Un tempo c’era la pensione (mezza o completa): un servizio aggiuntivo rispetto al solo pernottamento che le strutture ricettive mettevano a disposizione dei clienti con un menu fisso per pranzo e/o cena e una proposta di qualità adeguata al livello dell’hotel. L’obiettivo era semplicemente quello di sfamare i propri ospiti e al tempo stesso offrire loro un legittimo motivo per interrompere le loro peregrinazioni turistiche per prendersi un momento di pausa.
Oggi invece la ristorazione negli alberghi vive una nuova era, con locali pensati come zone franche rispetto all’attività di hôtellerie dell’edificio in cui si trovano, aperte al pubblico esterno e soprattutto libere di sperimentare e proporre esperienze culinarie che prescindono dal contesto e restano affidate all’estro dello chef.
Oriente e Occidente in un solo luogo
Forti della neo-conquistata neutralità geografica rispetto al luogo in cui si trovano, i ristoranti d’hotel sono liberi di proporre uno stile di cucina personale, esotico piuttosto che basato su prodotti italianissimi in un contesto che parla di “altrove”. Ne è un esempio Seta, il ristorante due stelle Michelin situato all’interno dell’hotel Mandarin Oriental: una perfetta combinazione di design italiano e tocchi orientali, in cui lo chef Antonio Guida propone un approccio creativo e contemporaneo alla cucina italiana, unendo ingredienti tradizionali e tecniche innovative in un equilibrio coerente con l’atmosfera zen di tutta la location.
Viceversa Sachi è un ristorante giapponese all’interno di un hotel tutto italiano e dalla storia importante: si tratta infatti di uno dei due ristoranti presenti all’interno di Palazzo Cordusio del Beltrami (già Palazzo Venezia, nonché sede storica delle Assicurazioni Generali a Milano), dove lo chef Kyung Soo Moon propone una cucina essenziale, colorata e senza frontiere, basata su ingredienti pregiati e declinate secondo la filosofia kappo ryori (letteralmente “tagliare e cucinare”). Il risultato è un’esperienza a metà strada tra il kaiseki (con piccole portate d’assaggio) e lo stile da izakaya (tipico delle trattorie giapponesi più autentiche), senza trascurare il concetto dell’omakase, da vivere al bancone affidandosi allo chef.
Cenare a casa dello chef
Non solo far sentire gli ospiti a casa, ma invitarli letteralmente a casa propria: questo è l’obiettivo di chef come Giancarlo Morelli che, anche all’interno di territori neutri come gli hotel, hanno saputo dare vita a un ristorante fortemente identitario, in cui trovano spazio elementi concreti del suo passato uniti a dettagli che parlano della storia del luogo e la fanno rivivere, accrescendo il fascino del presente.
Morelli si trova al primo piano del VIU, il design hotel cinque stelle sorto laddove un tempo si trovava un centro sociale, in piena Chinatown. Uno spazio che il ristorante condivide con l’adiacente cocktail bar Bulk, dinamico e giovanile, ma all’interno del quale ha saputo ritagliarsi una dimensione propria, che riporta a un’altra epoca: quella delle credenze di legno delle vecchie cascine della Brianza (da cui proviene lo chef), delle zuppiere d’argento, dei menu illustrati a mano (utilizzando i colori ottenuti dagli ingredienti della cucina e stesi con gli strumenti tradizionali della cucina stessa), dell’antico (e cigolante) carrello dei formaggi che vengono serviti a fine pasto.
Per amplificare questa immersione nel passato e nei ricordi dello chef basta entrare in cucina e vivere l’esperienza del Friends’ Table, un angolo di casa con un tavolo in legno antico disegnato personalmente da Morelli che può accogliere da due a quattordici ospiti, che da qui possono osservare gli chef al lavoro. I piatti che non vengono scelti dal menu, bensì offerti come in una cena tra amici, dove si mangia quel che l’ospite ha preparato, con l’accompagnamento musicale del vicino giradischi, a disposizione degli ospiti insieme alla vasta collezione di vinili del padrone di casa.
Il lusso formato weekend
Ospitato all’interno dello storico Hotel Principe di Savoia (fondato nel 1927 e oggi parte del gruppo Dorchester Collection), il Ristorante Acanto risente inevitabilmente del fascino di un bien vivre fuori dal tempo, apparentemente cristallizzato in un’epoca che ha poco a che fare con la brulicante modernità della Milano circostante. Eppure anche qui vengono celebrati alcuni rituali della ristorazione più casual, almeno nel weekend, quando il menu degustazione e la proposta à la carte lasciano il posto all’informalità del brunch (qui chiamato “Pranzo della domenica”), con una vasta selezione di preparazioni dolci e salate servite a buffet e con in più la possibilità di aggiungere un piatto scelto dal menu.
Ma da quest’anno c’è una novità: per tutta l’estate il brunch di sabato e domenica viene sostituito dalla grigliata (di carne, di pesce o vegetariana), eseguita personalmente dal giovane chef Matteo Gabrielli, che con pochi e sapienti gesti compiuti nel dehors, di fronte a un particolare barbecue chiamato green eggs, trasforma ottimi ingredienti in piatti onesti, dai sapori riconoscibili. In fondo anche questo è un pranzo della domenica inteso come qualcosa di eccezionale rispetto alla quotidianità, da vivere non necessariamente in famiglia ma anche tra amici. Qui con in più il lusso di non dover trafficare con attizzatoio e carbonella!
Italia (in) Centrale
Situata proprio accanto alla Stazione Centrale, al settimo piano dell’Excelsior Hotel Gallia, Terrazza Gallia Bar & Restaurant è un luogo in cui la tradizione culinaria locale incontra il meglio del resto d’Italia, a partire dai territori limitrofi della Lombardia. Infatti gli chef a capo della cucina (i fratelli campani Vincenzo e Antonio Lebano) non sono solo sono interpreti moderni e ambasciatori di una sincera italianità, ma si avvalgono della consulenza dei tristellati fratelli Cerea del ristorante Da Vittorio, per proporre un’offerta gastronomica creativa e contemporanea che racconti l’amore per il mare e il sole della loro terra d’origine, ma che riesca anche a rendere omaggio alla tradizione gastronomica del resto d’Italia e alla cucina locale milanese e lombarda.
Tra i signature dish spiccano gli Spaghettoni “Miseria e Nobiltà”, dal nome del celebre film con Totò del 1954 (un piatto semplice, la cui base di partenza sono gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, in cui la miseria è rappresentata dal pane raffermo atturrato, e la nobiltà dal caviale di aringa) e la Terrina di Zucchine, fiori e formaggio di capra cilentana (un omaggio a un produttore di Paestum, terra di bufale, che invece di produrre mozzarella ha scelto di creare il miglior formaggio di capra). Ma in menu non mancano altri piatti iconici come la Pasta Mediterranea cotta in zuppa di pesce, palamita, tapioca, plancton, salsa orientale, la Cotoletta alla milanese (per due persone) e i Paccheri “alla Vittorio”. Al Gallia Lounge & Bar altri piatti da condividere che attingono a tutte le regioni d’Italia, talvolta mescolando le diverse tradizioni.
Non solo business
Un po’ decentrato rispetto alle più battute mete del giusto milanese, MaMì sorge all’interno del business hotel Meliá Milano, un cinque stelle lusso (appartenente a una catena spagnola di hôtellerie presente in tutto il mondo) situato nell’ex sede della storica azienda dolciaria milanese Alemagna, in zona City Life, uno dei quartieri più moderni e dinamici della città, a quindici minuti in metropolitana dal centro storico.
Frutto della recente ristrutturazione che ha interessato l’edificio, il ristorante è moderno, contemporaneo e internazionale, minimalista nelle forme ma accogliente per la sapiente scelta dei materiali degli arredi, per l’accostamento dei colori e per la presenza costante dell’elemento vegetale.
Il menu (elaborato congiuntamente da Roberto Picozzi, executive chef di Meliá Milano, e Pio De Filippo, lo chef di MaMì), intitolato “Storie di cucina italiana”, vuole essere un viaggio nelle tradizioni antiche e familiari del Bel Paese, ma anche un impegno per allontanarsi dal già visto, attraverso l’alleggerimento delle ricette territoriali e regionali di tutta Italia, la cura per l’impiattamento (talvolta giocoso, ma sempre in chiave gourmet) e l’attenzione ad andare incontro alle esigenze di ogni cliente, includendo opzioni vegetariane e vegane.
Inaspettati angoli verdi in città
Ortaggi, piante aromatiche, fiori eduli e frutti a chilometro (o talvolta metro) zero: anche nel cuore della metropoli non mancano realtà che vanno oltre il concetto di filiera corta puntando (almeno in parte) a una (forse utopica) autoproduzione.
Tra queste c’è l’Hotel Milano Scala, nel quartiere Brera, che porta avanti un’idea di cucina green & glocal basata sul raccolto proveniente dall’orto situato all’ottavo piano. Qui crescono i pomodori Sun Black (frutto di una ricerca e di incroci tra specie selezionate dalle università di Pisa, Reggio Emilia e Modena e caratterizzati dalla particolarità di concentrare in maniera del tutto naturale le proprietà antiossidanti dei pomodori e di altri frutti a buccia scura, come i mirtilli e l’uva nera), i pomodori gialli Corsa all’Oro (coltivati grazie al recupero di un seme antico portato in Europa dagli spagnoli e così chiamato perché il frutto ricordava una grossa pepita di colore giallo intenso, come il prezioso metallo), le altrettanto antiche fragole bianche della varietà Cuneo e quelle nere Giubilae, nonché fiori edibili come viole, nasturzi e margherite. Tutti ingredienti utilizzati dalla cucina dello Sky Terrace Bar per i suoi Botanici drink accompagnati da piatti ricercati e finger food, definiti a passo zero.
Luoghi ospitali attraverso i secoli
Per chi vuole immergersi totalmente in un’altra epoca, pur restando a pochi passi dai comfort della grande città, c’è la foresteria di Cascina Cuccagna: un complesso architettonico in zona Porta Romana, risalente al diciassettesimo secolo, presente nella mappa del Catasto Teresiano del 1722 col nome di “Cassina Torchio” e per lungo tempo appartenuto ai Padri Fatebenefratelli, che qui coltivavano le erbe officinali destinate all’Ospedale Maggiore.
Restaurata e riaperta al pubblico dal 2012, oggi offre servizi sostenibili e dall’impatto sociale positivo. Tra questi c’è l’osteria Un Posto a Milano, guidata fin dall’apertura da chef Nicola Cavallaro, che propone i piatti della tradizione italiana realizzati con ingredienti freschi e stagionali secondo la filosofia del chilometro “vero” : si tratta di un progetto di sostenibilità ambientale, economica e sociale che punta sulla valorizzazione di una filiera di piccoli produttori locali e artigianali, ma anche sul coinvolgimento dei giovani nel mondo della ristorazione e dell’accoglienza.
Qui, dove il tempo sembra essersi fermato e al tempo stesso aver prodotto nuove idee e iniziative all’avanguardia, restare per un aperitivo o soggiornare per una notte significa davvero respirare un’atmosfera autentica, compiere un viaggio, vivere un’esperienza unica.
E in fondo questo è il vero senso dell’ospitalità (sia essa per più giorni o solo per fugaci momenti trascorsi a tavola): permettere al cliente di entrare in un mondo altro, di evadere dalla propria quotidianità, ma al tempo stesso di ritrovarsi in situazioni e tra valori che gli permettano di sentirsi, in qualche modo, davvero a casa.
Seta, Mandarin Oriental
Via Andegari, 9 – Milano
Sachi, Palazzo Cordusio
Via Orefici, 26 – Milano
Morelli Milano, Hotel Viu
Via Aristotile Fioravanti, 4 – Milano
Acanto Restaurant, Hotel Principe di Savoia
Piazza della Repubblica, 17 – Milano
Terrazza Gallia Bar & Restaurant, Excelsior Hotel Gallia
Piazza Duca d’Aosta, 9 – Milano
MaMì, Meliá Milano
Via Monte Bianco, 60P01 – Milano
Sky Terrace Bar, Hotel Milano Scala
Via dell’Orso, 7 – Milano
Un posto a Milano, Cascina Cuccagna
Via Cuccagna, 2/4 – Milano