AntropoceneLa cultura vien mangiando

A Milano due antropologhe stanno provando a cambiare il modo in cui ci approcciamo alla cucina internazionale, prendendo i commensali per la gola

Rossana Gambardella e Sabina Spada, foto di Giulio Mazzi

A marzo 2024 una ricerca di YouGov ha riportato che tra i primi dieci cibi ordinati a domicilio dagli italiani si classificano sushi, cucina cinese, cucina messicana e anche cucina thailandese, che supera la pasta e i prodotti di pasticceria. Sono dati che ancora una volta sottolineano come la fascinazione per la buona cucina sia una caratteristica nostrana, che travalica volentieri confini e continenti e non solo per quanto riguarda le consumazioni a domicilio.

Tuttavia se il piacere di ordinare un piatto di ramen o pad thai è cosa comune e risaputa, meno chiaro è il reale livello di consapevolezza di coloro che decidono di entrare in un ristorante che propone piatti di cucina cosiddetta etnica. Costoro conoscono gli ingredienti che stanno per assaggiare? Quanto ne sanno della storia del Paese dove sono stati inventati i piatti in menu? E delle leggende che ne circondano origine e diffusione? E cosa saprebbero raccontare del gusto a cui è abituato il palato di chi cucina quelle pietanze in famiglia, quotidianamente?

Spesso la risposta a queste domande è desolante, anzi, non di rado si ascoltano commenti di commensali divertiti dalla possibilità di scegliere piatti “a caso”, alla ricerca di un effetto sorpresa che forse potrebbe diventare lo svago di una serata, ma di certo non il risultato di un viaggio gastronomico. D’altronde però non è nemmeno così semplice riuscire a immergersi in una cultura centenaria attraverso una sola cena: a volte a mancare sono le competenze, il tempo o una buona guida, più che la volontà.

Foto di Giulio Mazzi

Proprio per soddisfare questa necessità, attraverso i potenti strumenti dell’antropologia culturale, sono nate nel febbraio 2023 le Antropocene, una serie di incontri culturali a tavola a cura di Sabina Spada e Rossana Gambardella, antropologhe di nuova formazione e autrici di Cose da Antropologhe.

Spada e Gambardella si sono incontrate per la prima volta tra i banchi dell’Università, mentre studiavano per quella che per entrambe era una seconda specializzazione in antropologia culturale, infatti la prima lavorava già da tempo come giornalista mentre la seconda era un’educatrice esperta. Questa peculiarità le aveva subito avvicinate, poi la passione per l’antropologia, sommata al mal d’India di cui ambedue soffrivano felicemente, avevano completato il connubio.

Ma andiamo con ordine: Cose da Antropologhe nasce – inevitabilmente durante una cena in un ristorante di cucina indiana – come un progetto volto a mostrare come gli strumenti messi a disposizione dall’antropologia culturale possano essere un aiuto valido per provare a guardare la contemporaneità da punti di vista diversi e comprenderne i fenomeni: dal cosplay ai tatuaggi, fino al concetto di aldilà, per arrivare naturalmente al cibo e alle sue mille versioni, interpretazioni, ruoli, all’interno delle diverse culture.

Ed è proprio dal cibo che Spada e Gambardella hanno deciso di partire quando hanno messo in moto il loro progetto, presentando la prima cena antropologica, o meglio: Antropocena, nel febbraio 2023 in occasione del World Anthropology Day 2023 dell’Università Bicocca di Milano. Si trattava di un esperimento da cui nemmeno Spada e Gambardella sapevano esattamente cosa aspettarsi: invitare a cena, in un locale specializzato in cucina indiana, una trentina di commensali e guidarli, piatto per piatto, a scoprire non solo la storia dei prodotti e delle preparazioni, ma anche come l’essere umano si definisca attraverso ciò che sceglie, più o meno arbitrariamente, di mangiare.

Foto di Gaetano Passarelli

Nonostante i timori e il fatto che fosse una prima volta per tutti, sia per Spada e Gambardella che per la loro idea, il risultato di quel primo incontro fu esaltante, tanto da spingere le due dottoresse a organizzare un calendario di serate che si è fatto sempre più fitto nel corso dei mesi e che ora si prepara a essere esportato fuori dalla città di Milano.

«L’impostazione di ogni cena cambia a seconda dei piatti proposti dal ristorante e degli spazi messi a disposizione» spiega Rossana Gambardella, «ma in genere il menu cerca di rispettare le abitudini dei Paesi d’origine; di conseguenza non è detto che si parta dall’antipasto per arrivare al dessert, ma accade più spesso che diversi piatti vengano consumati contemporaneamente, se la tradizione lo richiede».

«Gli invitati invece sono quasi sempre una trentina, e c’è chi è tornato più volte, anche perché ogni incontro si costruisce anche seguendo il dibattito che scaturisce tra i commensali» aggiunge Sabina Spada. «Si tratta di cene interattive: noi diamo gli spunti iniziali, raccontiamo storie come quella che si nasconde all’origine di prodotti come il curry, o proviamo a smontare pregiudizi culinari, ma poi è attorno alla reazione e alle domande degli invitati che si svolge la serata».

Durante gli incontri, però, Spada e Gambardella fanno molto di più che moderare le discussioni, difatti si impegnano a introdurre con pazienza e competenza tematiche raffinate e provocatorie, care al ragionamento antropologico, come l’idea che il gusto sia un concetto più labile e meno arbitrario di quanto crediamo. «Non è detto che ciò che noi consideriamo buono si possa dire tale in modo assoluto, o coincida con ciò che individui cresciuti in luoghi diversi considerano altrettanto buono» spiega Sabina Spada. «Dunque potenzialmente tutti potrebbero apprezzare e mangiare molte più cose, se riuscissero a superare i propri pregiudizi».

Foto di Gaetano Passarelli

Quelli che consideriamo i nostri gusti, quindi, secondo l’antropologia culturale in realtà sarebbero in gran parte frutto delle abitudini e dei condizionamenti culturali e sociali a cui siamo esposti sin dalla nascita. Un’idea che spesso non è così facile da accettare, ma che se fatta propria permetterebbe di ampliare notevolmente la varietà alimentare a cui esporsi quotidianamente, scoprendo molto di sé stessi, oltre che degli altri esseri umani.

Focus delle Antropocene dunque è l’idea che il cibo sia prima di tutto un prodotto culturale, fondamentale non solo in quanto nutrimento, ma anche perché carico di valori simbolici e essenziale per soddisfare numerose funzioni sociali e rituali. Durante le cene poi, attraverso la scoperta di sapori insoliti, viene illustrato non solo quale sia l’approccio dell’antropologia culturale sia nell’esperienza gastronomica che nell’incontro con ciò che consideriamo diverso, lontano, altro da noi, ma anche le caratteristiche di questa disciplina, i metodi che impiega, e soprattutto che cosa fanno oggi gli antropologi nel mondo contemporaneo.

Teorie antropologiche a parte, durante le Antropocene naturalmente si mangia e si mangia bene, anzi una delle regole ferree di ogni serata prevede che parola e cibo non si debbano mai sovrapporre: durante la degustazione delle portate Spada e Gambardella lasciano il giusto spazio ai sensi, e ne approfittano per assaggiare a loro volta i piatti tipici della cucina che tanto amano.

Foto di Giulio Mazzi

I locali che fino a oggi hanno ospitato le Antropocene sono il Namastè e il Dawat, ma per la nuova stagione sono già in calendario un incontro il 19 settembre al The Dhaba e il 10 ottobre di nuovo al Dawat, a Milano, e il 17 ottobre al Shri Ganesh a Torino. Tutte le informazioni sulle serate vengono divulgate attraverso la pagina Instagram Cose da Antropologhe, dove si possono anche scoprire gli altri incontri a cui partecipano le autrici del progetto.

Inoltre a settembre verrà inaugurata la nuova formula delle Antropocene a domicilio: Spada e Gambardella porteranno le loro divulgazioni antropologiche a casa di chi ordinerà il menu d’asporto speciale preparato in locali selezionati.

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