Adattarsi o morireLa sostenibilità sociale delle funivie in montagna

Il trasporto su fune ad alta quota, come dimostra il caso di Cortina, può emergere come fattore chiave per riconvertire senza drammi il turismo montano, valorizzando le comunità locali e proponendo alternative valide allo sci

Una cabina della funivia a Cortina nel 1970 (LaPresse)

Il cambiamento climatico sta trasformando profondamente il nostro stile di vita, rivelando le insostenibili contraddizioni dell’evoluzione socio-economica degli ultimi decenni. Da un lato, assistiamo a una massiccia urbanizzazione; dall’altro, l’aumento delle temperature rende i centri urbani sempre più invivibili. Ultimamente si parla addirittura di scuole “inagibili” a settembre a causa del caldo, con la richiesta di posticipare l’apertura a ottobre. Anche il turismo riflette questa mutazione, con un ritorno significativo alle vacanze in montagna per cercare climi più miti. 

L’incremento dei flussi turistici può rivelarsi un vantaggio per le economie locali, ma non sta per ora riuscendo a fermare l’emorragia demografica che affligge le aree montane, con molti residenti che continuano a trasferirsi verso le città. Per sostenere la crescita del turismo in alta quota è essenziale proteggere, coinvolgere e rafforzare le comunità locali, garantendo la vita quotidiana (scuole, ospedali, servizi) di chi vive in montagna tutto l’anno, non solo durante le stagioni turistiche. 

Un esempio virtuoso di questo approccio arriva da Lagazuoi, nelle Dolomiti, dove da quindici anni si sviluppa un modello di turismo sostenibile integrato con il territorio. Questo progetto anticipa le tendenze che evidenziano la crescente pressione sul turismo d’alta quota. 

Del resto i dati della recente ricerca di JFC, azienda che svolge attività di consulenza turistica e marketing territoriale, sul turismo montano confermano queste dinamiche. In tutto il 2024 si prevedono oltre 6,5 milioni di arrivi, con un incremento dell’1,7 per cento rispetto al 2023 e del quindici per cento rispetto a dieci anni fa. La durata media del soggiorno, pari a 11,2 giorni, porterà a superare quota 73,2 milioni di presenze nelle aree montane e appenniniche italiane (+0,8 per cento rispetto al 2023), generando un fatturato complessivo di 5,565 miliardi di euro. Quest’anno, secondo le stime, il sedici per cento dei vacanzieri estivi ha scelto e sceglierà la montagna. 

Secondo il report, la montagna viene percepita come «rigenerante, rilassante e benefica», offrendo un distacco dalla quotidianità e dalle problematiche quotidiane, con un tasso di fidelizzazione del 47,1 per cento. Tuttavia, la popolazione delle aree alpine e appenniniche è diminuita dell’otto per cento dal 2013: una fenomeno che il turismo, per quanto in crescita, non può compensare. La vera vocazione turistica di queste aree può esprimersi appieno solo attraverso la valorizzazione del paesaggio, la cura del territorio nella sua complessità. 

Cortina d’Ampezzo, pioniera nell’invenzione del turismo sciistico, sembra essere una delle mete più resilienti e reattive, capace di anticipare mode e tendenze virtuose. Non a caso, nel 2024, la località in provincia di Belluno celebra tre momenti storici che l’hanno resa una best-practice nel turismo d’alta quota a livello internazionale: il centenario del primo impianto a fune di Cortina, i cinquant’anni di Dolomiti Superski e i sessant’anni della funivia Lagazuoi, tasselli fondamentali del comprensorio. Questi anniversari segnano un percorso lungo e inesorabile verso un turismo più inclusivo. 

Dolomiti Superski ha unito dodici valli del territorio dolomitico, trasformando la competizione locale in un’alleanza vincente. Ugo Illing, con la sua proposta dello skipass unico per tutte le valli dolomitiche, ha creato un sistema integrato di trasporto sciistico, un modello di successo ancora oggi. 

La funivia Lagazuoi, con i suoi seicento metri di dislivello, ha messo in dialogo il Veneto con il Trentino-Alto Adige. Nel 2018 la stazione di monte è stata trasformata e al posto della vecchia officina è stato costruito lo spazio espositivo Lagazuoi Expo Dolomiti: situato a 2.732 metri di altitudine, con i suoi 264 metri quadri è oggi un punto di aggregazione locale oltre che una meta turistica. «La montagna racconta se stessa dal proprio punto di vista», spiega l’ingegnere Stefano Illing, attuale consigliere delegato di Lagazuoi SpA.

Era necessario, continua, «che la sostenibilità della funivia non fosse solo ambientale, ma anche sociale. Volevamo che questo luogo diventasse non solo una meta turistica, ma anche un catalizzatore di cultura locale». Un esempio emblematico è la mostra Lettere dal K2, visitabile fino al 12 settembre, con cui l’associazione Scoiattoli di Cortina ha celebrato Lino Lacedelli a settant’anni dalla storica salita del K2, Scoiattolo anche lui. L’esposizione ha fornito l’occasione per una serie di incontri tecnico-scientifici, tra cui il recente convegno Laboratorio Alta Quota a cui hanno partecipato esponenti del mondo accademico e dell’esercito.

D’altronde, il turismo d’alta quota, sviluppato attraverso gli impianti a fune, rappresenta un modello di turismo potenzialmente più sostenibile, anche se il turismo a impatto zero rimane, per varie ragioni, una chimera. Molti impianti, tra cui quello di Lagazuoi, hanno scelto di alimentarsi con energia rinnovabile. Non solo: come spiega Illing, «il trasporto a fune ha un minore impatto ambientale poiché richiede proporzionalmente molta meno energia grazie a una minore incidenza degli attriti rispetto agli altri sistemi di trasporto. A ciò si deve aggiungere la considerazione che è un sistema reversibile: se un impianto cessa la sua attività, può essere smontato e rimosso con facilità. Al contrario, una galleria metropolitana non può essere altrettanto facilmente ripristinata, come dimostrano i numerosi tunnel abbandonati della metropolitana di New York».

Con il riscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacciai e la riduzione del manto nevoso, il turismo culturale e locale d’alta quota potrebbe quindi diventare uno strumento cruciale di riconversione turistica, offrendo un’alternativa sostenibile alla tradizionale stagione invernale basata solo sullo sci (che rischia di non avere un futuro). 

Non è un caso che tutte le principali aree servite da impianti stiano promuovendo programmi ad hoc per le attività estive, come ad esempio il Tramonto in quota del programma *L’estate in alto* di Skyway Monte Bianco o il Mottolino Fun Mountain dedicato alle biciclette a Livigno. Sono tutti segnali incoraggianti, di resilienza e consapevolezza da parte degli operatori che si occupano di turismo ad alta quota, ma la strada è ancora lunga e la vicenda della pista da bob di Cortina per le Olimpiadi invernali del 2026 ne è la conferma. 

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