La Thailandia non ha attualmente ristoranti con tre stelle Michelin, ma vanta sette indirizzi con due macarons della Rossa, tutti situati nella capitale Bangkok. Con piacere, si nota che la maggior parte dei ristoranti in questione propone cucina thailandese, motivo in più per dedicare del tempo ad almeno una di queste esperienze. Nel nostro caso, anche quasi per coerenza visto il percorso seguito nel corso del viaggio, siamo andati a trovare Supaksorn Jongsiri, detto semplicemente Ice. «The king of the Sounther regions», così lo chiamano tanti conoscenti e colleghi vista la sua incredibile conoscenza della cucina delle regioni del Sud. Ice non è cresciuto con il desiderio di diventare uno chef, ma allo stesso tempo la vicinanza e l’affetto per la nonna lo hanno tenuto sempre in qualche modo legato a pentole, fuochi e fornelli.
Proprio attraverso la cucina di casa, Supaksorn ha appreso il rispetto per l’ingrediente, per la sua provenienza e l’importanza della qualità del cibo. Dopo una formazione scientifica negli Stati Uniti, a Boston, e un master in cultural management, la passione per la cucina non ha mai smesso di emergere e farsi sentire. Arriva quindi un momento nella vita di Ice in cui si sente pronto per ereditare l’attività del ristorante di famiglia e farlo suo. Creare un nuovo brand, rinnovare il concept, evolverlo e mettere finalmente alla prova tutti gli insegnamenti e le ricette di famiglia. Inizia qui il percorso di questo giovane chef, attento alla tradizione e allo stesso modo spinto da una curiosità insaziabile verso i prodotti, senza distinzione e senza limiti.
La complessità di pensiero aumenta, migliorano tecniche e metodi culinari. I sapori diventano più articolati e complessi. Si celebra il passato, rispettandolo e tessendo con passione nuove combinazioni di ingredienti, contaminazioni da altri Paesi, prese di coscienza su un discorso gastronomico contemporaneo che tiene ben a mente le sue radici. Radici storiche, geografiche, culturali, elevandole a una complessità nuova e attraverso un servizio decisamente moderno (e unico per questo Paese).
Sorn – questo il nome del ristorante da googlare se vorrete prenotare – prevede un solo servizio ogni sera, alle 18.00, per un numero limitato di coperti invitati a seguire percorso degustazione uguale per tutti. È possibile scegliere un abbinamento di calici – che spaziano davvero in tutto il mondo – ma purtroppo non è prevista alcuna soluzione analcolica per chi desidera sperimentare altro.
Ogni piatto viene servito in accompagnamento alla materia prima di cui è fatto e nel suo stadio originale. Questo significa che frutta e verdura saranno profumatissimi, colorati e maturi, e allo stesso tempo uno splendido abalone sarà vivo e in movimento davanti a voi. Per chi se lo stesse domandando, è riportato in cucina all’arrivo della portata e no, non vi viene servito quello che vi è stato mostrato vivo. Tale azione è fatta per celebrare e rendere omaggio a una materia prima oltremodo rispettata per tutto il suo processo, fino al suo trattamento finale. Questo gesto è ripetuto per quasi tutti i piatti, portando all’ospite il non plus ultra della freschezza di ogni territorio.
La maggior parte degli ingredienti protagonisti sono pressoché introvabili in capitale – con le caratteristiche e qualità desiderate dallo chef – e provengono dalle quattordici regioni del Sud della Thailandia. Ice ha trascorso del tempo in questi territori prima di aprire Sorn, rivolgendosi direttamente a produttori, agricoltori, allevatori e imparando da loro come curarli e cucinarli. Se da un lato c’è grande modernità, la cucina di Ice è anche ricca di sapori confortevoli, piatti casalinghi elevati a una nuova dimensione per gusto e tecnica. Pensiamo all’omelette realizzata con uova biologiche, tiger prawn, scalogno e basilico dolce. Croccante fuori, scioglievole al suo interno, è servita con gamberi freschi e la giusta dose di neutralità e complessità capaci, insieme, di accarezzare e svegliare il palato.
Cara allo chef e considerato un vero e proprio signature della cucina è l’insalata di riso e germogli. “The Sea Holds the Forest” prevede una parte di riso cotto nelle pentole di argilla sulla brace (dove il riso cuoce risultando perfettamente verticale), una serie di verdure ed erbe fresche locali e una salsa di interiora di pesce fermentate. Un piatto che Ice definisce un vero e proprio «riflesso dell’eccezionale ecosistema della regione».
La cucina e l’approccio dello chef risuonano nel suo nome e in quello del ristorante, Sorn, derivato dal sanscrito sorana. Tradotto, indica una persona che fa affidamento su sé stessa per raggiungere benessere e prosperità per poi poterlo condividere con altri. L’essenza di questo indirizzo si condensa esattamente in questo concetto, in una visione che abbraccia la tradizione della cucina thailandese del Sud, la studia, la rielabora per poi tramandarla e condividerla.
Photo courtesy by Diego Arena – Sorn Restaurant