Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – In un mondo di Giovanni Toti, che invoca il cemento come strumento necessario per l’adattamento ai cambiamenti climatici (l’ex presidente ligure, in realtà, ha parlato di «polveri sottili», che nulla c’entrano con il clima, ma sorvoliamo), siate Friederike Otto. Classe 1982, è una fisica e climatologa del Grantham institute for climate change and the environment presso l’Imperial college di Londra.
Nel 2014, insieme al compianto Geert Jan van Oldenborgh, ha fondato il World weather attribution (Wwa), ente di ricerca che svolge i cosiddetti “studi di attribuzione” (cosa sono?). Da dieci anni, Otto e i suoi colleghi analizzano gratuitamente il rapporto causa-effetto tra il riscaldamento globale di origine antropica e i singoli disastri naturali, cercando di aumentare la concretezza di un’emergenza che riguarda ogni angolo del globo. Europa inclusa.
Secondo il Wwa, tre dei dieci eventi meteorologici estremi «più mortali» dal 2004 a oggi si sono verificati nel nostro continente, e il cambiamento climatico ha incrementato la probabilità e l’intensità di tutti i fenomeni analizzati. Per quanto riguarda le alluvioni nel Sud-est della Spagna, invece, è ancora presto per parlare di relazioni dirette con il clima in tilt, ma le prime analisi ci portano nella solita – inquietante – direzione.
Sui social, in un video diffuso dal Grantham institute for climate change and the environment, Friederike Otto ha ricordato – con gli occhi lucidi e la voce rotta – che non viviamo in un posto sicuro. La tragedia epocale della Comunità Valenciana è il conto salatissimo della sottovalutazione politica: ogni allarme dato in ritardo, ogni casa costruita in zone a rischio, ogni minimizzazione, ogni euro in meno in prevenzione e sicurezza, ogni colata d’asfalto al posto di superfici porose e ogni nuovo investimento nelle fonti fossili è un passo in più verso un continente inospitale.
«Lo abbiamo visto in Spagna, lo abbiamo visto tre anni fa in Germania: gli europei devono capire che sono molto vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico», spiega Otto, secondo cui «se insistiamo con gas, petrolio e carbone, la sofferenza continuerà». È un allarme che a primo impatto sembra banale, ma ha un’importanza siderale: fino a una decina d’anni fa ci sentivamo al sicuro, pensavamo che la crisi climatica fosse quel fenomeno che fa fondere i ghiacciai o innalzare il livello degli oceani in zone del mondo lontanissime. Non è mai stato così perché il Pianeta è uno, e non dobbiamo mai stancarci di dirlo. E di agire di conseguenza.