Esotico italianoIl prodotto che non c’è

A Bellagio, da oltre vent’anni la cucina di Ettore Bocchia va in scena ogni sera senza smettere di raccogliere applausi restando fedele a un unico mantra

Con sempre maggiore frequenza tendiamo ormai a scegliere i nostri viaggi sulla base della cultura gastronomica del Paese ospitante. Le attività legate al cibo e alla ristorazione costituiscono un indotto senza eguali nel settore turistico e sono un fenomeno massivo capace di spostare volumi di pubblico impressionanti. E questo aspetto è anche spesso quel punto che sposta l’ago della bilancia nel scegliere un hotel rispetto a un altro.

Quanto investire oggi nella ristorazione alberghiera? Tanto, sempre di più e ne abbiamo anche parlato insieme recentemente. Per quanto sembri un principio nuovo a molti, c’è chi – vuoi per fortuna, vuoi per lungimiranza, vuoi per una semplice scommessa – ha iniziato a curare questo comparto ormai da tempo. Ben prima delle mode e prima che questa diventasse un’urgenza, come lo è diventata per la maggior parte delle strutture di lusso. Il Grand Hotel Villa Serbelloni in questo senso segna un esempio importante.

Situato sulla punta più estrema per promontorio di Bellagio, simbolo del Lago di Como, questa grande villa di metà Ottocento vola verso i suoi duecento anni di storia. Nata come casa di villeggiatura della famiglia bergamasca Frizzoni, venne trasformata successivamente in residenza di lusso per i viaggiatori di tutto il mondo. Soggiornandoci oggi, sembra che nulla di sostanziale sia cambiato rispetto a quando la famiglia si riuniva qui, in estate, per godere della pace lacustre.

Gli ambienti preservano un’architettura in perfetto stile Impero e Neoclassico, con dettagli liberty e talvolta alcuni accenni di rococò.
I pantoni più ricorrenti sono il rosa antico, il verde smeraldo, l’oro e il marrone che caratterizzano aree comuni suntuose e camere che sembrano riportare allo splendore di primo Novecento. In questa atmosfera così fascinosa per il turista mitteleuropeo e desueta per un italiano, c’è un aspetto di questa realtà che viaggia a una velocità completamente diversa. Viste le premesse, non è difficile indovinare a che cosa ci riferiamo.

Dal 1999 Ettore Bocchia è executive chef di Grand Hotel Villa Serbelloni, occupandosi in prima persona di tutta l’offerta di ristorazione della struttura. Dalle prime ore del giorno a notte inoltrata, è difficile non incontrare Ettore in cucina, in sala, in magazzino o in uno dei saloni della villa intento a fare da Cicerone a qualche amico curioso. Accanto alla proposta de La Goletta, il bistrot diurno informale, al Verris’ Bar, alla Terrazza Darsena e al Pool&Beach Bar, il vero protagonista è il Mistral.

Con i suoi quaranta coperti, di cui venti raccolti in una terrazza con una vista magnifica su lago e montagne, il Mistral non smette di far parlare di sé dal 2004, anno di apertura. Avvolti in un’atmosfera di grande classe e in qualche modo sospesa nel tempo, Bocchia porta in tavola una cucina fatta di eccezioni ed esclusività. Grazie a rapporti personali con i fornitori più piccoli, insoliti, remoti, autentici che lo chef ha scoperto negli anni e che non ha mai smesso di seguire e raccontare, al Mistral si mangia un prodotto che, di fatto, non esiste.

«Il prodotto che servo io non esiste. Non lo trovi da nessun’altra parte in Italia, per questo dico che non c’è. È la verità. Ti dirò di più… La qualità degli ingredienti del ristorante fine dining è la stessa che porto anche negli altri outlet dell’hotel. Chiaramente viene declinata in modo diverso ma non succederà mai, sotto il mio controllo, che a La Goletta venga servito un pollo peggiore di quello del Mistral. Credo che questo sia il vero valore aggiunto del nostro lavoro. Portare in tavola il privilegio di rapporti umani decennali, l’esclusività di una partita di scampi ad esempio – come mi è successo questa mattina – che servo a chi capisco possa apprezzare e riconoscerne il valore» ci racconta Bocchia in chiacchiere notturne.

La tipologia di clienti del ristorante è tra le più disparate, ma una cosa è certa. Nessuno bada a spese per un tavolo con vista in uno dei ristoranti più blasonati del Lago di Como, a casa del padre della cucina molecolare. Sì perché nell’esuberanza del personaggio risiede una cultura chimico-fisica non indifferente per un cuoco.

È il 2002 quando Ettore Bocchia presenta il primo menu di cucina molecolare. A lui si attribuisce l’invenzione di sette tecniche inedite di lavorazione, tra le quali l’utilizzo dell’azoto liquido in cucina (pensiamo ad esempio ai tanti sorbetti realizzati al tavolo con coltri di azoto fumante), la frittura degli zuccheri o l’uso dell’inulina come stabilizzatore. Nonostante possa sembrare artefatto e complesso, una volta seduti a tavola la cucina di Bocchia è un tiro a segno su ogni portata.

Le proteine utilizzate sono manipolate il meno possibile per preservarne croccantezza, freschezza, masticazione e gusto. Dal granchio della Kamchatka al caviale Asetra, dal fegato d’oca “etico” dell’amico Eduardo Sousa al tortello di pavone, fino all’agnello Label Rouge dei Pirenei, un vero gesto d’amore.

La tecnica utilizzata al Mistral non punta a creare un nuovo livello di lettura ma si concentra sull’esistente, sul prodotto, sul renderlo ancora più rimarchevole e memorabile. Ed è esattamente questo esercizio, di cura e celebrazione di un prodotto pressoché inesistente, che restituisce un senso attuale e un posizionamento presente a un indirizzo che diversamente sarebbe codificato come nostalgicamente anacronistico.

Courtesy immagini Grand Hotel Villa Serbelloni

Grand Hotel Villa Serbelloni
Via Teresio Olivelli, 1 – Bellagio (Como)

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