AbsurdistanDietro i manifesti per Putin a Roma c’è la mano di un dirigente Cinquestelle

L’ex consigliere municipale Domenico Aglioti, sostenitore della prima ora di Virginia Raggi, è il generoso committente di numerose e costose affissioni 3x2 con lo slogan: «La Russia non è nostra nemica». Perché il Comune non le ha rimosse, come gli impone il suo stesso regolamento?

In queste settimane, Roma è invasa di affissioni pubblicitarie outdoor in cui campeggia lo slogan «La Russia non è nostra nemica» con l’invito a interrompere le forniture di armi all’Ucraina e a Israele, cartelloni 3X2 e vele che girano in lungo e in largo la città. Abbiamo scoperto chi ha affittato e pagato la campagna pubblicitaria nella Capitale. Dopo lunghe verifiche, abbiamo appreso che Domenico Aglioti, già consigliere municipale nella scorsa consiliatura nel quartiere Monte Mario (Roma XIV), presidente della Commissione Cultura e fondatore del Movimento Cinque Stelle a Roma, è il generoso committente della campagna pro-Putin che ha invaso Roma. 

Aglioti, animatore dei movimenti no-vax, anti 5G e putiniano, non è un militante qualsiasi ma è stato colui che ha lanciato e sostenuto Virginia Raggi, tanto da meritare una nozione biografica da parte della ex sindaca anche sul sito di Beppe Grillo. Raggi infatti scrive: «Insieme a Domenico Aglioti abbiamo costruito pezzetto per pezzetto il Gruppo del XIX Municipio andando a fare banchetti dovunque vi fosse un marciapiede sufficientemente largo»

Nel corso dei giorni scorsi, abbiamo contattato anche la società che ha stilato il contratto di affitto, la “Nuovi Spazi Advertising”, per comprendere a quanto ammonti la spesa per questa campagna, ma non abbiamo ricevuto risposta. Tuttavia raccogliendo le segnalazioni in giro per la città si possono contare una ventina di manifesti affissi che campeggiano da oltre due settimane e almeno cinque vele motorizzate che girano la città. Secondo alcuni esperti da noi contattati, l’ammontare di una campagna pubblicitaria con queste caratteristiche costa tra i trentamila e i cinquantamila euro. 

E qui si dipana il primo quesito: il signor Domenico Aglioti, cittadino semplice, militante pentastellato, con un passato da informatico presso Leonardo, ha sostenuto personalmente questa spesa o è stato aiutato da qualche entità  esterna? Fa parte di una rete formale o informale che ha sviluppato la medesima campagna in altre città d’Italia? 

Il secondo quesito è squisitamente politico: perché il Comune di Roma, così come le altre amministrazioni investite da questa campagna, non l’hanno censurato?  L’articolo 12-bis del Regolamento del Comune di Roma in materia di esposizione della pubblicità recita: «È altresì vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo delle libertà individuali, dei diritti civili e politici». 

La Russia, va ricordato, non è un paese come un altro, l’Unione Europea (di cui fino a prova contraria l’Italia fa parte) ha provveduto a sanzionare numerosi soggetti attori della disinformazione ai danni anche del nostro Paese, in Russia le comunità Lgbtq+ sono illegali, i suoi aderenti repressi, sanzionati, incarcerate e uccisi; stessa sorte tocca ai giornalisti, i dissidenti e gli attivisti delle associazioni non governative. 

In Russia, giova ricordare alle zelanti amministrazioni comunali, non è garantita nessuna libertà civile e politica, e  l’invasione criminale dell’Ucraina è solo l’ultimo crimine contro l’umanità commesso dal Cremlino.  Sarà per questo che la Russia non è nostra amica?

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