Il bipolarismo non muore maiLa scelta di Renzi di andare a sinistra porta i dissidenti terzopolisti verso Forza Italia

Alcuni dirigenti locali di Italia Viva, e anche qualche parlamentare di Azione, cominciano a capire che senza l’ex premier non può esistere un Terzo Polo, e quindi guardano a destra. Con buona pace di Marattin e Calenda

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Il contraccolpo della svolta di Matteo Renzi di entrare organicamente nel centrosinistra probabilmente comporterà uno spostamento a destra dei dissidenti, ai quali Forza Italia spalancherà le porte: più che rifondare il Terzo Polo, la strada conduce a Antonio Tajani nella sua versione berlusconizzata, nel senso di Marina e Piersilvio. Stiamo parlando di quei militanti e dirigenti che in questi giorni si sono fatti sentire con un documento che ha raccolto duecentosessanta firme (attenzione, sono accomunati dalla richiesta di un congresso vero di Italia Viva ma non hanno tutti la stessa linea, ci sono anche “renziani” che però pretendono un percorso democratico). Tra loro, Luigi Marattin ha già detto che «se questa forzatura andasse avanti sicuramente ne prenderei atto», cioè lascerebbe Italia Viva seduta stante.

Battaglia per il congresso a parte, tra chi dissente dalla scelta di Renzi emerge questa riflessione: «Non è che non essendoci il Terzo Polo allora Renzi esce, è che se Renzi esce non si può fare nessun Terzo polo», ci spiega il milanese Filippo Campiotti, trentenne milanese, ciellino, lasciando capire che se il leader di Italia Viva va a sinistra molti in dissenso andranno dall’altra parte: e le sirene di Forza Italia saranno irresistibili. A ben guardare, una conferma del bipolarismo.

È una novità forte rispetto allo schema di Luigi Marattin che ritiene che con la svolta di Renzi che va con il Partito democratico e compagni si aprirà uno spazio per un nuovo Terzo Polo, magari riagganciando a Carlo Calenda. Era una delle ipotesi iniziali prospettate da Renzi quando dopo la batosta alle Europee propose un Terzo Polo guidato da una terza persona (cioè né lui né Calenda) prima di virare decisamente per il rientro nel centrosinistra dopo che Elly Schlein aveva fatto cadere «i veti».

Tajani, fortemente sollecitato in questo senso dai figli di Silvio, sempre più insofferenti verso Giorgia Meloni e molto più aperti di un Ignazio La Russa sui temi dei diritti, appare ancora prudente ma comunque sintonizzato sull’idea di lanciare un’opa su quei dirigenti locali e militanti che non seguiranno Renzi. Tajani dopo l’estate potrebbe tentare di entrare a piedi uniti sui parlamentari di Azione più che quelli di Italia Viva (forse solo Naike Gruppioni potrebbe fare il salto a destra), dove Enrico Costa e le “solite” Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, verso le quali però gli azzurri non è che facciano ponti d’oro, sono da tempo in sofferenza. Qualcuno del giro della Carfagna sarebbe già passato “di là”.

La battaglia all’Assemblea nazionale di Italia Viva fissata per il 28 settembre vedrà molto probabilmente la vittoria del suo leader, ma lascerà sul terreno diversi dissidenti pronti a fare armi e bagagli, destinazione Forza Italia. Se sarà così, Luigi Marattin e Carlo Calenda dovranno fare i conti con la morte definitiva del progetto terzopolista e scegliere anche loro da che parte stare. E se dovessimo fare una previsione, quei due con il centrodestra non c’entrano niente.

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