Aria freddina al Nazareno. I primi spifferi. Non solo provenienti dalla cosiddetta minoranza riformista. Elly Schlein non ha nessuna intenzione di aprire adesso discussioni, non prima delle regionali in Umbria e in Emilia-Romagna, con la piccola Regione centrale che determinerà o un risultato discreto (il 2-1 per il centrosinistra) o un mezzo disastro (l’1-2 a favore della destra). E tuttavia, malgrado il silenziatore imposto al partito, la leader del Partito democratico non può impedire che il mondo vada avanti.
C’è per esempio questa grana della Campania. Ieri mattina si è tenuta una riunione abbastanza burrascosa tra la segretaria, il responsabile organizzazione Igor Taruffi e il quasi omonimo Davide Baruffi, che si occupa di enti locali, con i consiglieri regionali della Campania. Lo scontro tra Nazareno e i campani non pare ricucibile. Il 5 novembre i consiglieri regionali del Partito democratico, o almeno la maggior parte di loro, voteranno a favore del terzo mandato per il presidente della Regione, in altri termini per Vincenzo De Luca, contro l’opinione di Schlein: in sostanza, per lei è la prima “sfiducia”. Vedremo poi cosa succederà, ma è ormai sicuro che l’attuale Governatore si ripresenterà, Partito democratico o non Partito democratico. Dunque, o il Nazareno farà buon viso cattivo gioco o rischia di perdere l’ennesima Regione.
La questione è ovviamente politica. Ed è emblematica di uno scontro sotterraneo: da una parte i duri e puri di Schlein contro l’attuale Governatore (ma per fare che? Appoggiare una candidatura di Roberto Fico contro De Luca è da pazzi), dall’altra i pragmatici – tra i quali anche importantissimi sostenitori di Elly alle primarie come Dario Franceschini – che capiscono che con De Luca bisogna venire a patti per non regalare anche questa Regione alla destra.
Questa divisione – che non è casuale perché riguarda due concezioni della politica – si sta delineando, seppure in modo molto riservato, sulla linea politica generale.
I più navigati tra i dirigenti del Partito democratico infatti ritengono che il pur buono stato di salute del partito non sia sufficiente né a vincere le varie competizioni elettorali, come si è visto in Liguria (su questo si registra anche il nuovo nervosismo della sinistra, la corrente di Andrea Orlando) né a rendere più credibile la sfida alla destra di Giorgia Meloni.
Il tema – viene spiegato in sintesi – è questo: «Il Pd va bene ma la coalizione è debole. Quindi bisogna capire come espandere le alleanze», un concetto che evidentemente riassume in sé la constatazione che il Movimento 5 stelle declina e che il suo leader Giuseppe Conte non è, per usare un eufemismo, affidabilissimo.
Guardare altrove pertanto è ormai l’assillo dei più “anziani” che ne parlano tra di loro, e non si tratta solo, come detto, dei soli riformisti. Pubblicamente nessuno si sbilancerà prima del voto in Umbria e in Emilia-Romagna, ma la cosa più probabile è che a Elly Schlein verrà chiesto un certo cambio di linea, anche sui contenuti, dando per scontato che lei di cambiare postura non ha alcuna voglia. In questo quadro, dopo lo scivolone ligure, l’ammutinamento campano e una sconfitta in Umbria, che appare possibile se non probabile, potrebbero portare a una fase molto complicata dentro il partito di Schlein. Per la prima volta.