Veline e fake newsL’offensiva di Kursk funziona, e la Russia è sulla difensiva (ma non sulla stampa italiana)

Mosca ha evidenti difficoltà a contrastare l’avanzata dell’esercito di Kyjiv nel suo territorio. È una chiara indicazione di come si sta sviluppando la guerra in quelle zone, anche se a leggere i giornali non sembrerebbe

AP/Lapresse

«La controffensiva russa nel Kursk mette in crisi la strategia ucraina?». «Mosca avanza a Kursk». «Mosca riprende due villaggi nel Kursk». «Mosca al contrattacco nel Kursk, “liberati 10 villaggi”». «Contrattacco russo a Kursk: i soldati di Mosca attraversano il fiume Seym e colgono di sorpresa gli ucraini». «Contrattacco russo a Kursk: così Mosca ha sorpreso gli ucraini». «“Li schiacceremo”. Contrattacco russo a Kursk: riconquistati 10 villaggi. La conferma del maggiore generale Apti Alaudinov: “Abbiamo ripulito questi insediamenti, distruggendo il nemico che si trovava lì”». «Ucraina. Il successo (effimero) nel Kursk». «Perché l’attacco a Kursk è stato un errore che l’Ucraina rischia di pagare molto caro». «L’azzardo pericoloso di Zelensky a Kursk». «L’offensiva ucraina in territorio russo è un autogol: già oltre 1000 i morti e ora Mosca è autorizzata a prendere Kiev».

Ce ne sarebbero tanti altri, ma probabilmente bastano questi titoli a dare l’idea di un certo modo in cui i media italiani informano sulla guerra in Ucraina in generale e sull’offensiva del Kursk in particolare. Indubbiamente, è un conflitto da Prima guerra mondiale: di fronti a lungo statici, su cui è difficile avere riscontri di prima mano, e su cui una gran parte di ciò che viene riportato dipende da ciò che comunicano i due contendenti.

«Veline», si diceva una volta. Ci sono veline russe e ci sono veline ucraine, ovviamente. La prudenza richiederebbe di considerarle entrambe e poi metterle a confronto, tra di loro e con altri parametri. Il problema è che spesso il parametro è quello, se non proprio della simpatia per Vladimir Putin, dell’approccio «realista» secondo cui la Russia sarebbe troppo grossa per essere sconfitta, e dunque qualunque tentativo di resistere è condannato al disastro. Magari anche senza arrivare proprio al teorema estremo espresso da Alessandro Orsini alla Festa del Fatto, secondo cui «l’esercito ucraino non ha mai vinto una battaglia contro i russi». Ma poco ci manca.

Quando dunque il Cremlino ha annunciato appunto che la controffensiva era iniziata, subito la gran parte dei titoli ha dato per scontato che gli ucraini fossero spacciati. Per la verità, c’era anche un commento dei Servizi britannici secondo cui in realtà l’offensiva ucraina «continua a interferire con la logistica russa nella regione di Kursk», citando come esempio «gli attacchi che hanno distrutto i ponti sul fiume Seim». Secondo la stessa fonte l’offensiva, del tutto inaspettata per il Cremlino e di portata senza precedenti dall’inizio della guerra, ha costretto Mosca a mobilitare circa quarantamila soldati a Kursk, e la previsione era che il numero avrebbe dovuto essere aumentato a sessantamila o settantamila. A sua volta l’Institute for the Study of War di Washington confermava che la Russia ha iniziato a rispondere con maggiore forza nell’area, ma definisce i suoi progressi come «marginali». Ma queste potevano essere veline filo-ucraine.

Proprio subito dopo che era stata annunciata la «liberazione» di due altri villaggi, però, lunedì le autorità della stessa regione di Kursk hanno ordinato l’evacuazione obbligatoria di altri due distretti lungo il confine con l’Ucraina, poiché le forze di Kyjiv mantengono il controllo di una vasta fascia di territorio russo nonostante gli sforzi di controffensiva di Mosca. «Il centro di crisi regionale ha deciso di ordinare l’evacuazione delle città nei distretti di Rylsky e Khomutovsky, situati all’interno di una zona di quindici chilometri vicino al confine ucraino», ha annunciato il governatore della regione di Kursk Alexei Smirnov.

Questi distretti comprendono decine di villaggi e città con una popolazione complessiva attorno alle quarantamila persone, che si aggiungono ai centocinquantaduemila abitanti degli altri otto distretti che sono stati evacuati dopo l’inizio della offensiva ucraina, il 6 agosto. Insomma, dimenticando le veline da una parte e dall’altra, sono state le autorità russe ad ammettere che la loro controffensiva sta avendo talmente poco successo, da costringere ad aumentare di un quarto il numero dei loro civili in fuga.

Non c’entra niente direttamente, in teoria, l’altra notizia secondo cui Putin ha firmato un decreto per aumentare il numero dei militari delle forze armate a un milione e mezzo di uomini (da un milione e trecentoventimila) e il numero totale degli organici, compresi i civili, da 2.209.000 a 2.389.000. Ma c’entra invece indirettamente, specie se considerata assieme alla stima del Wall Street Journal sul milione di morti e feriti che avrebbe fatto la guerra. Qui non ci sono veline, perché nessuno dei due contendenti rivela le proprie perdite, pur parlando a volte di quelle altrui. Ma da fonti riservate e stime dell’intelligence occidentale risulterebbero per l’Ucraina circa ottantamila soldati uccisi e quattrocentomila feriti; per la Russia quasi duecentomila morti e circa quattrocentomila feriti. Insomma, con la tecnica del mandare masse umane al macello gli effettivi a Putin bastano sempre di meno.

Intanto, truppe ucraine avrebbero sfondato le difese russe da qualche giorno, penetrando nella regione già invasa del Kursk da un altro punto, molti chilometri più a ovest della testa di ponte precedente, e da lì potrebbero accerchiare le truppe russe impegnate nella controffensiva: lo annuncia l’unità del Gruppo Khorne della 116a brigata meccanizzata separata delle forze armate ucraine, citata da Rbc Ukraine, che afferma di aver attaccato la cittadina di Vesele, nel distretto di Glushkiv, riportando una nuova svolta «la scorsa settimana». Il portale di analisi DeepState quantifica la nuova area russa invasa in circa quaranta chilometri quadrati. Anche questa potrebbe essere una velina ma, appunto, si armonizza di più con i nuovi ordini russi di evacuazione.

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