Giorgia Meloni esulta per la nomina di Raffaele Fitto tra i vicepresidenti esecutivi, con delega alla Coesione e alle Riforme. Un downgrade dell’Italia rispetto alla delega all’Economia che aveva Paolo Gentiloni. Ma, comunque, è andata bene per Meloni. Chissà se la premier sarà contenta che la delega all’immigrazione sia andata al Popolare austriaco Magnus Brunner, un esponente di un Paese che è in prima fila nella linea dura che dilaga in gran parte del Continente con il ripristino dei controlli alle frontiere. Tra l’altro l’Austria è pronta al voto (29 settembre) e rischia di trovarsi come Cancelliere il leader dell’Fpö, Hebert Kirkl, grande amico di Matteo Salvini.
È indiscutibile che per l’Italia sia un successo se consideriamo che la premier italiana nel Consiglio Ue si è astenuta sulla conferma di Ursula von der Leyen e gli eurodeputati di Fratelli d’Italia le hanno votato. A essere desolante è il quadro generale. Per fortuna Fitto è il più moderato ed europeista della compagnia: non avrà vita facile con il leader leghista e probabilmente con la stessa Meloni. Un indizio concreto è già possibile coglierlo nella Mission Letter che von der Leyen ha inviato a Fitto: la presidente gli ricorda che i fondi del Pnrr devono essere spesi entro e non oltre il 2026.
Il governo italiano e lo stesso Fitto, che di questi fondi è stato finora il responsabile, hanno cercato di convincere la Commissione a rinviare la scadenza. Lo stesso nuovo commissario italiano, in una audizione in Parlamento, aveva ammesso l’esigenza di «qualche ulteriore revisione» per la difficoltà di rispettare i tempi e le scadenze di realizzazione delle opere infrastrutturali. Ora vedremo se di questa necessaria richiesta Fitto se ne farà carico proprio all’interno della sua delega. E vedremo quanto premerà Roma affinché si allunghi la scadenza almeno di un anno. Su questo il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha il fucile puntato su Bruxelles.
Fitto non dovrà rappresentare il suo Paese, ma «le cause comuni» ha detto von der Leyen. Il problema rischia di essere proprio questo, perché nel programma di Ursula non c’è molto del report sulla competitività che Mario Draghi ha presentato ieri all’emiciclo di Strasburgo. Soprattutto per quanto riguarda il superamento del voto all’unanimità e il debito comune che per l’ex premier italiano non deve certo servire a finanziare la spesa pubblica e i sussidi ma, appunto, gli obiettivi comuni.
Meloni è euforica perché l’Italia è tornata protagonista in Europa, smentendo chi la considerava isolata. È riuscita a invertire la prassi della spartizione delle principali cariche tra i partiti della maggioranza che escludeva l’opposizione. Rimane comunque a capo di un governo sovranista, in bilico tra Viktor Orbán e Donald Trump, che vuole svolgere il ruolo di cerniera con i Patrioti di Matteo Salvini e Marine Le Pen, entrando nel governo dell’Unione. È l’effetto delle ultime elezioni europee e delle urne nazionali. Von der Leyen ha l’ambizione di essere una donna sola al comando, sostenuta dai Popolari sempre più sotto scacco, nei loro Paesi di appartenenza, alle destre più estreme. Sopratutto in Francia e Germania dove la Cdu-Csu, non a caso, ieri ha candidato alla Cancelleria Friedrich Merz, esponente dell’ala più conservatrice del partito, allievo dell’architetto dell’austerity tedesca ed europea Wolfgang Schäuble. In Germania si vota il prossimo anno e Merz è dato per vincente.
Nonostante il downgrade della delega dall’Economia alla Coesione, Meloni può dirsi molto soddisfatta, anche per come girano i suoi rapporti all’estero. L’altro ieri a Roma ha incassato il plauso del premier britannico Keir Starmer sulla gestione dell’immigrazione e il Piano Mattei. Chi invece non è soddisfatto è Salvini che, per la sua propaganda, la sta trascinando in uno scontro frontale con la magistratura. Ieri i Patrioti hanno convocato a Strasburgo una conferenza stampa di protesta dopo che l’aula aveva loro negato la discussione in plenaria del caso giudiziario della Open Arms. Per inciso: l’unico assente alla conferenza stampa era il generalissimo a Roberto Vannacci, poi recuperato in extremis.