Con la scelta di Robert Kennedy Jr. come segretario alla Sanità, l’amministrazione di Donald Trump conferma tutti i peggiori pronostici. O i migliori, a seconda dei punti di vista. Per quel vasto mondo illiberale di destra e di sinistra, rossobruno, gialloverde o come preferite chiamarlo, la nomina del no vax figlio di Bob Kennedy, indicato da uno studio di qualche anno fa come uno dei maggiori propagatori di fake news al mondo, convinto che il wi-fi faccia venire il cancro e che la disforia di genere sia causata dall’inquinamento, è naturalmente una splendida notizia.
Mentre è forse il colpo di grazia per quel mondo liberal che crede (o almeno fino a ieri credeva) nel progresso assicurato da un dibattito pubblico pluralista, fondato sul comune riconoscimento dei dati di fatto e sulla discussione razionale. Quel mondo di cui parla Simon Kuper sul Financial Times in un articolo dai toni crepuscolari: «Gli strumenti e i principi che ci sono stati insegnati non paiono sbagliati (almeno a noi) ma irrilevanti. Il giornalismo ha iniziato a sembrare un piacevole hobby remunerato senza alcuno scopo sociale apparente. Mettere insieme fatti e argomenti è stato probabilmente un lavoro sprecato. L’avvocato e scrittore britannico David Allen Green chiosa: “Non ha senso, in sé e per sé, dimostrare che un candidato è un bugiardo, un imbroglione, un golpista e/o (probabilmente) un fascista se alla gente non importa davvero se quel candidato sia o meno un bugiardo, un imbroglione, un golpista e/o un fascista”».
Almeno per quanto riguarda il giornalismo, però, mi sento di contraddirlo. Non è esattamente così. Anzi, in un certo senso, è il contrario. Per giornalisti, opinionisti e picchiatelli da talk show le prospettive di carriera e di influenza sulla società non sono mai state così esaltanti.
Lo dimostra proprio la formazione della nuova amministrazione Trump, quella che Christian Rocca ha definito una puntata della Zanzara, ma con i codici nucleari. O forse dovremmo dire una puntata della Gabbia, riandando un po’ indietro negli anni, per la precisione alla stagione del governo gialloverde, quando in Italia assistemmo, cambiando il pochissimo che c’è da cambiare, a questo stesso fenomeno: il tracimare di una lunga serie di pseudo esperti, professori di dubbia preparazione e giornalisti d’assalto dai freak show televisivi ai banchi del parlamento e persino dell’esecutivo. Non per niente, erano gli anni della prima amministrazione Trump, e l’Italia si dimostrava ancora una volta, nel campo del populismo, un laboratorio d’avanguardia a livello mondiale.