Sentimento anti-establishmentL’estrema destra minaccia anche la Romania

Il partito Aur è sempre più popolare e, dopo gli ottimi risultati alle Europee, potrebbe diventare decisivo nella prossima coalizione di governo

AP/Lapresse

Una grande coalizione formata da Socialdemocratici e Liberali governa la Romania dal 2021 grazie a un accordo che prevede la rotazione del primo ministro ogni anno e mezzo, e i piani prevedono di dare seguito all’alleanza anche dopo le consultazioni parlamentari del prossimo dicembre. Il dato sorprendente è che le tante divergenze tra i due ex rivali storici, divisi sin dalla nascita dell’esecutivo su pensioni, tasse, salari e provvedimenti contro il caro energia, non hanno minato la coalizione.

La Romania è stata, sino al recente passato, una nazione politicamente instabile con dieci premier che si sono alternati al governo tra il 2012 ed il 2022 ma la larga maggioranza parlamentare dell’esecutivo in carica, che dispone del settanta per cento dei seggi tra Camera e Senato, ne ha garantito la sopravvivenza. I cittadini romeni sembrano appoggiare i partiti di governo, come dimostrato da un sondaggio realizzato a giugno da Inscop, dato che i Socialdemocratici sono stimati al 29,4 per cento dei voti, più o meno quanto ottenuto nel 2020 e i Liberali al dovrebbero ottenere il 18,9 per cento dei consensi, in flessione di cinque punti e mezzo rispetto alle precedenti consultazioni. Il centrodestra paga, con ogni probabilità, il primo periodo di esecutivo guidato dal socialdemocratico Marcel Ciolacu. Alle recenti elezioni europee i due partiti hanno invece ottenuto più del quarantotto per cento dei voti.

Lo spazio occupato al centro dalla coalizione rischia, però, di favorire gli estremisti ed i partiti anti-establishment. Il medesimo sondaggio certifica che l’Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur), destra radicale nazionalista, è al secondo posto con il 14,7 per cento dei consensi mentre gli ultra-radicali di S.O.S Romania superano il sei per cento delle preferenze. La formazione è talmente estremista da essere stata rifiutata dall’eurogruppo Europa delle Nazioni Sovrane guidato da Alternative für Deutschland. Il movimento è critico di Unione europea e Nato, è stato accusato di antisemitismo, si oppone ai diritti degli omosessuali, è considerato vicino alla Russia e reclama il possesso dei territori romeni controllati dall’Ucraina a partire dal 1940.

L’Alleanza per l’Unione dei Romeni, il nome del partito principale dell’omonima coalizione, è poco più moderato ma spicca comunque per la contrarietà alle restrizioni imposte durante la pandemia, per la retorica contro la minoranza etnica ungherese che popola la Transilvania, per la volontà di riunificazione tutti i romeni anche annettendo i territori da loro popolati nelle nazioni confinanti, per la contrarietà a supportare l’esercito ucraino contro la Russia.

Alina Mungiu Pippidi, professoressa di Politica Pubblica Comparata presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, ha spiegato che la pandemia «ha grandemente favorito la crescita del partito perché erano il movimento anti-vaccini e in Romania, grazie anche alla complicità della Chiesa Ortodossa, metà della popolazione non si è vaccinata». Mungiu Pippidi ha inoltre aggiunto che Aur ha beneficiato dell’enorme supporto della diaspora romena che «è in buona parte formata da persone con basso livello di scolarizzazione, che vivono ai margini e lavorano stagionalmente in Europa». Il partito si è inoltre presentato come una forza anti-corruzione, un messaggio popolare in una nazione segnata dagli scandali di malaffare e più facile da sbandierare se non si è mai stati al governo.

I partiti estremisti beneficiano, essendo all’opposizione, dello scontento popolare legato alla situazione dell’economia e più in generale alle incertezze ed imprecisioni dell’azione di governo. Il rapporto della Banca Mondiale riferito al 2023 indica che la Romania ha fatto molti passi avanti in materia di crescita ma quest’ultima non è sufficientemente inclusiva e sostenibile dal punto di vista ambientale. Tra i punti critici si riscontrano gli squilibri regionali, i problemi istituzionali, la scarsità di forza lavoro qualificata, le mancanze della rete infrastrutturale e la vulnerabilità al cambiamento climatico. Nel 2023 la crescita è decelerata al 2,1 per cento rispetto al 2022 a causa dell’inflazione è della debolezza della domanda dall’estero. L’11,7 per cento della popolazione romena viveva con meno di 6,5 dollari e mezzo al giorno nel 2022, in leggero calo rispetto al 2021 e più in generale le famiglie che vivono in condizioni di precarietà sono state colpite in maniera sproporzionata dall’aumento dei costi energetici e dall’inflazione.

Freedom House, un’organizzazione non governativa che monitora il rispetto dei diritti civili e politici nel mondo, ha segnalato che in Romania persistono alti livelli di corruzione ed abuso di potere mentre una serie di casi legati alla lotta al malaffare sono stati chiusi dopo una sentenza della Corte Costituzionale.

Transparency International indica che la Romania è tra gli Stati più corrotti dell’Unione europea e che Bruxelles ha monitorato il suo sistema giudiziario sin dal 2007, anche se questi controlli dovrebbero presto essere rimossi.

Non mancano, però, altri segnali preoccupanti. Nella primavera 2023 la Camera aveva preso in considerazione un emendamento che avrebbe decriminalizzato i casi di abuso di potere in grado di provocare danni finanziari inferiori ai cinquantacinquemila dollari. L’emendamento, poi lasciato decadere, era molto simile ad un decreto di emergenza adottato dal governo socialdemocratico nel 2017 che aveva provocato diffuse proteste di piazza.

Le mosse dei partiti indicano una volontà di indebolire la lotta ai crimini finanziari, un problema sistemico che appare difficile da risolvere e che non può che danneggiare la credibilità degli esecutivi a vantaggio degli estremisti. Le elezioni di dicembre saranno inoltre cruciali per riconfermare il ruolo giocato dalla Romania sul fianco orientale della Nato ed in prima linea sul fronte ucraino, una congiuntura geopolitica molto delicata che richiede la massima collaborazione tra i partiti atlantisti ed europeisti per contrastare possibili tentativi di penetrazione provenienti dalla Russia.

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