La cucina, concepita come ambiente, è qualcosa che va certamente oltre il mero spazio in cui si prepara il cibo, il nostro nutrimento. La cucina è una connessione tra le persone, è una dimensione gioiosa quasi sacra che purtroppo si è andata via via a perdersi nel tempo – soprattutto nella cultura occidentale – con l’avvento di uno stile di vita affannato, veloce che implica, inevitabilmente e sempre di più, una velocità anche nella preparazione e nel consumo dei pasti.
La cucina come luogo di ritrovo non è una prerogativa di tutte le culture, basti pensare ad alcune che negano o comunque non prestano attenzione all’aspetto conviviale dei pasti e che guarda a caso sono le stesse che hanno un rapporto con il cibo malsano. Noi italiani ci troviamo a tavola – altro luogo che incarna a pieno i nostri valori; mangiamo, parliamo e amiamo occupare a lungo quel posto a sedere. Così, la cucina è il luogo dove questa convivialità viene fabbricata, con lentezza, con cura, con amore. È un luogo intimo, ma allo stesso tempo quello di un’esperienza condivisa e universalmente riconosciuta e proprio per questo la sua valenza simbolica è difficilmente quantificabile.
La cucina come luogo di ritrovo non è una prerogativa di tutte le culture, appunto, ma lo è di molte più di quelle che dalla nostra italianità siamo portati a credere. Così com’è vero che entrare nella cucina di casa di qualcuno, mentre prepara il suo piatto preferito, è forse uno dei linguaggi non verbali che ci permettono di capire di più di chi quella cucina la abita tutti i giorni.
Da questi pensieri è nato il progetto “Cucine del Treno”, insieme alla volontà di raccontare una comunità, quella del quartiere Barca di Bologna, attraverso la sua cucina, promosso da Ramo d’oro Aps – un’associazione non a scopo di lucro fondata sull’energia e la passione di un gruppo di amici che, con talenti diversi ma complementari, condividono il desiderio di contribuire concretamente al bene della propria comunità. Questo è possibile attraverso la diffusione di una cultura dell’informazione alla portata di tutti, lo sviluppo di progetti per l’inclusione sociale, la progettazione e la realizzazione di interventi di riqualificazione estetica e funzionale di spazi urbani abbandonati e semiabbandonati, grazie a contributi artistici e creativi come quello di Housatonic, studio creativo attivo dal 2010 e presente nel quartiere Barca dal 2012, composto da quindici creativi e specializzato nella progettazione e facilitazione di percorsi collaborativi, attraverso il design delle interazioni, la facilitazione grafica di concetti complessi e la visualizzazione delle conversazioni, o come quello di Michela Balboni, fotografa freelance di Bologna classe 1982 che, nei suoi progetti fotografici, si occupa in particolare di valorizzare il cibo, il territorio e le persone ad esso connesse, e infine Spazio Salto.
Siamo nella periferia ovest della città, in un quartiere che mette in contatto la città di Bologna con Casalecchio di Reno e che ospita costruzioni architettoniche molto caratteristiche. Il nome non è casuale: Bologna era una città con canali navigabili e qui la stazione di traghettamento – già utilizzata nel diciassettesimo secolo e che era nei pressi della Certosa, il cimitero monumentale oggi patrimonio Unesco – prese presto il nome di Passo della Barca.
Qui, negli anni Cinquanta la costruzione di nuove residenze e negozi – per circa quarantamila persone, in particolare per molti lavoratori provenienti dal Sud Italia – fu affidata all’architetto Giuseppe Vaccaro che li progettò in collaborazione con il Cep (Coordinamento di Edilizia Popolare). L’inaugurazione avvenne nel 1962 e risale proprio a questi anni l’edificio che ancora oggi è il Treno: una struttura che ospita appartamenti sviluppata su due piani e che ricorda, appunto, un treno dotato di un ampio porticato.
Non sono mancati anni bui per questo quartiere, a lungo etichettato come luogo pericoloso della città.
Dal 2019 dalla collaborazione Azienda Casa Emilia-Romagna (Acer) della Provincia di Bologna e il Comune di Bologna è nato un progetto strategico di rigenerazione urbana e sociale all’interno del quartiere: il Treno della Barca.
Si tratta della riqualificazione di undici locali sia da un punto di vista infrastrutturale e di riduzione dei consumi energetici che da un punto di vista sociale, attraverso attività culturali e creative. L’edificio “Treno” si trova così al centro di una strategia di sviluppo urbano che è intervenuta su più fronti e che sta perseguendo l’obiettivo di dare vita a una comunità più coesa, attiva e ben integrata sul territorio, che possa collaborare alla gestione di spazi rigenerati rinsaldando il senso di appartenenza.
Sette locali ristrutturati all’interno del portico sono stati messi a bando e uno di questi è stato dato in concessione proprio a Spazio Salto, che si trova qui dal 2022 per portare una ventata d’aria fresca nel quartiere e per ascoltare chi ci abita. Al Salto ci sono realtà diverse, attività nuove o familiari, ci sono colori, iPad, libri, wi-fi gratuito, fumetti, vernici, giochi da tavolo, un muro su cui scrivere e tante altre cose che possono essere usate da chi entra come meglio crede. L’obiettivo è quello di dare opportunità alle persone di fare esperienze diverse da quelle finora incontrate e di confrontarsi con qualcosa di nuovo, avviando nel frattempo un dialogo con le organizzazioni già attive nella zona per trovare sinergie e innescare momenti di crescita e scambio per la comunità.
Spazio Salto e insieme agli altri promotori di Cucine del Treno hanno deciso di dare voce a un tesoro sconosciuto, che sta nella multiculturalità della comunità del quartiere attraverso la sua diversità culinaria.
Gli abitanti, su base volontaria, hanno aperto le porte di casa e della loro cucina permettendo di esplorare e documentare le tradizioni culinarie della loro famiglia, del loro Paese, consentendo così una mappatura fotografica e antropologica.
Il cibo diventa protagonista, superando le barriere delle differenze culturali: i tredici dittici fotografici che compongono la serie mettono sullo stesso piano luoghi e persone che oggi abitano lo stesso quartiere. Sette di questi hanno fatto la loro prima apparizione in pubblico dal 16 al 22 settembre 2024 presso il Ristorante Aziendale del MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia, un centro polifunzionale e spazio espositivo realizzato a Bologna dalla omonima Fondazione MAST dell’imprenditrice Isabella Seragnoli.
Il cibo diventa protagonista, superando le barriere delle differenze culturali, un ponte che unisce le persone, simbolo di inclusione e di apertura verso l’altro. C’è la feijoada brasiliana di Daniela e Cicera, il couscous di Laila, i tortelloni burro e salvia di Mara o la pita di Senada: le cucine della Barca diventano autentici luoghi di incontro e di scambio culturale.
Ci sono le storie di lavorazione e preparazione, che celano e accennano quelle di una vita di viaggi e incontri. C’è il profumo del mare che si mescola con il gusto delle spezie orientali, c’è il calore di un abbraccio familiare che si riflette in una pentola fumante di minestra. C’è la testimonianza di quanto le nostre radici e la nostra identità siano profondamente intrecciate a ciò che portiamo sulle nostre tavole.
Ma c’è anche, e soprattutto, la bellezza dei gesti delle persone che abitano il quartiere, il portare fuori dalle loro case momenti intimi e familiari, per restituire un volto e una visibilità a una porzione di città che appare spesso dimenticata e abbandonata al proprio destino.
In un periodo storico segnato da divisioni e da barriere, questo progetto vuole dimostrare come il cibo possa essere un potente strumento di connessione umana, capace di unire le persone al di là delle differenze culturali e linguistiche, ricordandoci che, in fondo, siamo tutti accomunati dal desiderio di condividere un buon pasto in compagnia di chi amiamo, in un posto così intimo e protetto, e universale: la cucina di casa.
Tutte le fotografie sono di Michela Balboni