Tratto dall’Accademia della Crusca
Alcuni quesiti giunti alla redazione chiedono di far luce sulle costruzioni del verbo intimare.
Risposta
Chiariamo innanzitutto che si tratta di una voce colta, derivante dal tardo latino intimare, letteralmente ‘far entrare nell’interno (lat. intimus)’. Il verbo si trova usato nel Codice di Giustiniano con il valore di ‘far conoscere, notificare’. Questo significato passa all’italiano antico: nelle Prediche di Giordano da Pisa (inizio XIV sec.) si legge “Laonde fu loro dal Profeta intimato il giorno della desolazione” (cfr. Tommaseo-Bellini). Il verbo assume presto un significato più imperioso: “intimare la guerra a qualcuno” nelle Storie di Francesco Guicciardini (prima metà del XVI sec.) vuol dire ‘dichiarargli guerra’.
Si tratta in effetti di un verbo che funziona come performativo, perché non si limita a descrivere un’azione ma, nel momento stesso in cui viene pronunciato, realizza un’azione (nel caso specifico, un ordine). Anche nell’italiano contemporaneo il verbo è diffuso con il significato di ‘ordinare in modo perentorio (eventualmente con la forza dell’autorità o della legge)’.
Per quanto riguarda la costruzione sintattica, intimare è un verbo transitivo che richiede di regola tre argomenti: il soggetto (chi pronuncia l’ordine), l’oggetto diretto (il contenuto dell’ordine) e l’oggetto indiretto (a chi l’ordine è rivolto) introdotto dalla preposizione a: diciamo che “qualcuno intima qualcosa a qualcun altro”. Come evidenzia il dizionario Sabatini-Coletti, l’argomento oggetto diretto può essere espresso da un nome (es. “intimare al nemico la resa”) o anche da una frase: “intimare ai rapinatori di arrendersi”; inoltre, in situazione nota, l’oggetto indiretto può essere sottinteso: “intimare l’arresto”, “intimare l’alt”, “intimare lo sfratto”.
Si tratta, evidentemente, di espressioni usate in ambito burocratico. Rispetto a sinonimi come ingiungere o comminare, tuttavia, il verbo intimare è usato in una maggiore varietà di contesti; l’espressione intimare lo stop, per esempio, oltre che con il significato tecnico di ‘arrestare un veicolo’, si trova spesso usata nella stampa con quello figurato di ‘far capire che è arrivato il momento di finirla’ (es. “intimare lo stop al mantenimento della prole svogliata”).
Del verbo intimare è possibile formare il passivo; di regola, il soggetto della frase passiva non è la persona che riceve l’ordine, bensì ciò che viene ordinato: “Il ritiro dell’esercito è stato intimato dall’ONU”; “Gli è stato intimato l’arresto”; “il licenziamento può essere intimato per giusta causa”. Nel linguaggio giuridico è però diffuso il participio passato intimato con valore di sostantivo per indicare proprio la persona cui è rivolta un’intimazione (per es. di sfratto), e in particolare il convenuto (per es. l’inquilino moroso) nell’udienza di un giudizio civile (es. “L’intimato non si è costituito”).
Come ci segnalano inoltre alcuni scriventi, nell’italiano contemporaneo intimare è soggetto a cambi di reggenza: non è raro incontrare frasi in cui il verbo, alla forma attiva, prende come oggetto diretto la persona cui è rivolta l’intimazione e come oggetto indiretto un’infinitiva introdotta da a: “La intimo a pagare” in luogo di “Le intimo di pagare”. Si tratta di una costruzione ricalcata per analogia su quella del verbo obbligare (obbligare qualcuno a fare qualcosa); la reggenza della preposizione a (con valore debolmente finale) è del resto attestata anche nel sintagma giuridico intimazione (o intìmo) a pagare.