CortocircuitoQuando l’overtourism lascia ai residenti le briciole della vita pubblica urbana

Ora più che mai, anche quando parliamo di vacanze, il primato dell’economia e dei numeri deve lasciare spazio al primato del valore: culturale, sociale, ambientale, lavorativo, comunitario

LaPresse

Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Ci stiamo lasciando alle spalle un’estate in cui i temi del sovraffollamento turistico, delle città non pensate per i cittadini e della privatizzazione di ogni metro quadrato di suolo pubblico sono stati costantemente ai vertici del dibattito. È una buona notizia, perché i veri cambiamenti avvengono quando si affina la sensibilità delle persone. Dopo tante letture e discussioni, nella mia mente è sbocciata una di quelle domande prive di una risposta univoca: qual è (e quanto è) il merito delle istituzioni dietro i numeri sempre più alti degli ingressi turistici? E, soprattutto, è un merito o una colpa?

L’overtourism è un fenomeno endemico e difficile da arginare nel breve periodo, anche perché segue logiche in grado di scavalcare le competenze comunali e regionali. Il turismo sfrenato, malsano e iper-standardizzato, quello che non crea alcun genere di valore (né per il viaggiatore, né per il luogo di vacanza) e fa solo male ai residenti e ai lavoratori essenziali, è stato innescato dai prezzi bassi dei voli aerei e dalla mancanza di regole in grado di porre un freno preventivo agli affitti brevi gestiti attraverso piattaforme digitali (Airbnb e Booking su tutte). 

Storicamente, il fine ultimo delle istituzioni che si occupano di turismo è quello di “fare numeri”, indipendentemente da tutto. Serve però un cambio di paradigma. Ora più che mai, anche quando parliamo di vacanze, il primato dell’economia deve lasciare spazio al primato del valore: culturale, sociale, ambientale, lavorativo, comunitario. Così facendo, con un po’ di pazienza, arriveranno anche le soddisfazioni economiche. Un obiettivo complesso, ma non utopico, nell’era in cui l’ottanta per cento dei turisti visita solo il dieci per cento delle destinazioni presenti sul Pianeta.

Qualche settimana fa, in una storia su Instagram che purtroppo non riesco a ritrovare, il sindaco di Milano Beppe Sala ha scritto di «essere abbastanza vecchio» per ricordare la trasformazione della città nel deserto dei tartari durante il periodo estivo, e che ora la situazione sta cambiando. Chi ha trascorso la settimana di Ferragosto nel capoluogo lombardo lo avrà notato: le metropolitane – complice anche la discutibile scelta di ridurre le frequenze per l’orario estivo – erano insolitamente piene e il centro pullulava di turisti internazionali in ogni momento della giornata. Scene quasi mai viste in una piccola metropoli abituata al cosiddetto “turismo business”, ma che nell’arco di pochi anni è stata travolta da un fenomeno – appunto – endemico, connesso solo in parte ai meriti (o ai demeriti) dell’amministrazione comunale. 

Di recente, l’Economist ha pubblicato una classifica delle venti città al mondo con più problemi legati all’overtourism (non significa “più sovraffollate”). Al terzo posto, dietro Amsterdam e Parigi, non compare Roma, tantomeno Firenze o Venezia, ma Milano. La lista è frutto di un un bilanciamento tra due dati riferiti al 2023: arrivi annui (internazionali) per residente e spesa turistica per residente. L’anno scorso, in base a questa metrica, i turisti ad Amsterdam hanno speso quattro volte tanto rispetto a chi ha viaggiato a Milano; a Barcellona più del doppio; a Dubai quasi il triplo.

Economist.com

«Se il numero di turisti risulta incredibilmente elevato in una città, la spesa pro capite sale alle stelle. Una Amsterdam con meno turisti sarebbe una città più povera. Il sovraffollamento ha alcuni lati positivi», scrive l’Economist. Anni fa Milano giocava però in un campionato diverso rispetto alle grandi capitali. Ora non è così, e non è per forza una buona notizia. 

Il 2023 è stato l’anno migliore di sempre per il turismo nel capoluogo lombardo, con gli arrivi che hanno superato nettamente (+14 per cento) il vecchio primato del 2019. Numeri incoraggianti, se presi singolarmente.  Ma associandoli alla spesa turistica, forse inizia a scricchiolare qualcosa: se i turisti sono tanti ma spendono poco, il loro impatto sulla città rischia di essere più alto rispetto al valore – in questo caso economico – che riescono a creare. Un po’ come avviene con i crocieristi, che dormono in nave e durante le visite a terra non hanno il tempo materiale per impiegare il denaro in esperienze di valore. Per Milano non è ancora il momento di guardare con preoccupazione al dato sulla spesa turistica, essendo in parte collegato a un numero di ingressi internazionali elevato ma non fuori controllo.  

Il problema di Milano è un altro. Lo scricchiolìo di cui sopra si trasforma in una crepa quando pensiamo, per esempio, allo stato delle piscine comunali all’aperto, che rappresentano per i milanesi una delle poche opportunità a basso costo per rinfrescarsi durante le ondate di calore estive. Stando a un’analisi a cura di Tommaso Goisis di Sai che puoi e dei professori di Urbanistica Antonio Longo e Alessandro Coppola, cinque degli otto impianti di proprietà e gestione comunale con una vasca outdoor e/o un solarium sono rimasti chiusi nell’estate 2024. 

Parallelamente, sempre a Milano, proseguono senza sosta i lavori per il più grande parco termale urbano d’Italia (ne avevamo davvero bisogno?), che sorgerà all’interno delle ex scuderie De Montel a San Siro; dietro al progetto c’è un investimento da cinquanta milioni di euro del fondo Infrastrutture per la Crescita – Esg (Ipc) di Azimut Libera Impresa Sgr (Gruppo Azimut), in partnership con Terme & Spa Italia. Al di là delle tariffe scontate per le fasce meno abbienti, il mastodontico centro termale privato (oltre sedicimila metri quadrati indoor e outdoor, dieci piscine, quattro saune, nove aree relax, ristorante bistrot, bar lounge e garden bar) è pensato soprattutto per accogliere le esigenze di un turismo medio-alto spendente. In più, potrebbe contribuire alla crescita dei prezzi delle case nella zona di San Siro.

Quando il turismo ha un impatto negativo sui residenti, lasciando loro le briciole della vita pubblica di una città, possiamo tecnicamente parlare di overtourism. Sta succedendo non solo a Milano (che è ancora in tempo per salvarsi), ma in tutte quelle città o cittadine travolte troppo rapidamente da quest’onda. «I centri urbani sono sempre più simili ad enormi centri commerciali, che allontanano chi non si adatta alle regole del commercio», scrive l’urbanista Elena Granata in un articolo intitolato “La città è gratuita o non è una città”. Uscendo dalle metropoli, poi, in Italia inciampi nella privatizzazione sfrenata e non sempre legittima delle spiagge, perché i balneari erano e restano una delle lobby più influenti nel nostro Paese. In montagna, nel frattempo, sta spopolando l’inquietante trend del “turismo dell’ultima occasione”, praticato da chi vuole ammirare i ghiacciai prima della loro fusione definitiva. 

Come contenere, insomma, il sovraffollamento turistico e tutte le sue “insostenibilità”? In generale, bisognerebbe promuovere i viaggi fuori stagione, diversificare le attrazioni, ridistribuire costi e benefici, coinvolgere i residenti, puntare sul turismo sostenibile e diffuso. Il biglietto d’ingresso in città da cinque euro sperimentato da Venezia fino al 14 luglio, invece, pare una soluzione miope e poco strutturale. Barcellona ci sta provando con lo stop agli affitti brevi entro il 2029; Amsterdam con il divieto di ingresso delle navi da crociera dal 2035; Copenaghen con i premi per i turisti che dimostrano di aver fatto una buona azione per l’ambiente; Siviglia con l’interruzione della fornitura idrica alle case vacanza non a norma.  

Il colpo di grazia, almeno in Italia, potrebbe arrivare dal cambiamento climatico, a sua volta aggravato dalle emissioni dovute all’incremento dei flussi turistici. È uno scenario non auspicabile, ma possibile. Stando a un nuovo studio dell’Università Ca’ Foscari, le coste italiane sono tra le mete più minacciate d’Europa dall’aumento delle temperature e degli eventi meteorologici estremi. Secondo la ricerca, zone come la pianura Padana, la Riviera romagnola, la Versilia, il Salento, il Litorale del Circeo, la costa meridionale Calabria, la Sicilia e il sud della Sardegna risulteranno sempre meno invitanti per i turisti a causa del caldo estremo, con conseguenze preoccupanti sulle economie locali. La costa dei Trabocchi, in Abruzzo, è invece una delle più esposte a trombe d’aria e raffiche di vento violente. Anche per questo, overtourism e crisi climatica devono rientrare nella stessa conversazione.

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