Minoranza UrsulaIl teatro di veti e contro veti europei rende ancora più fragile la Commissione Ue

Grazie agli interventi di Macron, di Sanchez e di Tusk, Von der Leyen ha superato indenne (per ora) le audizioni e attende il voto palese degli eurodeputati il 27 novembre, per capire se finalmente potrà iniziare a governare

Unsplash

L’Unione europea si è salvata per il rotto della cuffia, ma la sua fragilità è sin troppo evidente. In questi giorni a Bruxelles è andata in scena una commedia che nasconde irrisolti problemi politici dei gruppi della maggioranza che sorregge Ursula von der Leyen, la quale, invece di esercitare un ruolo da regista, è parsa in balia di qualunque onda. Capacità di leadership, zero.

Mai avuto il timone saldo tra le mani in un mare infestato di squali e squaletti di ogni colore. La situazione si è sbloccata in extremis. Ma solo grazie agli interventi dei leader che si trovavano al G20, Pedro Sanchez, Emmanuel Macron e Donald Tusk, che giustamente hanno preso per le orecchie i propri europarlamentari dicendogli di farla finita con i veti incrociati su Teresa Ribera e Raffaele Fitto, entrambi vittime di misere tattiche da condominio. 

Pessimo il Partito popolare europeo di Manfred Weber che ha strumentalizzato l’alluvione di Valencia; infantilmente settari i socialisti, la gran parte dei quali non vedeva l’ora di fare vedere quanto sono puri contro il fascista (?) Fitto. «La leader socialista Iratxe García Pérez ha mostrato la sua inconsistenza – ha scritto Francesca Basso sul Corriere della Sera, e meglio non si potrebbe dire – guidata solo da una preoccupazione: mettere in sicurezza il voto su Ribera che senza il Ppe non avrebbe avuto la maggioranza per superare l’audizione». Verdi e sinistra ve li lasciamo immaginare, i liberal-democratici di Renew in questo bailamme non si sono visti molto, ma almeno sono riusciti ad alleggerire le deleghe dell’ungherese Varhélyi.

Il 27 novembre a Strasburgo ci sarà il voto in plenaria sull’intera Commissione, e sarà a voto palese: la prova del fuoco per Ursula. I gruppi politici del Parlamento sono nervosi e attraversati da divisioni. Divisi i socialisti con il no molto probabile di tedeschi, francesi, belgi e baltici, e tanti mal di pancia degli italiani. «Sono orientato a dire di no con molta amarezza», ha detto un malpancista di professione come Marco Tarquinio.

Ricordiamo che l’ex capodelegazione Brando Benifei, vicino a Elly Schlein, nelle ore del braccio di ferro si era scagliato contro Fitto, ed era dovuto scendere in campo addirittura Sergio Mattarella con un endorsement a favore dell’ex ministro pugliese. 

L’Europa sbanda, dunque. Anche se la Commissione prenderà il largo, come ci si aspetta, è chiaro che sarà debole, perennemente esposta ai giochini dei popolari tedeschi – ormai in campagna elettorale – e alla pochezza politica del gruppo socialista; mentre, di contro, le destre nelle loro varie espressioni dono sono in agguato e, come si dice nel tennis, in confidenza. 

Di Ursula von der Leyen si è detto. Non appare in grado di governare la barca, tanto più di fronte al nuovo Imperatore degli Stati Uniti e alla decuplicata arroganza di Vladimir Putin. Purtroppo i politici europei sono così boriosi nella loro pochezza che non faranno l’unica cosa intelligente che bisognerebbe fare: affidare a Mario Draghi un ruolo decisivo nella difesa degli interessi europei. O fanno questo, con un sussulto di umiltà e di realismo, o il rischio di soccombere è grande, per il Vecchio Continente.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club