La mia prima volta fu durante il primo anno di scuola superiore. Ero tra i pochi che non lo aveva ancora fatto, aspettavo solo il momento giusto. E quel momento arrivò in un giorno assolato d’inverno, decisi di saltare la scuola per attraversare il mare e andare a mangiare il mio primo panino di McDonald’s. Nessuno mi aveva detto che avrei dovuto usare la protezione. Quella gastrica.
Nella Messina di inizio millennio la più grande catena di fast food d’Italia non aveva ancora aperto un ristorante (la prima apertura siciliana è del 1997, a Palermo) e quello che somigliava di più al sogno del fast food americano era il PK, una paninoteca stile diner, in centro. Lì gli adolescenti che marinavano la scuola (sparare, in messinese) spendevano i soldi in patatine fritte e hot dog, ma il vero passatempo di chi saltava la scuola in riva allo Stretto era di stare ore sul ponte di un traghetto, a fumare sigarette e immaginare il futuro facendo la spola continua tra Sicilia e Calabria. E così iniziò la mia prima esperienza di turismo gastronomico, su un traghetto che mi avrebbe avvicinato al McDonald’s di Reggio Calabria.
Addentai il mio primo Crispy McBacon – il panino con manzo e bacon –, seguirono le prime patatine e il primo gelato alla vaniglia con gli Smarties, il McFlurry. Un’esperienza memorabile per me, meno per la mia compagna di banco Eleonora che, essendo più navigata – letteralmente –, c’era già stata altre volte al Mc di Reggio Calabria ed era disillusa, giustamente.
Da quel McMenu pagato in lire sono passati ventiquattro anni. Nel frattempo, siamo stati colpiti da una pandemia mondiale, abbiamo rotto il clima e agganciato i tappi alle bottiglie, rivisto le nostre sensibilità alimentari e celebrato i cuochi in tv. Il tutto si è svolto sotto l’occhio di tre generazioni che crescevano, i Boomer, la Gen X e i Millennial, e altre che nascevano come la Gen Z e la Gen Alpha. Tutte loro insieme hanno cambiato le abitudini alimentari collettive, modificato i contenuti degli scaffali del supermercato, hanno fatto evolvere – in alcuni casi involvere – la ristorazione.
E adesso il gusto è un affare generazionale. Non si parla più di vino preferito dalle donne – e di questo siamo grati a tutte le divinità –, ma di vino preferito dai Millennial (i nati tra 1980 e 1996). La generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012), poi, è abitudinaria in ciò che mangia, mentre i Boomer (i nati tra il 1946 e il 1964) amano la frutta.
Le generazioni sono un campione perfetto per marcare le differenze della società nel tempo. I papà di oggi non sono come i papà degli anni Ottanta, infatti questi cambiano anche i pannolini. Lo stesso vale per le mamme, che invece di stare a casa a cuocere il sugo portano i figli al ristorante e pagano il conto con i soldi del proprio stipendio. E poi ci sono gli adolescenti, che mostrano abissali diversità comportamentali tra generazioni. Tutti sconvolti quando ci dissero che la Gen Z è disinteressata al sesso, a differenza degli adolescenti Millennial che pensavano solo a quello. Ma c’è una cosa che tutti questi giovani delle ultime tre generazioni hanno in comune: la frequentazione assidua dei fast food.
La combo adolescenti/fast food è ben fissa nella nostra mente e ci sembra naturale, ma come è possibile che adolescenti così diversi tra loro, segnati da eventi e tempi molto diversi, si riconoscono e si ritrovano in un luogo che, nella sostanza, non è mai cambiato?
Fatta eccezione per un ammodernamento dei locali e un diverso posizionamento della comunicazione nel corso degli ultimi venti anni, una catena come McDonald’s (arrivata in Italia con il primo ristorante nel 1985 a Bolzano) è rimasta piuttosto uguale nel servizio e nell’offerta gastronomica. Quarantenni e sedicenni sanno come funziona un McDonald’s, sanno cos’è un Big Mac e, probabilmente, avranno anche lo stesso parere su di esso. Sono rari i casi in cui adulti e adolescenti hanno la stessa percezione di una cosa. Per esempio, le ultime tre generazioni hanno in comune uno stretto rapporto con i social network, ma l’esperienza con questi è estremamente differente per ciascuna generazioni. E lo stesso potrebbe valere per una pizzeria storica di quartiere: stesso luogo, esperienza diversa in base alla generazione.
Poi c’è il McDonald’s, così semplice e così codificato che non cambia percezione al cambiare delle menti. Una specie di Monopoly del cibo: una certezza dalle regole universalmente conosciute.
Non è un caso se, secondo il Rapporto sulla Ristorazione di Fipe (di cui abbiamo parlato qui) i fast food in Italia «nel 2023 hanno raccolto circa l’undici per cento dei consumi delle famiglie nella ristorazione, segnando quasi un raddoppio della quota rispetto al 2011».
Il motivo di questa crescita è sicuramente da attribuire ai più alti costi che una famiglia deve affrontare al ristorante, tanto che alla fine è più propensa a optare per un più controllabile menu da fast food. Lo stesso vale per i più giovani, che prendono di mira cibi economicamente convenienti.
Sul tema, sono assai interessanti i numeri sulla generazione Alpha. Stando ai dati del primo rapporto sulle abitudini degli adolescenti realizzato da Pixpay (la startup francese dedicata al teen banking), il quaranta per cento dei soldi spesi dagli adolescenti è destinato al cibo. Di questi, il sedici per cento speso al ristorante (con ottime probabilità che si tratti di sushi con formula all you can eat), il tredici per cento speso al supermercato e l’undici per cento al fast food. Più in generale, il sessanta per cento dei nati dal 2013 a oggi – la Gen Alpha, appunto – spende la propria paghetta in fast food e fast fashion. In particolare, il marchio McDonald’s è la prima voce di spesa per i ragazzi e la seconda per le ragazze, dopo Shein.
La storia di nuove generazioni attente alla sostenibilità ambientale e all’etica andrebbe forse indagata meglio perché, stando a come spendono i soldi i nuovi adolescenti, non sono così evidenti, al momento, gli aspetti valoriali quanto più le necessità economiche e il comfort di ambienti più accoglienti per loro.
Anche il ritiro dal mercato americano del panino vegano firmato McDonald’s ne è una prova. Mentre ad avere la meglio sono ancora i grandi classici fatti di carne certo non grass fed e patatine fritte con tanto di soft drink.
Pare che l’attrazione verso McDonald’s stia proprio in quegli elementi che non cambiano mai. Il menu, con i suoi panini sempre uguali nel nome e nel gusto, è l’elemento vincente del fast food. Poco importa se ogni tanto arriva qualche novità suggerita dalle nuove tendenze gastronomiche, a essere presi di mira sono perlopiù i grandi storici sempre uguali: pollo o manzo, salse, bacon, formaggio, stop.
A far maturare questa riflessione è stato proprio il rilancio del Big Tasty, un panino presentato nel 2004 e diventato un riferimento per i Millennial che, da adulti, sono tornati a richiederlo. La rimessa in vendita e il milione di Big Tasty venduti nella prima settimana dal lancio hanno un po’ confermato che solo un panino di McDonald’s può annientare il divario generazionale e unire tutti.
E forse perché dietro quel panino non c’è nessun tipo di impegno o aspettativa per chi lo mangia, neanche lo sforzo di dover interagire troppo con chi lo vende, e non è poi così alto l’impegno economico. Dietro un panino di McDonald’s ci ritroviamo tutti nell’età dell’adolescenza, proprio in quella fase in cui non siamo mai sicuri delle scelte da fare e sentiamo il bisogno di appartenere a qualcosa e di entrare lentamente nella vita degli adulti senza esporci troppo. Si annulla l’individualità e si fanno scelte di gruppo. Tutti panini uguali o simili, per azzerare le differenze, si posano gli smartphone per tenere il cibo, sperimentando una forma di socialità a tavola che non ha eguali per un adolescente, molto più confortevole di un ristorante da adulti. Tutte le generazioni di adolescenti preferiscono McDonald’s e forse anche buona parte degli adulti insicuri di oggi, perché il panino che vuoi tu è lo stesso che prenderà il tuo amico, o perché quel panino è identico a quello che mangiavi da ragazzino a Reggio Calabria o a Bolzano, tanto da farti sentire di aver fatto la scelta giusta: quella di massa.