«L’incontro fra Trump e Biden è una cortesia di Trump, sono contento che lo faccia, ma non ne ha bisogno. Io non inviterei Biden all’insediamento. Dicono che serve unità. Avremo l’unità nazionale dopo che avremo epurato i traditori». Steve Bannon ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera piena di dichiarazioni pericolose, aggressive, tutta su toni macabri e inquietanti. Non è una sorpresa, l’ex stratega di Donald Trump e attuale leader del braccio mediatico del movimento Maga è abilissimo a trasformare ogni risposta in un potenziale slogan o un titolo sensazionalistico da dare in pasto a utenti social e complottisti di vario genere. Ma negli ultimi mesi sembra voler aver cambiato ancora registro: è tutto più marcato, tutto abnorme e mostruoso.
Parlando con Viviana Mazza del Corriere, Bannon risponde alle domande come una persona che ha realizzato un obiettivo importante, uno che sta ancora esultando per la vittoria elettorale di Donald Trump del 5 novembre. Ma allo stesso tempo sembra schiumare di rabbia per quello che è successo negli ultimi anni. D’altronde è lo stesso Bannon che il 29 ottobre scorso, appena uscito di prigione – stava scontando una condanna per oltraggio alla corte – si è messo al microfono, in diretta sul suo podcast “War Room”, per «inondare il campo di schifezze», che in buona sostanza vuol dire piazzare nel dibattito pubblico così tante bugie o mezze verità da rendere impossibile distinguere realtà e finzione.
Quando la giornalista del Corriere gli chiede dell’impegno statunitense in Ucraina, Bannon non risponde solo ipotizzando un disimpegno di Washington: «Noi del movimento Maga siamo irremovibili, vogliamo tagliare al cento per cento i fondi per l’Ucraina alla Camera». Poi sostiene che gli alleati della Nato faranno altrettanto, in un modo o nell’altro, a partire da Giorgia Meloni: «Credo che molti nel movimento Maga pensano che Meloni si è quasi trasformata in una Nikki Haley. È stata tra i più grandi sostenitori della continuazione della guerra in Ucraina. Però l’Italia non ha fatto abbastanza per tenere il canale di Suez aperto per il commercio: tra i gruppi tattici di portaerei là, credo che ci sia solo una corvetta italiana. Comunque penso che il suo atteggiamento cambierà con l’arrivo del presidente Trump, che la convincerà. E che i Paesi della Nato saliranno a bordo abbastanza rapidamente. Altrimenti, se crede davvero a quello che ha detto negli ultimi anni, dovrebbe essere pronta con gli altri in Europa a metterci i soldi, a staccare assegni grandi quanto i suoi discorsi».
Le frasi di Bannon sono tutte tagliate così, con l’accetta, più aggressive anche di quelle di Trump e del suo vice J.D. Vance. Ad esempio, parlando ancora di Ucraina e del posizionamento di Meloni nel campo atlantista, dice: «Trump dirà che vuole la pace in Ucraina. Non parlo per lui, ma è evidente che vuole porre fine a questa semi-ossessione di spingere la Nato quasi in territorio russo. Lui non l’appoggerà, ma lei [Meloni] l’ha fatto, è stata al gioco. È piuttosto ovvio che aveva scommesso che Trump non sarebbe più tornato, si vede dalle sue politiche. La scommessa era sbagliata, non ha pagato. Ora che Trump è tornato, il movimento Maga è più forte che mai e ci prenderemo l’apparato della sicurezza nazionale e della politica estera».
Se davvero la diplomazia di Washington adottasse in pieno la grammatica di Bannon, per l’Europa e tutto il mondo democratico sarebbe l’inizio di tempi bui come non se ne vedevano da tempo. Molto peggio del 2016: «Non abbiamo bisogno di aiuto da nessuno in Europa», dice Bannon. «I populisti hanno preso questo Paese, Trump è un grande leader e sono certo che sarà magnanimo, ma il movimento Maga, che è più a destra di Trump, dirà che l’Europa non ha fatto nulla per gli Stati Uniti. Vi abbiamo salvati nella Prima e Seconda guerra mondiale, nella Guerra fredda e in Ucraina. Basta. Abbiamo un modello, America First: riportare la sicurezza economica e lavorativa nel Paese».
Solo che l’ideale modello di sicurezza interna per Bannon non sembra in linea con i parametri e la storia della più antica democrazia del mondo. Anzi, parla di epurazione dei traditori, con le purghe che dovrebbero iniziare proprio dal Pentagono. Quando la giornalista del Corriere chiede cosa succederà ai funzionari pubblici, Bannon risponde: «Dipende dal presidente e dalla sua cerchia ma è possibile eliminare interi dipartimenti. Sarà un’operazione aggressiva. E Stephen Miller, nuovo vicecapo dello staff per le politiche della Casa Bianca, sarà centrale».