Profondo russoIl sogno europeo dei georgiani è soffocato dalla repressione del governo filo Mosca

Da Tbilisi a Kutaisi, passando per Batumi, Zugdidi, Gori e Telavi, le città del paese caucasico si ribellano alla decisione del primo ministro Kobakhidze di sospendere fino al 2028 i negoziati per l’adesione della Georgia all’Unione Europea

LaPresse

«Ringrazio tutti gli agenti di polizia e il ministro dell’Interno, che hanno tutelato il principio di proporzionalità e mantenuto l’ordine in viale Rustaveli»: così Irakli Kobakhidze, il primo ministro georgiano, ha commentato le proteste del 28 novembre a Tbilisi (ma anche a Kutaisi, Batumi, Zugdidi, Gori e Telavi) dopo l’annuncio del governo di sospendere i negoziati per l’adesione della Georgia all’Unione Europea fino al 2028 e di rinunciare ai sussidi finanziari da Bruxelles. 

Quella decisione annunciata dallo stesso primo ministro in conferenza stampa alle 18 del 28 novembre, è riuscita a scuotere la popolazione più di quanto abbia fatto l’opposizione per un mese, cercando di mobilitare i cittadini contro il governo di Sogno Georgiano, accusato di brogli elettorali e di agire in favore degli interessi della Russia. Un annuncio arrivato poche ore dopo la pubblicazione di una nuova risoluzione del Parlamento europeo, che non riconosce i risultati delle elezioni parlamentari del 26 ottobre, ritenute «né libere, né giuste» a causa delle numerose violazioni elettorali e dei casi di brogli con tecnologie che «hanno sollevato preoccupazioni per quanto riguarda la trasparenza, la segretezza degli elettori e la mancanza di una verifica indipendente». 

Gli eurodeputati hanno inoltre chiesto l’introduzione di sanzioni contro Kobakhidze, il sindaco di Tbilisi Kakha Kaladze, il presidente del Parlamento Shalva Papuashvili, e il fondatore di Sogno Georgiano Bidzina Ivanishvili; e condannato «l’interferenza sistematica della Russia nel processo di sviluppo democratico della Georgia». 

La risoluzione, approvata con quattrocentoquarantaquattro voti a favore, settantadue contro e ottantadue astenuti, è stata percepita dal primo ministro come un’imposizione inaccettabile, facendo riferimento alle richieste dell’Ue di ritirare la legge sugli agenti stranieri e quella contro la «propaganda Lgbt»: «Dobbiamo dimostrare ai politici e ai burocrati europei, cui mancano completamente i valori europei, che dovrebbero parlare alla Georgia non tramite ricatti e insulti, ma con dignità». 

Il punto di vista di Kobakhidze  – in contrasto con l’articolo 78 della costituzione, come hanno ribadito centocinquantuno diplomatici georgiani in una dichiarazione congiunta – però, non è stato accettato dalla popolazione (che sostiene l’ingresso nell’Ue all’ottantasei per cento). Così, viale Rustaveli è stato inondato di manifestanti che si sono riuniti spontaneamente davanti al Parlamento per protestare contro la scelta di Sogno Georgiano. A queste proteste si aggiungono quelle dei dipendenti del ministero della Difesa e dell’Istruzione scesi in piazza assieme a studenti e professori di quattro università che hanno annunciato la sospensione dei lavori. 

L’atmosfera è tornata a essere quella che si respirava in primavera, durante le manifestazioni contro la legge sugli agenti stranieri. Le persone erano – e sono – arrabbiate, spaventate dal futuro che gli si para davanti per guidarle verso Mosca: «Schiavi», «Siete russi», continuavano a urlare i presenti agli agenti dell’antisommossa. E la reazione del governo non si è fatta aspettare.

Il ministero dell’Interno ha subito pubblicato una dichiarazione in cui avvisava i cittadini che il presidio davanti al Parlamento «superava i limiti stabiliti dalla Legge sui raduni e le manifestazioni»: «Chiediamo nuovamente a tutti i partecipanti di agire nel pieno della legalità e di obbedire alle istruzioni fornite dalle forze dell’ordine. In caso contrario, saremo tenuti a usare le misure coercitive previste dalla legislazione georgiana». 

Alla folla di manifestanti, che continuava a crescere nonostante le intimidazioni del ministero,  si è aggiunta intorno alle undici – anche se solo per poco – la presidente Salome Zourabichvili, (premiata da Linkiesta donna europea dell’anno) che si è rivolta alle forze antisommossa dispiegate lungo le strade laterali del Parlamento: «Il vostro dovere non è dividere le persone. Servite la Russia o la Georgia? A chi avete prestato giuramento? Mi interesserebbe la vostra risposta. Non rispondete alla presidente? E per quanti lari vi siete messi al servizio di un altro Paese?». 

A quel punto, un altoparlante ha iniziato ad avvertire i manifestanti: «Indietreggiate, o saremo costretti a usare la forza». E poi è scoppiato il caos. Gli agenti hanno iniziato a tirare gas lacrimogeni e a spruzzare spray al peperoncino sui manifestanti, accanendosi particolarmente sui giornalisti. Il vento, però, ha giocato per tutta la sera a favore dei manifestanti, e il gas sprigionato dalle lattine di lacrimogeni ha fatto più male ai poliziotti che a chi protestava. Allora l’antisommossa ha deciso di inaugurare i cannoni ad acqua acquistati alla vigilia delle elezioni per sostituire i modelli «datati» usati in precedenza dall’esercito. Ma l’avanguardia ha respinto gli attacchi, alzando barricate improvvisate per difendersi dai getti d’acqua. E così le forze dell’ordine hanno deciso di chiamare i rinforzi. 

Come ci si aspettava da ore, da Piazza della Libertà – che si trova a una delle estremità di viale Rustaveli – sono arrivate le riserve di camion dell’antisommossa per cercare di disperdere la folla. I camion, dotati di idranti, hanno iniziato ad avanzare contemporaneamente da più direzioni, spingendo i manifestanti verso nord e allontanandoli dal Parlamento. All’acqua dei cannoni è stato mischiato uno spray urticante (anche se il sindaco Kaladze ha smentito la notizia, bollandola come «falsa» e «priva di senso», nonostante le foto e i video dei manifestanti in lacrime per lo spray), e tra la folla, che si aspettava di essere colpita solo dall’acqua, si è diffuso – anche se per poco – il panico. 

Così, le forze dell’ordine hanno approfittato del momento di disordine per aggredire chi protestava: secondo i dati del ministero dell’Interno sono state arrestate quarantatré persone con le accuse di vandalismo e resistenza a pubblico ufficiale. Ma è apparso evidente come la polizia sia ricorsa a un uso sproporzionato della forza contro i manifestanti, inseguendoli perfino dentro alle farmacie, e prendendo di mira soprattutto i giornalisti: Guram Rogava, della testata “Formula”, per esempio, è stato attaccato dalle forze speciali, che gli hanno procurato fratture al cranio e allo zigomo.

Chiunque stesse tenendo in mano una videocamera è diventato un bersaglio, non solo per la polizia ma anche per una serie di uomini privi di insegne identificative che indossavano passamontagna, caschi e maschere antigas. «Non ci sono posti sicuri in Georgia: nel cortile di una chiesa o dentro una farmacia, i robocop hanno inseguito ovunque i partecipanti per picchiarli e arrestarli… governo russo, metodi russi», ha commentato Zourabichvili su X

I manifestanti, però, hanno resistito: dopo avere aiutato i feriti e le persone colpite dai lacrimogeni e dallo spray al peperoncino, hanno iniziato ad alzare altre barricate usando tavoli, sedie, cassonetti, e accendendo dei falò per rallentare l’avanzata delle forze dell’ordine. 

Il Servizio investigativo speciale ha aperto un’indagine sull’«abuso di potere da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei partecipanti alla manifestazione e dei rappresentanti dei media». E l’Unione europea ha spiegato che il 16 dicembre il Consiglio Affari esteri discuterà le misure da prendere in risposta agli eventi in Georgia: «Quello che posso dire è che nessuna opzione è da escludere, inclusa la possibilità di revocare l’esenzione dell’obbligo di visto per i viaggi con la Georgia».

E così, mentre Kobakhidze si congratulava con il ministero dell’Interno per il lavoro svolto nella notte tra giovedì e venerdì, la presidente Zourabichvili esprimeva solidarietà con i suoi cittadini contro il «colpo costituzionale» messo in atto da Sogno Georgiano: «Oggi, questo governo illegittimo ha dichiarato non pace, ma guerra al suo stesso popolo. Al suo passato e al suo futuro. Al nostro futuro: perché alla fine di questa strada non c’è uno Stato della Georgia, non c’è indipendenza. Non c’è futuro, se non la Russia».

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club