Sarà che mi sono arresa alla pigrizia intellettuale media, quella per cui non avete intenzione di capire il mondo se farlo implica leggere dieci righe, non avete voglia di fare nessuno sforzo che vada oltre la pagina d’apertura d’una app che avete sul telefono, sarà quel che sarà, ma alla quinta puntata della sangiulianeide sento di dover citare “Kaos”, che vi trovate in apertura di Netflix (almeno spero, almeno credo) e insomma è a portata di secolo analfabeta.
Il dettaglio interessante di “Kaos” è che Zeus è un povero fesso. Lo coglionano tutti. Il fratello gli scopa la moglie e lui le crede quando lei nega, un figlio gli arrubba un orologio che gli è carissimo e poi per tenerlo buono gliene restituisce uno simile e lui non se ne accorge. Quello che ha più potere tra gli dèi è uno cui non daresti da amministrare un condominio.
Per la stessa ragione per cui ci siamo inventati la categoria della raccomandazione – se la fascia di miss in gambissima l’ha vinta un’altra, è di certo perché è raccomandata, mica perché le mie cosce siano meno da premio – vogliamo anche pensare che dietro a ogni inciampo del potere ci sia chissà quale macchinazione: se loro sono arrivati in parlamento e io al massimo ho avuto uno scatto d’anzianità nella mia carriera di geometra, è di certo perché tramano.
Neanche fossimo in “Scandal”, leggo che la Boccia, a scaldare le mutande di Sangiuliano, l’avrebbero mandata questo e quell’altro politico dell’opposizione. Gente che non sa mettersi d’accordo sui candidati alle regionali sarebbe capace di sofisticate strategie seduttive tese a far cadere il governo. Certo, come no.
È interessante come lo stesso tic dell’a-me-non-la-si-fa riesca a unire la pretesa di sapere che dietro c’è sempre un secondo livello e al tempo stesso la determinazione a prendere per vera qualunque dichiarazione.
Maria Rosaria Boccia dice che ha cominciato a registrare perché Sangiuliano le ha detto «sei una donna, nessuno ti crederà»? È senz’altro verità rivelata, Maria Rosaria from Pompei ci sta dettando le tavole della legge, e non ha mica accroccato una frase così pronta per un carosello femminista su Instagram che non ci crederei neanche se Sangiuliano la dicesse davanti a me, macché.
Maria Rosaria Boccia dice che la telefonata con la moglie lui gliel’ha fatta ascoltare apposta, e noi ci crediamo come se le interviste fossero un posto in cui si dice la verità, come se avessimo visto un filmato delle circostanze, come se il ministro avesse confermato le proprie intenzioni, come non ci fossero altre spiegazioni. We want to believe.
Nell’antica Grecia (o in quella moderna di “Kaos”) credono ciecamente alle profezie – non solo i mortali, pure Zeus che si terrorizza per una ruga in fronte, neanche fosse Scalfari, perché la sua profezia dice che è da lì che andrà tutto a puttane – ma almeno quelle le scrivevano gli oracoli, almeno c’era una componente di trascendenza, almeno quelli non avevano l’acqua corrente in casa e l’alfabetizzazione di massa e non ci si può troppo meravigliare se pensavano che in cima a un monte ci fossero gli dèi.
Migliaia di anni dopo, migliaia di elettrodomestici dopo, migliaia di laureati analfabeti cui le mie tasse (le mie tasseeeee) hanno pagato gli studi dopo, noialtri crediamo ciecamente a Maria Rosaria da Pompei: ve l’avevo detto, che la fine della religione e il trasferimento del fideismo su roba tipo TikTok era la ricetta per il disastro.
E se provassimo a non illuderci dell’esistenza d’un secondo livello? Se le cose stessero proprio come appaiono? Se a una tizia che parla di dieta mediterranea (come fosse il 1982) bastasse avere un po’ di piglio per far colpo su un ambiente di miracolati senza gli strumenti per capire chi tenere a distanza? Quand’aveva venticinque anni, Cesare Cremonini mi raccontò che il suo trucco per far colpo sulle ragazze era far sentire loro, nell’autoradio della macchina, la base d’una nuova canzone, su cui cantare un testo che conteneva un nome variabile: era sempre il nome della ragazza a bordo in quel momento, era sempre «Questa l’ho scritta per te», ci cascavano sempre.
Se i ministri sessantenni avessero le stesse modalità seduttive dei cantanti venticinquenni? Se per un politico lasciar girare qualcuna per Montecitorio a fare i video con cui farsi bella su Instagram fosse l’equivalente del medico di provincia che per intortarti ti fa saltare la fila per le analisi, o del cuoco che ti prepara un fuori menu?
(Prima di correre a dirmi che no, come posso paragonare il cuoco che fa quel che gli pare nel suo ristorante col medico che fa saltare la fila a una bionda mentre i cittadiniiiii le liste d’attesaaaaa le nostre tasseeeee, vi prego di considerare che un’obiezione del genere mi porterebbe vicina alla morte per noia, per salvarmi dalla quale mi dovrebbero ricoverare in un letto del servizio sanitario nazionale, togliendo probabilmente il posto a una persona che vi è cara, e che sta morendo anche lei di noia giacché vi ha come interlocutori).
Io sono lieta che Maria Rosaria Boccia si sia imbucata dove non avrebbe potuto, e voglio credere che, come ha raccontato, un ministro le abbia dato il suo telefono da tenere mentre era su un palcoscenico, mancando della prudenza minima che avrebbe qualunque ragioniere o fornaio. Ci credo perché vedo il mondo e so che gli incapaci sono l’unica vera dittatura, quella in fessaggine è la laurea più diffusa, e i malvagi di genio ci sono solo al cinema; ma anche voglio crederci, mi fa piacere crederci, perché la cialtronaggine al potere è rassicurante.
È rassicurante sapere che quella richiesta di perdono in mondovisione con voce rotta è stata un’eccezione, un’americanizzazione che non muta il carattere nazionale; non siamo diventati calvinisti, siamo i soliti da tre pater ave e gloria e passa tutto, e la moglie del ministro lo aveva raggiunto in convento, mentre la più o meno dottoressa Boccia era impegnata a instagrammarsi. Sangy era lì, ci spiega il Corriere, non perché è il figlio naturale dell’Ofelia di “Amleto” e del commendator Alberto Nardi del “Vedovo”, ma perché sta scrivendo una biografia di san Francesco. Comprare i biglietti aerei a quattro volte il loro prezzo di mercato era un modo di fare ricerca sul voto di povertà, mi pare evidente.
Il fatto che uno pianti un casino rovinando la propria carriera per una che magari neppure gli ha concesso l’accesso alle mutande è la mia assicurazione sul fatto che non finiremo mai seriamente nei guai. Che se qualcuno volesse mandare i figli delle mie amiche al fronte, quel qualcuno probabilmente inciamperebbe nei propri piedi mentre va a firmare la dichiarazione di guerra. Che se qualcuno volesse fare un colpo di stato, lo farebbe fallire perché al momento buono si dimentica il pin necessario per confermare gli ordini ai militari. La mia assicurazione del fatto che siamo sempre quelli, italiani, che allorché in carriera fascista si fanno rubare la divisa di dosso mentre dormono: immaginatevi un po’ che regime solido possono instaurare.
Ogni vicenda italiana per cui l’opposizione cerca di convincere l’elettorato che ci sia da preoccuparsi è, invece, la rassicurazione che da noi neppure nella finzione televisiva si potrebbe immaginare un vicepresidente che ammazza una giornalista e nessuna telecamera nella stazione del metrò lo filma, e nessuno gli dà un coppino prima che la spinga sulle rotaie invitandolo a smettere di fare il pistola. Non siamo gente da “House of cards”, noialtri: siamo gente da “Il federale”.