Un reset alle polemiche da capo partito e valutar bene con il suo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti i conti italiani e la stesura della legge di bilancio 2025.
Dare uno sguardo ai mercati azionari in fiamme, capire le incertezze sulle prospettive delle aziende che investono centinaia di miliardi nell’intelligenza artificiale. Sta cambiando qualcosa nel quadro macroeconomico e noi, seduti alla pendici di un vulcano in piena eruzione, cincischiando sulle minuzzaglie o sulla storia criminale della destra e della strage di Bologna, che certo munuzzaglia non è ma che tiene una premier inchiodata ai neofascisti e postmissini dai quali dovrebbe fuggire alla velocità della luce.
Avrebbe bisogno di un reset in vista della ripresa politica che richiederà mente fredda e capacità di statista perché l’Italia non può permettersi distrazioni. Non è possibile rassegnarci al dilettantismo, alla piccola politica del passato che ancora tira per i piedi una premier quarantenne. Un Paese che deve tener botta sull’Ucraina soprattutto se la sciagura porterà alla Casa Bianca Donald Trump. Un Paese come il nostro non può rassegnarsi ai dna immodificabile dei suoi premier. Perché se dipendesse tutto da una persona, come il premierato che vuole introdurre nel nostro ordinamento istituzionale, siamo rovinati.
Ora si discute se le mosse di Meloni siano suggerite dal radicale Rasputin Giovanbattista Fazzolari, il cuore di tenebra di Palazzo Chigi. Oppure che siano dettate dalla spina nel fianco che rappresentano Matteo Salvini e quella destra Europa estremista che ha portato Meloni a votare contro von der Leyen sia al Consiglio Ue sia nel Parlamento di Strasburgo.
No, è tutta farina del suo sacco, giura chi le sta accanto. Avremmo preferito che non lo fosse perché un governo, e con esso un sistema economico, non può rimanere appeso ai piccoli Rasputin, al leader leghista che battaglia nelle retrovie putiniane. Non possiamo permetterci di giocare con le metamorfosi che vanno avanti e indietro come se fosse il passo del gambero. Prima o poi il gambero finirà in padella. Che ci finisca non sarebbe un problema: diverso se invece ci finiscono tutti gli italiani.
Per l’opposizione prepararsi diventa un imperativo, con tutte le formule possibili. Hanno solo perso tempo.