Il governo tedesco è intervenuto sempre più spesso nell’economia. Molti tedeschi si sono indignati per le norme che impongono quali sistemi di riscaldamento possono utilizzare. E forse per la prima volta nella storia, un Paese ha volontariamente vietato il suo prodotto numero uno: le auto con motore a combustione.
In base a una direttiva dell’Unione Europea, tali veicoli non potranno più essere immatricolati dopo il 2035, provocando una grave crisi all’interno dell’industria automobilistica tedesca. Il Gruppo Volkswagen (Vw) sta affrontando una profonda crisi. La Germania è il malato d’Europa. Ma non è solo l’economia. Anche la libertà di parola viene limitata dalla correttezza politica e dalla cultura woke in Germania. Diversi sondaggi recenti hanno indicato che la maggioranza dei tedeschi non crede più di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, in particolare sul tema degli immigrati.
Un sondaggio condotto dall’Istituto Allensbach ha rivelato che solo il quaranta per cento dei tedeschi si sente in grado di esprimere realmente le proprie opinioni politiche. La televisione pubblica tedesca è dominata dalla sinistra; le altre opinioni non hanno quasi mai spazio. E chiunque critichi il fatto che milioni di immigrati in Germania si affidano al welfare viene subito etichettato come un estremista di destra.
Le persone che vivevano nella Germania dell’Est socialista (Ddr in tedesco) sono particolarmente allarmate dai recenti sviluppi, come è stato confermato per la prima volta dal rinomato istituto di ricerca d’opinione Insa in un sondaggio per un libro appena pubblicato di Katja Adler, deputata del partito liberale Fdp, intitolato “Rolle rückwärts Ddr” (letteralmente: “Ritorno alla Ddr”).
L’Insa ha intervistato un campione rappresentativo di adulti nati nell’ex Ddr prima del 1976. Ciò significa che gli intervistati più giovani avevano circa quattordici anni quando il Muro di Berlino fu abbattuto, la Ddr crollò e la Germania dell’Est e quella dell’Ovest furono riunificate.
La stragrande maggioranza degli intervistati era piena di speranza quando il socialismo è finito nel 1990. Come riporta il sondaggio, l’ottantuno per cento era d’accordo con la seguente affermazione: «Dopo la rivoluzione pacifica nella Ddr, speravo che le cose sarebbero migliorate».
Solo il tredici per cento non condivideva queste aspettative all’epoca, e il resto era incerto. Anche coloro che si identificano come appartenenti a una “sinistra moderata” erano ottimisti, con il settantotto per cento che concordava con l’affermazione di cui sopra. La percentuale era significativamente più alta tra coloro che si collocano politicamente “a destra del centro”, con il novantaquattro per cento.
Tuttavia, quasi la metà di questi ex cittadini della Ddr, per la precisione il quarantasei per cento, ritiene che «molti degli sviluppi negativi della Germania di oggi ricordano la Germania dell’Est socialista». Al contrario, il quarantatré per cento non è d’accordo. La percentuale di uomini che sono d’accordo è ancora più alta, il cinquantuno per cento, mentre la percentuale di donne che non associano la situazione attuale con la Ddr è leggermente più alta, pari a quarantasei, rispetto al quarantuno per cento che vede echi del loro ex Paese socialista nella Germania moderna.
Le percezioni variano in modo significativo anche tra chi è a sinistra e chi è a destra dello spettro politico. La maggioranza degli intervistati che si identificano con la destra dice di vedere legami con la Ddr, mentre solo un terzo di quelli di sinistra condivide questo sentimento.
Quando si chiede agli intervistati che dichiarano di vedere analogie con la Ddr in quali aree questo è particolarmente vero, il settantuno per cento di loro cita «le eccessive regolamentazioni governative che dettano lo stile di vita dei cittadini»; il sessantotto per cento dice «la paura di esprimere liberamente le proprie opinioni»; il sessanta per cento dichiara «la propaganda a favore del governo federale da parte della televisione e della radio pubbliche»; il cinquantasei per cento afferma «l’eccessivo intervento del governo nell’economia»; mentre il rimanente ventuno per cento ha fatto riferimento ad altri ambiti.
Un ulteriore dato che salta all’occhio è che gli intervistati che ora vivono nella Germania dell’Ovest sono significativamente più preoccupati di esprimere le proprie opinioni (settantasei per cento), mentre quelli che vivono nella Germania dell’Est sono particolarmente preoccupati della propaganda del governo alla radio e alla televisione pubblica (sessantatré per cento) e dell’intervento dello Stato nell’economia (cinquantotto per cento).
«Sono scioccata da questi risultati», afferma Adler. «Tuttavia, confermano le mie impressioni personali: molte delle persone nate nell’ex Ddr la pensano come me. Avevano grandi speranze, ma le loro speranze sono state soddisfatte solo in parte. Hanno visto la Germania regredire gradualmente verso un maggiore intervento del governo nella sfera sociale ed economica. Il governo si sta intromettendo nella vita dei cittadini in aree da cui semplicemente dovrebbe stare alla larga».