Notizie da WeimarL’avanzata dell’estrema destra e il nuovo bipopulismo europeo

Ai toni allarmati per il successo di Afd in Turingia e Sassonia occorre aggiungere l’exploit del partito rosso-bruno di Sahra Wagenknecht, Bsw, che con i neonazisti tedeschi condivide la netta contrarietà alla politica europea di sostegno all’Ucraina. Ma all’avanzata della destra e della sinistra filo-putiniana in Europa corrisponde anche la putinizzazione della destra e della sinistra italiana, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

(La Presse)

Molti giornali commentano oggi con toni comprensibilmente allarmati il successo dell’estrema destra tedesca di Afd in Turingia e Sassonia, cui occorre aggiungere l’exploit del nuovissimo partito personale rosso-bruno di Sahra Wagenknecht, Bsw, che con l’estrema destra, oltre all’ostilità verso migranti, liberali ed ecologisti, condivide la netta contrarietà alla politica europea di sostegno all’Ucraina (tu chiamalo, se vuoi, bipopulismo). Naturalmente, da destra, non sono mancati neanche stavolta gli osservatori pronti a cogliere l’occasione per elogiare Giorgia Meloni e l’attuale governo, con il consueto argomento dell’«argine», una specie di teoria omeopatica dell’estremismo, esattamente come a suo tempo, da sinistra, Pier Luigi Bersani elogiava Beppe Grillo come argine al populismo. Sta di fatto che solo pochi giorni fa, con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, l’Italia è stato l’unico paese europeo, oltre ovviamente all’Ungheria di Viktor Orbán, a schierarsi contro la richiesta di revocare le restrizioni all’uso delle armi fornite all’Ucraina per colpire obiettivi militari in territorio russo. Probabilmente la sola posizione assunta dal governo Meloni che la segretaria del Pd, Elly Schlein, si sia esplicitamente rifiutata di criticare. All’avanzata della destra e della sinistra filo-putiniana in Europa corrisponde purtroppo la progressiva putinizzazione della destra e della sinistra italiana.

Del resto, come ha scritto Christian Rocca nel suo editoriale, «siamo il paese che tra governo e opposizione ha almeno tre partiti sulla stessa lunghezza d’onda del Cremlino, più un altro concepito sul lettone di Putin». E con Fratelli d’Italia che ha già cominciato «il riallineamento sulla sua naturale posizione anti occidentale, come ai tempi in cui Meloni si congratulava per la vittoria elettorale del dittatore Putin, perché si prepara a un possibile successo di Donald Trump (e quindi di Putin) a novembre in America».

Nel merito, sulla questione dell’utilizzo delle armi, le parole più chiare ed esaurienti mi paiono quelle pronunciate sabato scorso dalla premier socialdemocratica danese Mette Frederiksen: «Non vedo segnali, nel comportamento russo in Europa o nel mondo, che mi convincano che si fermeranno all’Ucraina, indipendentemente da come alcuni pensano che potremmo porre fine a questa guerra. Quando osservo le loro azioni nei Balcani occidentali, quando vedo come cercano di destabilizzare la mia società con vari tipi di attacchi, o quando considero il loro comportamento in Africa, in particolare nella regione del Sahel, li giudico la minaccia più grande per l’Europa». Di conseguenza, ha aggiunto, «ritengo che questo dibattito accademico molto astratto su linee rosse e restrizioni debba finire ora. Si tratta di garantire che gli ucraini vincano la guerra, e sono felice di aver ricevuto il sostegno dell’intero parlamento danese, di tutti i partiti politici e della popolazione. Il popolo danese è molto vicino all’Ucraina, sostiene la sua causa e il governo danese è in prima linea quando si tratta di fatti e non solo di parole». Se c’è qualcosa di marcio, stavolta non è in Danimarca.

Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.

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